mercoledì 31 marzo 2021

Villa Cipolla Vignola, detta “La Panterona”

giovedì 1 aprile 2021 – Sensi e Sensazioni 

Nella campagna di Belfiore, sorge Villa Cipolla Vignola detta “La Panterona”, che risale al 1692; un complesso di edifici che , oltre alla villa, congloba dei rustici e una cappella, disposti intorno a una corte. 

La si raggiunge percorrendo la strada provinciale Porcilana e alla rotonda con le direzioni per Belfiore e Caldiero, si prende via Bova sino a incontrare una strada bianca di campagna, per trovarsela dopo pochi metri che affianca “La Panterona”. Di fatto è in posizione poco visibile al passaggio e per trovarla bisogna proprio andarla a cercare. 

Il complesso, un tempo residenza dei conti Cipolla, fu successivamente adibito a dimora dei coloni e a utilizzazioni agricole quali stalle e magazzini. La villa, in muratura di mattoni, si eleva di tre piani dove al piano terra erano localizzati i locali adibiti a stalla, cantine e magazzini, al primo piano quelli dedicati all’abitazione e nel sottotetto insisteva il granaio. 

L’area della corte è per largo tratto delimitata dallo scolo Serega, fossato che attenua la regolarità del paesaggio; il palazzo presenta un bel loggiato a scala esterna, con un pozzo di pregevole fattura nel cortile. 

Il complesso è assoggettato dal Ministero per i Beni Culturali e Ambientali a vincolo Monumentale.


 

Il sapere ai nostri tempi

mercoledì 31 marzo 2021 - Pensieri e parole da condividere

 

Prendo spunto da “Lettere a Umberto Galimberti” su Repubblica, dove una signora di 35 anni si lamenta di aver sbagliato percorso universitario (laurea e lavoro in economia) per aver dato retta al genitore, lei che avrebbe voluto fare filosofia, e che si ritrova, per motivi familiari, ad essere disoccupata. Inneggia quindi, con nostalgia, alle società del passato, più civili ed evolute in cui i letterati erano filosofi, matematici, medici e il sapere non era imbottigliato in compartimenti stagni…

 

La risposta di Galimberti, descrive lapidariamente il passato come un mondo di conoscenze limitate dove si poteva passare da un sapere a un altro perché in fondo non si sapeva niente: un filosofo poteva fare il medico, un matematico l’astronomo, un fisico il filosofo. Oggi i saperi hanno raggiunto un livello di specializzazione tale che, per accedervi, è necessaria una frequentazione pluriennale, che non consente di passare da un campo del sapere a un altro… Questa è la ragione per cui quando si sceglie un indirizzo di studi non si deve sbagliare.

 

Già questo potrebbe dar adito a infinite discussioni: quanti ragazzi e ragazze hanno idee chiare sull’indirizzo di studi del loro futuro? 

O affrontano invece il loro percorso scolastico, spronati da familiari, da orizzonti economici, o semplicemente per emulazione o simpatie, per poi, come quella signora, pentirsene nel tempo?

 

Perché non impostare ad esempio la Scuola, o meglio la Società, in modo diverso, pensando magari che il sapere specialistico ha generato un regresso collettivo nella capacità di utilizzare i diversi saperi degli uomini e nell’abilità di usarne diversi contemporaneamente: quello che un tempo si chiamava sapienza!

 

Conclude Galimberti esortando giustamente la lettrice a tornare alla professione già praticata, per almeno arrivare a una indipendenza economica, a un ruolo sociale, a una frequentazione del mondo, vantaggi non da poco, piuttosto che stare in casa a maledire la scelta sbagliata.

 

E questo consiglio è indubbiamente perfetto e senz’altro da condividere, ma è a monte che resta il problema.

 

Dove invece potremmo aprire una discussione, e qui trovarmi perfettamente in linea, sul pensiero di Alessandro Baricco (Mai più, Storie/Idee, Il Post.it)che prospetta un’alternativa al “pensiero ostinato del sapere specialistico”, riferendosi propriamente a questi difficili tempi, citando un greco del V secolo, un monaco medioevale o un erudito del Rinascimento che avrebbero fatto fatica ad accettare che a difenderli da una pandemia potesse essere un virologo che aveva studiato solo virus. Neanche l’idea di un medico, puro e semplice, li avrebbe entusiasmati. Adesso questa posizione ci sembra infantile e perdente, ma solo perché veniamo da almeno due secoli di mitizzazione della scienza. In realtà, quei tre uomini intuivano, ognuno a modo suo, che qualsiasi porzione del reale fa parte di un sistema più complesso e che, l’unico sapere utile è quello capace di muoversi nell’intero sistema, non solo in alcune sue parti. Per un simile modo di intendere il sapere, un medico incapace di conoscere il nome delle piante e riconoscere una bella poesia era poco più che un tecnico scarsamente autorevole. Se la cosa vi sembra immatura, chiedetevi questo: dai vostri attuali arresti domiciliari, cosa dareste perché a orientare le politiche governative di contrasto alla Pandemia ci fossero anche un filosofo, un matematico, un antropologo, uno psicologo, un botanico, un poeta e uno storico?

Io molto. Non potendolo fare, mi prendo almeno la libertà di scrivere qui che il vertiginoso progredire dei saperi specialistici ha generato un regresso collettivo nella capacità di incrociare i diversi saperi degli uomini e nell’abilità di usarne diversi contemporaneamente: quello che un tempo si chiamava sapienza.

Questa capacità, andata per secoli in disuso, adesso è rientrata dalla finestra e sembra essere uno dei tratti dominanti di una certa nuova intelligenza. Il fatto che i filosofi siano tornati a sapere e parlare di piante e di tecnologia, che un copy incapace di fare l’art sia diventato un’inutile complicazione, che i portieri si siano messi a giocare coi piedi e che il mio telefono faccia dei video, dovrebbe suggerire qualcosa.

Evidentemente stiamo alzando il livello del gioco, e quello a cui stiamo pensando è un sapere capace di avere lo sguardo del falco e la pazienza della quercia – la precisione di un bisturi e la memoria di una montagna. Quando lo incontriamo, sappiamo che ci piacerebbe sapere così”.

 

lunedì 29 marzo 2021

Perché sostenere Wikipedia!

lunedì 29 marzo 2021 – Sensi e Sensazioni 

Credo di essere un grande fruitore di Wikipedia. Mi permette e mi aiuta nelle mie ricerche generali e mi dà risposte immediate per colmare la mia infinita ignoranza. 

Penso anche che qualsiasi lavoro, anche se sembra ovvio e dovuto, debba essere in qualche modo pagato e sostenuto. Per questo motivo ho pensato di dare un piccolo contributo e spero anche che, chi mi legge, sia d’accordo.

Ciao Valter! Grazie per la tua donazione. Il tuo sostegno alla missione di Wikipedia significa tutto per noi in questo momento. Questa lettera suona molto personale quest’anno. Ti sto scrivendo da casa mia, che è diventata anche il mio ufficio. Forse puoi capirmi. Tante cose sono state stravolte, in un modo o nell’altro, nell'ultimo anno: la pandemia, la chiusura delle scuole, le difficoltà economiche, e la lista potrebbe continuare. Mi conforta, peró, sapere che l’obiettivo di Wikipedia non è cambiato: mettere la conoscenza a tua disposizione. Siamo qui, a prescindere dalle situazioni della vita. Lentamente, ma con costanza, siamo impegnati a favorire la crescita della conoscenza nel mondo, in qualunque condizioni esso si trovi. Siamo qui, ogni giorno, per fornire le risposte a qualsiasi tua domanda. Siamo qui perché tu possa continuare a fare le tue ricerche, anche se in questo periodo la tua esplorazione avviene per lo più da casa. 

Valter, grazie per aver aiutato Wikipedia a continuare a crescere e a essere un punto di riferimento per il mondo. Sono grata e profondamente onorata di fare questo viaggio con te.

Katherine (Katherine Maher, Direttrice Esecutiva Wikimedia Foundation)


lunedì 22 marzo 2021

Acqua, bene indispensabile

 22 marzo 2021, Giornata mondiale dell'acqua

ll semplice gesto di aprire un rubinetto ed avere acqua in abbondanza, ci rende dei privilegiati nei confronti di chi è destinato a soffrire e a lottare per guadagnarsi quel bene, difficile da reperire, da raggiungere e conquistare, ma prezioso e indispensabile per sopravvivere.

 


 

venerdì 19 marzo 2021

Festa del papà

venerdì 19 marzo 2021 - Sensi e Sensazioni

Voglio ricordare anch'io il mio papà, che mi ha lasciato il 20 agosto 1986. Gli auguri dal più profondo del cuore, con il rammarico di non averlo avuto al mio fianco,
con i suoi consigli e il suo esempio, per diversi anni ancora.


 

venerdì 12 marzo 2021

Omaggio a un amico

venerdì 12 marzo 2021 – Sensi e Sensazioni 

Lui è Giancarlo, (per noi Carcarlo), preside in pensione, grande scrittore e “fanatico” della bici in solitaria, con la quale ormai ha percorso il mondo. È un amico un po’ particolare, per il quale, come possibile sindaco, ci siamo impegnati in campagne elettorali, per ben due turni di elezioni comunali. 

Insieme a Paolo, (tre uomini in bike), abbiamo condiviso inoltre una grande avventura in Tunisia, sul lago salato del Chott el Jerid. 

Ieri, dopo uno scambio di saluti al telefono, rimembrando il passato, ci è stato recapitato, - a me e a Paolo - un suo regalo: una busta che rispecchiava pienamente il suo carattere e la sua idea di vita e dei rapporti umani. Conteneva un oggetto, che io considero un’espressione artistica, e un foglio di pensiero, a riprova delle sue elucubrazioni in quella nuova attività a contatto con la natura. 

Desidero riporli e riproporli su queste pagine che io considero il mio diario e la mia voce.

I viticci - La vite ha un fusto di legno debole e flessibile e non riesce a mantenersi in posizione eretta, quindi, per crescere senza piegarsi e barcollare, deve aggrapparsi a un sostegno. Anche i suoi rami, i tralci che si sviluppano in primavera e in estate, sono deboli e devono essere ancorati ai fili metallici del vigneto, altrimenti non riescono a sostenere i grappoli. Ma la vite non si accontenta dell’aiuto dell’uomo e provvede da sola a sorreggere i suoi tralci con dei fili sottili e flessibili, che spuntano, crescono, si fanno largo tra le foglie ed esplorano l’ambiente circostante, alla ricerca di sostegni ai quali aggrapparsi. Sono gli organi più sensibili della pianta, che si muovono nello spazio come i tentacoli di un polipo e, quando trovano un sostegno, cominciano ad avvilupparlo con una presa sicura che, in meno di un’ora, diventa un anello difficile da rimuovere. Sono i viticci, “le mani della vite” che stringono i pugni per vincere la forza di gravità. In inverno, mentre le foglie cadono, i viticci rimangono saldamente ancorati ai fili e ai tralci delle viti, come mani spettrali, rivelando le figure fantastiche che hanno disegnato con i loro movimenti durante l’estate: cerchi, spirali, eliche, cicloidi, sinusoidi e altre forme indecifrabili. Quindi, i viticci, quando erano teneri virgulti, verdi, trasparenti e tortuosi, si sono divertiti con abbracci, girotondi, capriole e giravolte e ora, che sono vecchi, legnosi, testardi e inflessibili, rimangono aggrappati ai loro sostegni, cercando di difendere i tralci, ormai improduttivi, dagli inevitabili tagli di potatura. Dopo aver resistito alle sferzate dei venti, alle bordate delle bufere e alla violenza della grandine, non vogliono soccombere alla prepotenza dell’uomo.

I viticci sono i guerrieri del vigneto, coraggiosi, tenaci, irriducibili, che resistono e non mollano la presa, un mito, un simbolo e un esempio per chi vuole combattere e non arrendersi alle prepotenze, alle violenze e alle difficoltà della vita". (Dero 2020) 

Grazie Giancarlo

domenica 7 marzo 2021

Da Zevio a Belfiore, lungo le sponde dell’Adige

domenica 7 marzo 2021 – Il mio Cammino 

 

 

Partiti alle 10,30, dopo il solito cabaret di brioche, gentilmente offerto dall’amica Lucia, siamo in comune di Zevio e, passato il ponte Perez sull’Adige, lasciamo le auto al parcheggio, sulla sponda destra. Attraversiamo la strada e ci incamminiamo sull’argine, in direzione Belfiore. 

Il corso del fiume, anche se la primavera deve ancora sbocciare, presenta il suo fascino col suo disordine di alberi che sembrano aver passato le pene di un inferno di acqua e vento. Lasciamo il sentiero di terra battuta, per scendere in riva e calpestare la sabbia fine, tipica di riporto del fiume. 

Ci dilettiamo a giocherellare con i sassi e l’acqua, a ricordare quando giovani ci si portava in questi posti per la scampagnata in compagnia e a scattare innumerevoli foto. 

Camminando e discutendo, arriviamo al Ponte Delaini sulla provinciale “della Bova”, che collega Belfiore a Ronco. Attraversiamo la SP39b e sul sentiero sterrato che conduce a Ronco, cerchiamo un piacevole posto per consumare la colazione-pranzo al sacco. 

Torniamo quindi sulla provinciale e attraversiamo il ponte, per scendere a sinistra al Bar “della Maria-Rosa”, la storia di Belfiore, dove, tanti e tanti anni fa, prima della costruzione del ponte (1977), un traghetto, trasportava persone e le rare auto del tempo, sulla sponda destra dell’Adige in direzione Perzacco e Ronco. 

Dopo un caffè ristoratore ci avviamo in direzione Belfiore, sino ad imboccare la strada sterrata che, percorrendo la riva sinistra dell’Adige, ci porta verso Zevio, a recuperare le auto per il ritorno.