domenica 26 dicembre 2021

Eremo del Monte Rua

domenica 26 dicembre 2021 - Sensi e Sensazioni 

Il famoso eremo si erge sul Monte Rua (416 m), situato nei comuni di Torreglia e Galzignano Terme, sui Colli Euganei. Una strada asfaltata e diversi sentieri portano in direzione dell'Eremo. 

Dal parcheggio prossimo alla cima è inoltre possibile girare attorno alle mura e quindi godere di un panorama a tutto tondo dei Colli Euganei. 

Secondo un’antica leggenda due anacoreti camaldolesi nei primi anni Mille si insediarono sul Monte Rua, dando vita al primo sito religioso. Tra il 1334 e il 1337, con l’arrivo di alcuni monaci benedettini, si un locus dedicato alla Madonna e nel 1339 iniziano i lavori per un monastero più grande e articolato, grazie alla richiesta di San Mattia di Murano, fatta al Vescovo di Padova. In questo periodo, anche con la protezione di alcune famiglie, il monastero si amplia con nuove aree. Nei secoli successivi, riscontriamo un decadimento del sito, sino al 1537, che, con l’arrivo degli eremitani del beato Paolo Giustiniani, si ha una ripresa dell’attività. Fino agli inizi dell’Ottocento il monastero gode di grande splendore, ma con la cacciata dei monaci nel 1806, per l’edificio comincia una lunga agonia. 

Riportato al suo splendore originale, oggi si presenta con una chiesa, tre file di case, quindici celle con annesso orto, racchiusi tra le mura. 

Nell’eremo è in vigore la clausura monastica ed è aperto ai soli uomini e questo, lasciandomi perplesso, mi ha impedito di visitare l’interno!


Praglia e il Pellicano

domenica 26 dicembre 2021 – Sensi e Sensazioni 

Nella Chiesa, cuore del monastero di Praglia (PD), è custodita un’opera d’arte molto interessante: un crocifisso ligneo di scuola giottesca. Per l’attento visitatore, sopra la testa del Cristo, è facile riconoscere l’immagine di un pellicano, il simbolo antichissimo dell’Eucaristia. 

Il Physiologus” (IV secolo), testo base dei trattati allegorici, narra la leggenda del sacrificio dell’uccello, che offre il suo sangue per nutrire i figli, come metafora dell’amore paterno.

La simbologia deriva dal fatto che la femmina nutre i piccoli stritolando i pesci che tiene a macerare nella sacca membranosa che pende dalla mandibola inferiore. Quindi preme il becco contro il petto e ne fa uscire il cibo, dando così l’impressione che si trafigga il costato per farne uscire il sangue con cui nutre i piccoli.

Il pellicano quindi nutrendo con il proprio sangue i suoi cuccioli si allinea alla figura di Gesù, che si sacrifica sanguinante sulla croce, ma proprio grazie a quel sangue salverà l’umanità. 

La tradizione cristiana medievale ha fatto del pellicano un simbolo di Cristo. San Tommaso d’Aquino scrive: “Oh, pio pellicano, Signore Gesù, purifica me, immondo, con il Tuo sangue”. 

Nella pittura italiana del XIV secolo, influenzata dagli Ordini mendicanti, è utilizzato spesso, basta ricordare la Crocifissione (1442) del Beato Angelico in Santa Croce a Firenze o la Crocifissione (1375) di Giusto de’ Menabuoi nel Battistero di Padova.


 

Abbazia di Praglia

domenica 26 dicembre 2021 – Sensi e Sensazioni

Sorge ai piedi dei colli Euganei, lungo l’antichissima strada che conduceva ad Este. Fondata tra l’XI e il XII secolo, fu solo con gli inizi del XIV secolo che la comunità di Praglia, radicatasi più stabilmente nel territorio padovano, si rese del tutto autonoma eleggendo un Abate scelto tra le file dei propri monaci. 

 
Nel 1448 aderì alla Riforma di Santa Giustina di Padova, e con questa scelta sancì la sua “seconda nascita” spirituale, culturale e materiale. L’Abbazia visse un periodo fiorente nei secoli successivi, fino alla soppressione napoleonica del 1810. Nel 1834, grazie all’appoggio del governo austriaco, i monaci rientrarono al monastero. La ripresa della vita benedettina a Praglia ebbe però breve durata poiché il 4 giugno 1867 venne varata in Veneto la legge che sopprimeva nuovamente tutte le corporazioni religiose. La comunità fu così sciolta una seconda volta. La maggior parte di essa trovò rifugio nel monastero di Daila, in Istria, in territorio austriaco e a Praglia rimasero solo due o tre monaci, come custodi del monastero. Il 26 aprile 1904 i primi monaci fecero ritorno al monastero e il 23 ottobre seguente la vita dell’Abbazia poté riprendere regolarmente, continuando fino ai nostri giorni. 

Il logo dell’Abbazia è una stella a sette punte, come le lettere che compongno il nome Praglia e che puoi trovare all’interno della chiesa o guardando i rosoni dell’abside.

La Comunità Benedettina di Praglia conta complessivamente 44 membri dei quali 42 professi solenni e 2 professi temporanei.

Il complesso abbaziale (1460-1550) il cui stile integra felicemente il tardo gotico e l’incipiente rinascimento, si articola in quattro chiostri tra loro comunicanti. Da notare alcuni simboli dell’influenza veneziana tra i quali, la canna fumaria, stile minareto e l’alternarsi dei colori delle colonne di marmo rosso veronese col marmo bianco della pietra d’Istria.
 

CHIOSTRO BOTANICO (1480). Il suo spazio interno, destinato in passato alla coltivazione delle piante officinali per la farmacia, ora si presenta come un giardino all’italiana. È il chiostro della portineria, luogo simbolico dell’accoglienza e dei molteplici rapporti tra monastero e mondo esterno.
 
 
CHIOSTRO PENSILE (1490). Situato al primo piano, è sostenuto da quattro pilastri a volta impostati direttamente sulla roccia. Funge da punto centrale dell’intero complesso monastico e collega tra loro i vari ambienti destinati alla vita comunitaria: la sala capitolare, il refettorio, la loggetta belvedere, il chiostro doppio, la biblioteca, la chiesa. 
 

SALA CAPITOLARE (sec XV-XVI). È il luogo dell’ascolto e del dialogo fraterno, e dove si è convocati a consiglio per tutte le questioni importanti della vita comunitaria. Qui inizia ufficialmente l’itinerario monastico con l’ammissione alla prova del noviziato e si conclude, alla fine, con la reposizione dei resti mortali nel sepolcreto. Questo luogo spiega il grande affresco della Deposizione che domina la parete di fondo, opera di Girolamo Tessari (1520 ca.)

REFETTORIO MONUMENTALE (sec XV-XVI). Il portale di ingresso con i due lavabo, il pulpito per la lettura, prescritta dalla Regola durante i pasti, il grande affresco della Crocefissione del Montagna (1490 ca.) lo splendido arredo ligneo in noce e radica, le tele a tempera disposte lungo le pareti raffiguranti scene bibliche, la bellissima e immensa “Palladiana”, fanno di questo luogo uno dei più eleganti del monastero.



LOGGETTA BELVEDERE (secolo XVII). Detta anche del “Fogazzaro” offre un suggestivo scorcio del paesaggio dei Colli e sulla zona rurale del monastero, compreso il giardino e la distesa di lavanda. A sinistra si scorge l’edificio della clausura con le celle dei monaci

 
 
CHIESA (sec.XV-XVI). Dedicata alla Beata Vergine Maria Assunta, è il cuore del monastero e della vita comunitaria. I monaci vi si raccolgono più volte al giorno per la preghiera liturgica. L’edificio attuale è stato costruito tra il 1490 e il 1550. L’opera d’arte più interessante è il crocifisso ligneo di scuola giottesca.



 

Castello di San Martino della Vaneza

domenica 26 dicembre 2021 – Sensi e Sensazioni 

È un fortilizio medievale situato in località San Martino di Cervarese Santa Croce, in provincia di Padova, lungo la riva destra del Bacchiglione. 

Fu eretto in posizione strategica, al confine tra i territori di Padova e di Vicenza e la sua parte più antica, la torre, alta oltre venti metri, risale all'XI secolo. 

Fu uno dei pochi castelli a essere risparmiati dalle devastazioni di Ezzelino III da Romano. Nel 1324 il comune di Padova lo donò a Nicolò da Carrara, per aver difeso la città durante le lotte contro Cangrande della Scala. I Carraresi vi attuarono importanti lavori di restauro, agendo in particolare sulla cinta muraria e sulla merlatura della torre. 

Con il passaggio di Padova alla Serenissima perse ogni importanza militare. Il 1405 fu l'anno in cui i Veneziani trasformarono il castello in un centro commerciale, dato in affitto e poi acquistato dalla famiglia Vendramin che sviluppò un florido e funzionale porto fluviale, per la raccolta del legname proveniente dai boschi vicini, che poi veniva inviato ai cantieri veneziani via fiume. Fu aggiunto anche un mulino natante, che funzionò sino all’Ottocento. 

Quando i traffici diminuirono fu convertito a dimora civile, decadendo successivamente. Passato ai Filippini, dal 1930 al 1978 fu della famiglia Antonini Papafava dei Carraresi. Dal 1979 appartiene alla provincia di Padova, che lo ha rivalorizzato allestendovi il Museo archeologico del fiume Bacchiglione.


 

giovedì 16 dicembre 2021

Cammina, Cammina

giovedì 16 dicembre 2021 - Il mio cammino

 


Fatti per correre o per rallentare,


c'è anche chi ha deciso di camminare

al passo che gli pare

Fuoritempo, Luciano Ligabue 1994



domenica 5 dicembre 2021

Fiorenzuola d'Arda - Collegiata di San Fiorenzo

domenica 5 dicembre 2021 – Sensi e Sensazioni 

L’insigne Collegiata, è dedicata a San Fiorenzo di Tours, un pellegrino francese che transitando per Fiorenzuola d’Arda, vi compì un grande miracolo e che divenne poi vescovo di Orange, dove morì nel 526. 

Fu iniziata nel 1200 sui ruderi dell’antichissima chiesa dedicata a S. Bonifacio, ormai fatiscente. Lo stile si può definire lombardo di transizione. 

La facciata, alta 25 metri e in laterizio, è divisa in tre parti corrispondenti alle navate interne; una porta centrale e due laterali danno accesso all’interno. 

La pianta basilicale è a tre navate e la mediana è larga il doppio delle due laterali. Otto pilastri sono disposti in modo da suddividere la navata centrale in cinque campate quadrate. 

All’interno, interessanti affreschi di scuola lombarda e risalenti al periodo medievale. 


Abbazia di Chiaravalle della Colomba

domenica 5 dicembre 2021 – Sensi e Sensazioni

Edificata su sollecitazione di san Bernardo di Chiaravalle e della famiglia Pallavicino intorno al 1135, l’Abbazia, dedicata a Santa Maria Assunta, fu uno dei centri più vivi della spiritualità cictercense in Italia. Dell’antico complesso sono ancora visibili il portico duecentesco, la chiesa romanica, con notevoli affreschi trecenteschi e quattrocenteschi e lo splendido chiostro gotico. 
 

La Basilica: l’antica facciata presenta un avamportico trecentesco e conserva la struttura a salienti e la corona degli archetti pensili dell'originario progetto in cui, il più tardo rosone si incastona armonicamente; sotto le sue volte, prima dell’accesso nella chiesa, si trova un’arca tombale dei primi Abati.
L’interno, degli inizi del ’200, mostra la vera primizia dell’architettura cistercense in Italia, dai severi caratteri borgognoni, con il gioco espressivo delle nervature e i grandi costoloni pensili. L’impianto romanico a tre navate si sviluppa in altezza secondo un precoce carattere di transizione al gotico La navata centrale è costituita da quattro grandi campate e l’edificio sacro termina con coro rettilineo e transetto. Le finestre attuali, più ampie, non corrispondono a quelle primitive. San Bernardo impose un'architettura essenziale, priva di sculture e di decorazioni e i capitelli con decorazioni semplicissime rispondono a questa esigenza. 
Dal transetto destro parte la scala che comunicava direttamente con il sovrastante dormitorio dei Monaci coristi. Mentre nel transetto di sinistra, sopra la porta dei morti che immetteva nel camposanto, è raffigurato un Angelo con tromba a ricordare che anche i morti saranno chiamati al Giudizio Finale e alla resurrezione.
 
Il Chiostro: straordinario gioiello trecentesco, si offre nell’intensa suggestione della propria strutturata bellezza. Il suo fascino sta soprattutto nei ritmi contrappuntati delle ventiquattro partizioni a quadrifora, delle novantasei arcatelle ogivali, delle centotrenta colonnine binate in marmo rosa di Verona, dei venti speroni a contrafforte avanzati nel cortile, e infine della vibrante cornice ad archetti e tortiglione.

Il perfetto quadrato del chiostro – al quale la luce mattinale o meridiana dona stupendi effetti sul vasto registro del cotto, trasmette compiutamente il carattere rigoroso e gaudioso della vita monastica.

La Sacrestia: mentre la Basilica si dimostra come un momento di transizione tra il romanico e il gotico nell’area padana, il Sacrarium, o luogo di conservazione delle reliquie, è il primo episodio autenticamente gotico del complesso abbaziale. Interessanti sono l’abside circolare, e ancora di più la serie di affreschi, rimessi in luce da recenti restauri. Qui, accanto alla permanenza di alcuni stilemi bizantineggianti, irrompe l’influsso della nuova potenza monumentale giottesca. Il riquadro più importante è quello raffigurante la Crocifissione.