mercoledì 31 ottobre 2012

“Dai Classici l’insegnamento per i nostri politici” di Chiara Orlassino


mercoledi 31 ottobre 2012 - Pensieri e Parole da condividere

Da Lettere al Direttore - La Stampa

A scriverle è una diciassettenne amareggiata e delusa dalla situazione politica italiana. 
A dicembre compirò 18 anni; parteciperò quindi attivamente alle elezioni che si terranno questa primavera. Come parecchi miei coetanei, non ho la minima idea di chi voterò. Da una parte, il caos che domina la situazione mi rende difficile orientarmi nella scelta: seguo il telegiornale e mi sembra che tanti urlino, senza però dire nulla. Capita solo a me? Dall’altra, non riesco nemmeno a trovare una ragione per votare. Mi sento un’arida goccia in questo mare.  

Questa settimana l’insegnante di latino ci ha assegnato una versione da svolgere. Il testo, tratto dal De Officiis di Cicerone, mi ha colpita per la sua attualità. Mano a mano che lo traducevo, aumentava in me il desiderio, il bisogno, di farlo leggere a tutti quei politici che non ci ascoltano, truffano, se ne fregano. Siccome io non posso, Le chiedo di aiutarmi.  

«In sintesi, coloro che hanno intenzione di dedicarsi alla vita politica si attengano a due insegnamenti di Platone: uno, di difendere l’interesse dei cittadini in modo tale da mirare ad esso, dimentichi del proprio utile, qualunque cosa facciano, l’altro, di occuparsi dell’intero complesso dello Stato, affinché, mentre fanno gli interessi di una parte, non trascurino tutte le altre. Tanto la tutela quanto l’amministrazione dello Stato devono infatti essere condotte a vantaggio di coloro che sono stati affidati ai governanti, non di coloro a cui esse sono state affidate. Coloro che invece hanno cura di una parte dei cittadini, ma ne trascurano l’altra parte, introducono nello Stato un fattore pericolosissimo, e cioè la rivolta e le lotte civili; ne consegue che alcuni sembrano difensori degli interessi del popolo, altri di tutti gli aristocratici (io attualizzerei “gli esponenti della classe dirigente”), ma pochi solleciti nei confronti di tutti i cittadini. [...] Un cittadino serio ed onesto e degno di governare lo Stato fuggirà e odierà questi mali, dedicherà tutto se stesso allo Stato, non ricercherà la ricchezza o il potere e proteggerà tutto lo Stato in modo tale da aver cura di tutti. E inoltre non provocherà nessuno all’odio o alla malevolenza con false accuse e aderirà integralmente alla giustizia e all’onestà. [...] In generale, sono davvero miseri l’ambizione e il desiderio di prestigio; su questi argomenti si legge, sempre in Platone, che “coloro che litigavano per chi dei due amministrasse principalmente lo Stato si comportano come se fossero marinai che lottano per chi in particolare governi la barca”».

«Solo perché certi problemi sussistono ancora, nonostante siano sorti più di 2000 anni fa, non credo che non si possano risolvere. Anzi: se così fosse, non mi roderei tanto. Non è tutto un “magna magna”. Però serve consapevolezza! E dignità! E coerenza! Gli ultimi fatti di cronaca - purtroppo solo i più recenti di una lista troppo lunga - mi hanno sconcertata. Che brutto doversi chiedere, come sto facendo io, a soli 17 anni, se non sia il caso di aprire la porta della disillusione e del cinismo. Politici: per voi stessi, per me, per tutti i ragazzi come me - dimostrateci che possiamo avere fiducia». 



La forza di questa lettera sta nell’aver posto il problema dei fondamentali, delle pre-condizioni, quelle che dovrebbero essere scontate e basilari ma da tempo non lo sono più.  
Fa impressione che a ricordare come l’interesse generale debba essere il principio ispiratore di chi fa politica sia una ragazza di 17 anni, che lo scopre leggendo i classici e non i giornali. 
Come nota oggi nel nostro editoriale Luigi La Spina, la rivolta dei cittadini - che si esprime nel non voto come nel voto a Grillo - nasce dalla distanza che si percepisce tra i sacrifici e l’austerità a cui si sono dovuti adeguare i cittadini e la «disinvoltura» che continua a mostrare il sistema dei partiti. 
Mario Calabresi

"Compagni di Beppe" di Massimo Gramellini


mercoledi 31 ottobre 2012 - Pensieri e Parole da condividere

La stragrande maggioranza degli elettori di Grillo proviene dai partiti di centrosinistra. L’analisi dell’Istituto Cattaneo sui flussi del voto siciliano smonta un luogo comune. Ad accendere le Cinque Stelle non è il popolo deluso da Berlusconi, che in Sicilia si è astenuto in massa. Sono il lettore del «Fatto», lo spettatore di Santoro, il progressista stremato dai ghirigori della nomenclatura rossa e rosé, in particolare da quella del Pd, che in cinque anni è passato da 505 mila a 257 mila voti: un trionfo davvero storico. Chiunque si sia preso la briga di togliere l’audio all’ugola di Grillo per leggerne i programmi, si sarà imbattuto in parole come «ambiente», «moralità della politica», «scuola pubblica», «bene comune». Il vocabolario del perfetto democratico. Gli stessi attivisti del movimento, che detestano essere chiamati «grillini», detestano forse ancora di più passare per conservatori, liberali o populisti, le tre tribù (le prime due largamente minoritarie) accampate da vent’anni intorno al totem berlusconiano. 

Il voto siciliano racconta un’Italia nauseata che vorrebbe sfasciare i vecchi partiti, ma non è altrettanto d’accordo nella scelta del rottamatore. Il nauseato di sinistra preferisce Grillo. Il nauseato di destra, temo, la Santanché. Mentre l’avvocato, il dentista, il piccolo artigiano che hanno votato Berlusconi o Bossi turandosi il naso, adesso se lo sturerebbero volentieri per votare Renzi. Se solo si candidasse alle primarie giuste. 

La Stampa, 31 ottobre 2012

martedì 30 ottobre 2012

"Se si saldano Antivoto e Non voto" di Elisabetta Gualmini


martedi 30 ottobre 2012 - Pensieri e Parole da condividere

Il significativo calo della partecipazione al voto registrato nelle regionali siciliane e l’affermazione impetuosa del Movimento 5 Stelle, dopo la marcia altrettanto trionfante nei Comuni del Nord durante le amministrative della scorsa primavera, sono due facce della stessa (minacciosa) medaglia. Il non voto e l’antivoto.  

Due modi per ritirare la delega a una politica che non convince più e che ha lasciato dietro di sé disillusioni, sconforto e rassegnazione. Due tendenze che vanno nella stessa direzione: scansare un sistema di partiti che pare logoro e inefficace, incapace di ridurre l’abisso che lo separa da cittadini esasperati. 

L’affluenza al voto è certamente diminuita, lungo una linea di tendenza già evidente a una lettura delle serie storiche relative ai due tipi di elezioni (le regionali e le europee) che i politologi accomunano considerandole entrambe «di secondo ordine», cioè elezioni politiche depotenziate. Il semplice confronto con le regionali del 2008 è infatti parzialmente fuorviante. In quell’anno si era assistito a un imprevisto sussulto della partecipazione (66,7%), forse dovuto al fatto che si votò anche il lunedì. Il crollo, sotto la soglia critica del 50%, d’altro canto si era già verificato alle europee del 2009. Se si confronta il dato di ieri l’altro (47,4%) con quello del 2006 (59,2%), più in linea con la tendenza dell’ultimo quindicennio, il calo è meno marcato (11% di votanti in meno), già visto alle europee, ma comunque davvero molto consistente. 

Tanto consistente che tutti i dati sulla «vittoria» dei partiti vanno ridimensionati. Il Pd, seconda forza politica dell’Isola che esprime il presidente eletto, ha ottenuto il consenso di meno del 7% degli elettori siciliani. E ha perduto per strada ben oltre il 35% di quanti lo votarono nel 2008, quando era all’opposizione, arrivato molto, molto dietro al PdL. Per non parlare ovviamente di quest’ultimo, praticamente scomparso. 

L’unica forza politica veramente in crescita è il Movimento 5 Stelle. Che però è, per l’appunto, l’altra faccia della separazione dalla politica. Con un capo-popolo, Grillo, che invoca una «rivoluzione culturale» («Se cambia la Sicilia, cambia l’Italia») con messaggi spicci e ipersemplificati, come il più navigato dei leader populisti: «Se andiamo al governo, ci mettiamo lì e discutiamo su tutto»; «se svalutassimo la vecchia liretta, in una notte risolveremmo». Spacca-record nel richiamare le folle, sia quelle in carne e ossa che il popolo dei loggati, con sullo sfondo truppe (stridenti) di aspiranti baby amministratori, dalla faccia pulita e rassicurante. Una forza politica anomala, sempre più partito e sempre meno movimento. Se dunque ai 2.203.885 elettori confluiti nella già vasta categoria degli astensionisti (cronici o intermittenti) si aggiungono i votanti del Movimento 5 Stelle si raggiunge una quota esorbitante di cittadini che oggi stanno alla finestra. Ma con la fionda armata in mano. 

Una tale presa di distanza dalla politica tradizionale può essere interpretata attraverso due diverse chiavi di lettura. Dalla parte della domanda o dell’offerta, dei cittadini o dei partiti (Corbetta e Tuorto 2004). Secondo la prima prospettiva, sarebbe il cambiamento nelle aspettative degli elettori a spiegare la fuga dal voto. Cittadini più istruiti e informati, incuranti delle appartenenze politiche del passato, che si mobilitano o smobilitano secondo interessi precisi e programmi da realizzare. Cittadini «critici» e consapevoli che pongono domande sempre più esigenti a chi intende governare. Secondo l’altra prospettiva è l’inadeguatezza dell’offerta, qui ed ora, dei partiti, a respingerli. La prima tesi ha un suo fondamento, ma non spiega un aumento così veloce e repentino del non voto e dell’anti-voto. Il problema principale sembra invece essere quello di una proposta politica usurata che deve urgentemente cambiare. I partiti lo devono capire (se non lo hanno capito sino da ora). In caso contrario, il risultato delle prossime elezioni politiche potrebbe assomigliare molto di più di quanto non si immaginasse qualche settimana fa allo sconquasso siciliano, nonostante la vittoria del Pd. E questo preoccupa. Moltissimo. 

La Stampa, 30 ottobre 2012 

lunedì 29 ottobre 2012

Milano e Picasso


domenica 28 ottobre 2012 - Sensi e Sensazioni

Grazie all’attività culturale dell’assessorato di Colognola ai Colli, ci siamo ritrovati a Milano, a Palazzo Reale, per la mostra delle opere di Picasso, provenienti dal museo omonimo di Parigi.
Questa, è la terza, grande mostra di Picasso che Milano presenta in Palazzo Reale, a quasi 60 anni da quella memorabile del "53, in cui l’artista stesso accettò di prestare un'icona come “Guernica”, solo a patto, però, che fosse esposta nella Sala delle Cariatidi devastata dalla guerra. 

Pablo Picasso
Nato a Malaga nel 1881, è ampiamente acclamato come il più grande e influente maestro della scena artistica novecentesca. 

La mostra, con le 250 opere che esibisce, documenta al meglio l'intera vita dell’artista, con momenti di approfondimento su temi di particolare significato.
E’ stata pensata come un excursus cronologico sulla produzione dell’artista, mettendo a confronto le tecniche e i mezzi espressivi con cui si è cimentato nel corso della sua lunga carriera coprendo tutte le fasi fondamentali della creatività multisfaccettata e i vari mezzi espressivi e mediatici con cui il genio ebbe modo di esprimersi. Questo sensazionale insieme, offre la possibilità unica e straordinaria di confrontarsi con le maggiori fasi artistiche della Modernità, testimoniate da un unico – forse il più grande di tutti – genio: dal periodo blu e quello rosa, passando dal Cubismo Classico, sino alle pitture surrealiste, al periodo del coinvolgimento politico e ai dipinti sul tema della guerra, l’interludio pop e le variazioni sul tema ispirate ai grandi maestri dell’arte rinascimentale e moderna, fino alle sue ultimissime produzioni prima delle morte, avvenuta nel 1973.

Women running on the beach 1922

La Celestine 1924

La Lecture 1932
La Suppliante 1937

Portrait de Dora Maar 1937


Massacre en Corée 1951

La visita, in gruppo, ha mirato alla comprensione degli oggetti che Picasso dipinse nei suoi quadri, accompagnati dalle sue stesse parole, che la brava guida ha proposto attraverso alcune brevi citazioni. La visita ha offerto inoltre elementi per comprendere anche l’evoluzione della lunga produzione artistica, collocandola nella storia artistica, culturale e sociale del Novecento.

L’unico neo, le troppe persone: davanti a chi osservava i dipinti, a pochi centimetri dai quadri monopolizzandoli, i “portoghesI” infiltrati all’ascolto delle spiegazioni, i chiacchericci a voce, semplicemente alta.

domenica 28 ottobre 2012

Milano e Sant’Ambrogio


domenica 28 ottobre 2012 - Sensi e Sensazioni

La basilica di Sant'Ambrogio è una delle più antiche chiese di Milano e rappresenta non solo un monumento dell'epoca paleocristiana e medioevale, ma anche un punto fondamentale della storia milanese e della chiesa ambrosiana. Essa è tradizionalmente considerata per la città, la seconda chiesa per importanza.











Sant’Ambrogio
Viene annoverato tra i quattro massimi dottori della Chiesa, insieme a san Girolamo, a sant'Agostino e al papa san Gregorio I. Sul Santo vi sono numerose leggende miracolistiche:

. Ambrogio camminando per Milano, avrebbe trovato un fabbro che non riusciva a piegare il morso di un cavallo: in quel morso Ambrogio riconobbe uno dei chiodi con cui venne crocifisso Cristo. Dopo vari passaggi, un "chiodo della crocifissione" è tuttora appeso nel Duomo di Milano, a grande altezza, sopra l'altare maggiore.

. Nella piazza davanti alla basilica di Sant'Ambrogio a Milano è presente una colonna, comunemente detta "la colonna del diavolo". Si tratta di una colonna di epoca romana, qui trasportata da altro luogo, che presenta due fori, oggetto di una leggenda secondo la quale la colonna fu testimone di una lotta tra Sant'Ambrogio ed il demonio. Il maligno cercando di trafiggere il santo con le corna finì invece per conficcarle nella colonna. Dopo aver tentato a lungo di divincolarsi, il demonio riuscì a liberarsi e, spaventato, fuggì. La tradizione popolare vuole che i fori odorino di zolfo e che appoggiando l'orecchio alla pietra si possano sentire i suoni dell'inferno. In realtà questa colonna veniva usata per l'incoronazione degli imperatori germanici.

Milano e San Satiro


domenica 28 ottobre 2012 - Sensi e Sensazioni

La chiesa è Santa Maria presso San Satiro, in via Speronari, in pieno centro.
L’edificio (sacello), sorto prima del 879, fu dedicato a San Satiro, fratello di Sant’Ambrogio, mentre la chiesa fu edificata tra il 1476 e il 1482, da Donato Bramante.
La particolarità di questa chiesa la si nota appena entrati, guardando l’altare e lo spazio ampio di un’abside regolare ben completata da colonne e decorazioni. 

Per accorgersi dell’illusione ottica, basta avvicinarsi all’altare e toccare con mano la realtà che è ben diversa. Il Bramante nel costruire l’edificio si ritrovò a non avere spazio sufficiente pertanto, pensò di portare a termine l’opera di una finta abside, costruendola in scala a 97 centimetri invece dei 9 metri e 70 previsti nel disegno originale. Il risultato: un capolavoro inaspettato.

La soluzione, considerata antesignana di tutti gli esempi di "trompe l'oeil" successivi, merita effettivamente la grande ammirazione per un grande architetto e la scelta felice di una visita. 





sabato 27 ottobre 2012

"Uno sfogo per dire no a tutti i vittimismi" di Fabio Artigiani


giovedi 25 ottobre 2012 - Pensieri e Parole da condividere

Da Lettere al Direttore - La Stampa

Miei cari italiani, voi che protestate contro qualunque cosa faccia Monti, la Fornero, Passera & c., vi chiedo: dove eravate, dalla vostra nascita a oggi? Sono stufo dell’ipocrisia dilagante dove tutti protestano, cittadini, politici, giornali, senza guardarsi prima le proprie scarpe e dove e come hanno camminato fino ad oggi. E lo dice uno che contesta radicalmente questo sistema economico e chi di questo è espressione. Quando pagavate al nero, quando intascavate il nero, quando avete corrotto, anche nel piccolo, quando vi siete lasciati corrompere, anche nel piccolo, quando, voi giovani, avete rifiutato un lavoro o avete chiesto al colloquio come prima cosa «quanto è lo stipendio? Ho il weekend libero?», quando ai vostri figli avete omesso di insegnare la dignità che porta il lavorare, quando ai vostri figli avete omesso di insegnare la dignità di non sottomettersi, di non scendere oltre certi compromessi, quando non avete spento la televisione ai vostri figli piccoli, quando parcheggiate sulle strisce pedonali o sul posto per i portatori di handicap, quando chiedete favori per passare avanti ad una lista o ad una fila, quando spendete quasi cento euro a famiglia per l’uso del vostro telefono cellulare, quando comprate ogni giorno un «gratta e vinci» o giocate alle slot machine, quando avete votato chi vi prometteva di fare i vostri interessi, anche (e soprattutto) in barba agli interessi della collettività… ecco, voi, dove eravate?  
Se siete senza peccato, allora scagliate pure le vostre pietre. Altrimenti, abbiate almeno la decenza di stare zitti.

martedì 23 ottobre 2012

La Pubblicità e Jacques Séguéla


martedi 23 ottobre 2012 - Sensi e Sensazioni

“Ogni popolo mette nella pubblicità ciò che è. La pubblicità è lo specchio della società. Oggi ci sono tre forme di pubblicità: quella inglese, intellettuale, chiusa, che parte dalla testa per colpire il cuore; quella francese, un po’ erotica, sentimentale, sensuale, che parte dal cuore per arrivare alla testa; e quella americana, che parte dalla testa per arrivare al portafogli. Certo c’è anche quella italiana, ma quella buona però, che è poca e parte dal cuore per arrivare al cuore; e questa sarà il futuro della pubblicità”.

Jacques Séguéla
Francese, uno dei grandi maestri della creatività, del marketing e della comunicazione; le sue testimonianze sono sempre interessanti, dense e molte volte provocatorie.

lunedì 22 ottobre 2012

Firenze e Piazza della Signoria


lunedi 15 ottobre 2012 - Sensi e Sensazioni

Come in un grande museo, all’ombra di Palazzo Vecchio, sede del Comune, la piazza offre notevoli capolavori di statue che lussuosamente la decorano.



La Fontana del Nettuno, detta anche “di Piazza” o “del Biancone”, voluta da Cosimo I de’ Medici ed eseguita su progetto di Baccio Bandinelli. La vasca vede al centro la gigantesca statua marmorea scolpita da Bartolomeo Ammannati, riproducente il dio delle acque, detta dai fiorentini “Il Biancone” per la sua candida mole, ma al tempo stesso anche derisa con questa palese esclamazione: “Ammannato, Ammannato, che bel pezzo di marmo t’hai sciupato”! 




Il Perseo che mostra la testa recisa della gorgone Medusa, bronzo del 1553, dell’eccellente orafo e scultore Benvenuto Cellini. Il bizzarro artista, riprodusse in modo singolare il proprio barbuto autoritratto nella parte posteriore dell’elmo del leggendario figlio di Zeus, sulla cui cinghia a tracolla, inoltre, firmò l’opera.


Il Ratto delle Sabine, capolavoro del Giambologna (1583), il quale scolpì le tre armoniose figure vibranti di vita, in un sol blocco di marmo. La statua è alta ben 4,10 metri (le dimensioni delle sculture subirono un'impennata dopo il David di Michelangelo) e rappresenta un giovane che solleva sopra la sua testa una fanciulla, mentre bloccato fra le gambe del giovane un vecchio si dispera; per questo la statua è anche nota come le tre età dell'uomo.



Il David è una celeberrima scultura, realizzata in marmo (h 410 cm) da Michelangelo Buonarroti, databile tra il 1501 e l'inizio del 1504 e oggi conservata nella Galleria dell'Accademia a Firenze. Largamente considerato un capolavoro della scultura mondiale, è uno degli emblemi del Rinascimento, nonché simbolo di Firenze e dell'Italia all'estero in generale.
Ritrae l'eroe biblico nel momento in cui si appresta ad affrontare Golia.


L'Ercole e Caco è una scultura in marmo di Baccio Bandinelli. Il tema allegorico è quello della forza e dell'ingegno di Ercole che sconfiggono la malvagità di Caco, episodio narrato da Virgilio e altri poeti nella saga delle Dodici fatiche di Ercole.

Valter, Paolo, Aurelio, Danilo



Firenze e Campanile di Giotto


lunedi 15 ottobre 2012 - Sensi e Sensazioni

Il campanile di Santa Maria del Fiore, uno dei più belli d'Italia, è una geniale (e costosissima) invenzione di Giotto. Alto 84 metri, rivestito di marmi bianchi (Carrara), verdi (Prato) e rosati (Siena), fu progettato nel 1334, costruito da Andrea Pisano e completato da Francesco Talenti. 
Il “Concerto” prevede 7 campane, dal gigantesco “Campanone” (5.385 kg, 2 metri di diametro) alla piccola “Immacolata” (237 kg, 75 cm).



Firenze e Ponte Vecchio


lunedi 15 ottobre 2012 - Sensi e Sensazioni

Fu fino al 1218 l'unico ponte che attraversava l'Arno a Firenze. Come lo si vede attualmente, fu costruto nel 1345 dopo che una violenta alluvione aveva distrutto il precedente. 
Il 4 Novembre 1966 il Ponte Vecchio sopportò miracolosamente l'enorme ondata di acqua dell'Arno in piena, che ruppe i propri argini causando l'alluvione di Firenze.
Dal 1901 una terrazza panoramica, al centro del ponte, ospita il busto di Benvenuto Cellini, il più famoso degli orafi fiorentini.
Durante la Seconda Guerra Mondiale le truppe tedesche distrussero tutti i ponti di Firenze, eccetto questo. Tuttavia bloccarono l'accesso al ponte distruggendo le due costruzioni medievali ai suoi lati.

L’abitudine poi ripresa sul Ponte Milvio a Roma, delle coppie di appendere un lucchetto alle sbarre del cancelletto, per indicare l’indissolubilità del proprio amore, è nata proprio su questo ponte.

Di notte l'atmosfera sul Ponte diventa ancora più suggestiva e romantica e non può davvero essere persa!






Firenze e Cupola del Brunelleschi


lunedi 15 ottobre 2012 - Sensi e Sensazioni

E’ in effetti una “volta ottagonale” la più grande cupola in muratura mai costruita. 45 metri di diagonale interna e 54 metri di diagonale esterna. In realtà i lavori del Duomo (diretti da Arnolfo di Cambio) erano iniziati a fine Duecento e la base del tamburo su cui poggiare la cupola era già pronta nel 1315. Solo nel 1420, con Filippo Brunelleschi e Vincenzo Ghiberti capomastri, l’opera ebbe inizio e ci sarebbero voluti ben 16 anni per celebrare ufficialmente il completamento.
La Cupola si erge su otto spicchi, "le vele", organizzati su due calotte separate da uno spazio vuoto, forma studiata senz'altro per alleggerire la struttura che altrimenti sarebbe stata troppo pesante per i quattro pilastri sottostanti. Ci sono stati molti dubbi e studi nei secoli, sulla resistenza della cupola, ma la sensazione che si ha oggi, ammirando questo capolavoro dell'arte, è di sostanziale equilibrio e proporzione tra le sue parti. L'elevazione totale dell'intera struttura, compresa la palla dorata e la croce che la sormontano, è di circa 117 metri: la lanterna è alta 21 metri, il tamburo 13 e la Cupola circa 34 metri.

Ebbene, ancora oggi tecnici e ingegneri dibattono su come abbia fatto Brunelleschi a costruire una cupola che, con le malte dell’epoca e senza l’ausilio di centine, “non poteva reggersi”.



sabato 20 ottobre 2012

Firenze e Fontana del Porcellino


lunedi 15 ottobre 2012 - Sensi e Sensazioni

La chiamano così, ma il nome è improprio perchè in realtà si tratta di un cinghiale, raffigurato all'erta come per il sopraggiungere del cacciatore. E’ la copia in bronzo di un marmo oggi conservato agli Uffizi, donato nel 1560 da papa Pio IV a Cosimo I de Medici. A realizzarla nel 1633 è stato Pietro Tacca, un grande bronzista del Rinascimento, allievo del Giambologna. Il basamento è ottagonale e ospita una piccola vasca dove cade l’acqua che esce dalla bocca del “porcellino”. La base è arricchita da una raffigurazione, sempre in bronzo, dell'ambiente degli acquitrini dove vive il cinghiale. Anche la base che si vede non è più originale: rifatta nel 1897 da Clemente Papi per rimediare ai danni dall'usura nel tempo, nel 1988 fu rifusa da Ferdinando Marinelli, come conferma un'incisione sul bordo destro. L'originale, con il Porcellino, è dal 2004 al museo Bardini.

La tradizione popolare vuole che, se una monetina messa in bocca al porcellino dopo averne strofinato il naso, cadendo oltrepasserà la grata dove cade l'acqua, la fortuna arriderà tutto l’anno. 

Danilo

Guido

“Incandidabilità, specchio per le allodole” di Bruno Tinti


venerdi 19 ottobre 2012 - Pensieri e Parole da condividere

Dopo la bella prova di sé che hanno dato governo e Parlamento con il ddl anticorruzione, adesso sembra si vogliano occupare della incandidabilità: i condannati non potranno fare gli onorevoli (ma va?). Ammesso che questa cosa veda mai la luce, si tratterà di uno specchietto per le allodole, come la legge anticorruzione.
 1 – L’incandidabilità scatterebbe a seguito di una sentenza di condanna definitiva a pena maggiore di 2 anni di reclusione (ma si parla anche di 3).

2 – Omicidio, rapina e traffico di droga in genere sono sanzionati con pene superiori. Ma è difficile che i parlamentari commettano reati di questo tipo: hanno altri mezzi più sicuri per arricchirsi. Comunque, è vero, l’onorevole che ammazza la moglie non potrà più frequentare il Parlamento.

3 – I reati tipici di questa gente, come ognuno (e anche il governo) sa benissimo, sono concussione, corruzione, traffico di influenze, voto di scambio, falso in bilancio, frode fiscale, abuso in atti d’ufficio.

4 – A eccezione della concussione con violenza o minaccia (che non si verifica mai) tutti gli altri reati sono a prescrizione garantita. Bisogna arrivare a sentenza definitiva entro 10 anni e 8 mesi per la concussione per induzione ed entro 7 anni e mezzo per gli altri reati. Siccome le indagini, per questo genere di delitti, cominciano a distanza di qualche anno dal fatto (in media 3 o 4) gli anni che restano non sono sufficienti per celebrare i processi in Tribunale, Appello e Cassazione. Quindi la sentenza definitiva sarà: “Reato estinto per prescrizione”. Cioè che l’imputato ha commesso il reato ma non può essere condannato. Sicché niente sentenza definitiva di condanna e niente incandidabilità.

5 – Per il traffico di influenze e il voto di scambio non si possono fare le intercettazioni telefoniche. Senza di queste le indagini non partono nemmeno. I trafficanti sono uniti da un patto ferreo: nessuno denuncia l’altro perché andrebbe in prigione pure lui. Ne consegue che i processi che potrebbero portare a condanne definitive non si faranno. Niente incandidabilità.

6 – Il falso in bilancio non esiste più. Anzi esiste ma di fatto non è perseguibile; lo sanno anche i sassi. Quindi niente incandidabilità.

7 – Perché sussistano traffico di influenze, voto di scambio e abuso d’ufficio occorre che il premio dato o promesso al delinquente sia denaro o altro vantaggio patrimoniale. Insomma, soldi. Ma è ovvio che in questi casi di soldi non ne circolano. Il premio consiste nel fatto che oggi io aiuto te e domani tu aiuti me. Sono tutti “a disposizione”. Niente soldi, niente reato; niente reato, niente incandidabilità.

8 – Se, hai visto mai, a condanna definitiva si dovesse arrivare (si dice che le vie del Signore sono infinite, peccato che non sia vero) c’è sempre Santo (per restare in tema) patteggiamento. Ma non si patteggia a più di due anni perchè altrimenti niente sospensione condizionale, cioè galera immediata. Quindi niente incandidabilità.

Ma quando la smetteranno di prenderci per… il fondo dei pantaloni? 

Il Fatto Quotidiano, 19 ottobre 2012

venerdì 19 ottobre 2012

Istia d’Ombrone e Pici all’Aglione


venerdi 19 ottobre 2012 - Sensi e Sensazioni

Se siete dalle parti di Grosseto ad ore pasti, fermatevi a Istia d’Ombrone, circa 6 chilometri dalla città e con molta calma, serenità d’animo e soprattutto comprensione da parte dei vostri amici, provate a gustare l’ospitalità toscana di quel posto, davanti a questo piatto semplice, ma intenso. 

Prima di rimettervi in auto o sul vostro mezzo alternativo, una passeggiata tra i resti della "Portaccia" e della "Porta Grossetana", a cui si addossa il quattrocentesco "Palazzo di Giustizia" vi farà in qualche modo riappacificare con voi stessi e con il mondo.




Pici all’Aglione

Ingredienti per 4 persone 
400 gr di pici, 500 gr di pomodorini pachino molto maturi, 200 gr di passata di pomodoro, 4 spicchi d'aglio, peperoncino a piacere, 5 cucchiai di olio EVO, un pizzico di zucchero. 

Preparazione 
Tagliare finemente l'aglio e aggiungerlo all’olio caldo in padella, a fuoco medio sino al colore ambrato. Aggiungere il peperoncino e i pomodorini senza semi, tagliati a pezzettini o strizzati a mano e far andare a fuoco medio alto, aggiungendo un po' di sale. Quando si è formata una specie di crema, assaggiare ed eventualmente aggiungere un pizzico di zucchero. Versare quindi la passata di pomodoro e continuare la cottura a fuoco basso per circa 15 minuti. 
Aggiungere al sugo alcuni cucchiai dell’acqua di cottura della pasta, che nel frattempo avrete buttato. 
Scolare, aggiungere metà del sugo e far saltare nel tegame per un minuto. Servire quindi impiattando con l’altra metà del sugo e spolverando con parmigiano reggiano a piacere.





Orbetello - Feniglia


sabato 13 ottobre 2012 - Andar per Città

La Feniglia è un tombolo ovvero una striscia di sabbia compresa tra la collina di Ansedonia e il Monte Argentario. Unisce il continente al promontorio dell’Argentario, in una distesa di sabbia bianca e finissima con alle spalle una ricca pineta e un bosco di macchia mediterranea che ancora oggi raccoglie diverse specie di animali selvatici nell’area protetta chiamata Duna. 












“Noi siamo di più” di Massimo Gramellini


venerdi 19 ottobre 2012 - Pensieri e Parole da condividere

Da oggi ho uno slogan nel cuore che vale più di tutti gli «Yes we can» del mondo. L’ho sentito fiorire sulle labbra di una ragazza napoletana, prostrata dall’assurdità di una sofferenza insostenibile. Si chiama Rosanna Ferrigno, fa la segretaria in uno studio medico e l’altra sera ha dovuto raccogliere sotto casa il cadavere del promesso sposo, crivellato dalla camorra con quattordici proiettili. I camorristi hanno confuso il suo Lino, che stava andando a giocare a calcetto, con uno di loro. La gratuità del crimine e l’estraneità della vittima hanno scosso l’abulia di una città che da troppi secoli sopporta la malavita organizzata come una forma endemica di malaria. Poi è arrivata Rosanna. Non ha pianto in pubblico, non ha insultato le istituzioni, non ha elargito finti e precoci perdoni. Ma l’amore e il dolore le hanno dettato parole decisive: «Non bisogna avere paura dei camorristi. Sono loro che devono avere paura di noi. Noi dobbiamo continuare a uscire per la strada a testa alta. Sono loro che si devono nascondere. Noi siamo di più».  

Noi siamo di più. Non ci avevo mai pensato. Con tutti i nostri difetti - perché ne abbiamo a iosa, sia chiaro - noi siamo di più. Siamo di più dei mafiosi, dei corrotti, dei finanzieri senza scrupoli. Siamo più numerosi di qualunque minoranza coesa che cerchi di dominarci con le armi del potere e della paura. Averne consapevolezza, lo so bene, non basta. Ma è la premessa per svegliarsi dall’incubo e provare a trasformarlo in un sogno. Grazie, Rosanna, per avercelo ricordato.  

La Stampa, 19 ottobre 2012

giovedì 18 ottobre 2012

Capalbio


sabato 13 ottobre 2012 - Andar per Città

È il comune più a sud della Toscana e, per il contesto ambientale in cui si trova e per l'importanza storico-artistica assunta in epoca rinascimentale, è stato soprannominato anche “la piccola Atene”.

E’ un antico borgo circondato dalla campagna maremmana. All'interno delle sue mura si respira l'atmosfera dei secoli passati; percorrendo i vicoli, le piazzette e gli antichi camminamenti, si ha l'impressione di tornare indietro nel tempo.

Nel borgo, sulla torre merlata del castello aldobrandesco (che ancora conserva il pianoforte suonato da Puccini) e dalle sue mura, si ammira un panorama di straordinaria bellezza. 
Da vedere anche la quattrocentesca chiesetta di San Nicola e l'Oratorio della Provvidenza con affresco attribuito al Pinturicchio.no 1823.