maggio 2012 - Sensi e Sensazioni
Sul ritorno dalla magica Valle del Dadès verso Ouarzazate, cominciavamo a sentire i pungoli della fame, stimolata anche dalla curiosità di dove saremmo andati questa volta a sederci, tra amici marocchini, per consumare l’ennesimo pasto, insegnamento di vita e di gusto.
La fortuna voleva che si compisse il detto “dove mangiano i camionisti...” e pertanto alla vista di quel che poteva essere stato, 30 anni prima, un mezzo di trasporto efficiente, stabilimmo che “quel posto” fosse la nostra meta per rifocillarsi.
La scelta, indubbiamente per tanti nostri amici molto discutibile, si dimostrò felice e ad onor del vero, il miglior tajine di pecora e verdure che ci fosse stato presentato.
Tajine è il nome del contenitore, ma anche della pietanza.
Il piatto tradizionale è di terracotta, smaltata o decorata, composto da due parti: l’inferiore piatta e circolare con bordi bassi, mentre la parte conica superiore viene appoggiata sull’altra, durante la cottura. La forma è stata genialmente pensata per facilitare il ritorno della condensa di cottura verso il basso. Presenta inoltre un pomello di presa. La parte inferiore viene usata per servire il piatto in tavola.
In origine la cottura avveniva sulle braci, a fuoco basso, lentamente, affinché le carni risultassero tenere e aromatizzate.
I tajine più conosciuti sono il “mqualli” (pollo con limone e olive), il “kefta” (polpette e pomodori) e il “mrouzia” (agnello con prugne e mandorle), ma tutte le carni (manzo, pollo, agnello) vanno bene e anche molluschi, scampi e gamberi, con l’aggiunta di verdure e spezie (cannella, zafferano, curcuma, zenzero, aglio e pepe) che ne arricchiscono il sapore.
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