giovedì 27 febbraio 2014

“Manifesto Renzi, destra e sinistra: la necessità di una distinzione” di Laura Puppato

giovedì 27 febbraio 2014 - Pensieri e parole da condividere

Mai come oggi siamo alla ricerca, quasi forsennata, della definizione di destra e di sinistra. È una dicotomia che pare irrinunciabile per il mondo politico. Ce ne accorgiamo quando sulla scena appaiono partiti come il Movimento 5 Stelle, che sembrano attingere da entrambe le tradizioni. Creano scompiglio intellettuale, perché non sono etichettabili in maniera univoca.

Ma ha senso parlare oggi di destra o di sinistra? Sì, perché sono categorie insite nella nostra cultura politica, di cui non possiamo fare a meno per definire i partiti e le persone. Dobbiamo però uscire dal malinteso per cui destra e sinistra siano entità storicamente rigide, anziché relative l’una all’altra ed entrambe al contesto. Nel Secondo Dopoguerra si è identificata la dicotomia con i due blocchi dominanti, gli Stati Uniti democratici e liberali a destra, l’Unione Sovietica comunista a sinistra. Questa è stata a lungo una frattura importante che ha determinato la cultura, scindendola in maniera netta, ma non è stata la prima e non sarà l’ultima.

Per comprendere quale sia la nuova frattura occorre osservare le generazioni più giovani. Nonostante siano i nati nel mondo post-ideologizzato, si dividono ancora secondo la tradizione, rivendicando con forza l’appartenenza ad una delle due categorie. Sono ragazzi che in geografia hanno studiato le capitali di Russia, Estonia, Croazia e Ucraina, non parlano né di Jugoslavia, né di Cecoslovacchia, l’URSS è un impero della storia, al pari dell’Austro-Ungarico. In ciò vi è una differenza enorme con le generazioni precedenti. Pochi anni fa si passava molto tempo a dividere le idee di destra da quelle di sinistra, oggi, a partire da un’idea, la si declina in un senso o in un altro. È un enorme rovesciamento di fronte, da un periodo in cui si inserivano idee in categorie preconfezionate, all’oggi in cui sulle idee vengono costruite le filosofie della sinistra o della destra. L’effetto è una divisione meno netta dei campi, ma essi sono definiti, forse, in maniera più matura e flessibile. Esistono ancora la sinistra e la destra? Sì, ed è giusto che siano i più giovani a dirci come si compongono, in cosa differiscano e in cosa si assomiglino.

E quindi, qual è la nuova frattura? Sia la destra che la sinistra hanno ripudiato i rispettivi estremismi (almeno nel panorama europeo, meno in quello italiano, dove solo la sinistra ha definitivamente compiuto questo passo). Sono entrambe forze liberali, spesso la sinistra più della destra, che hanno nella democrazia il loro unico orizzonte. Hanno accettato la necessità di una società eguale nelle possibilità fornite, ma diversificata sulla base del merito personale, seppure solo la sinistra creda fermamente nel non lasciare indietro nessuno. Non possono essere però piccole differenze a definire i due schieramenti. La frattura più netta avviene sulla visione del futuro. La sinistra continua ad essere la forza che guarda con speranza al domani, cercando di anticiparlo e guidarlo, la destra guarda il futuro con preoccupazione, come una forza minacciosa da cui difendersi.

Da qui discendono diversità inconciliabili, altre dicotomie figlie della suddetta frattura. L’apertura al nuovo si traduce nell’internazionalismo, nella contaminazione delle culture, nella creazione di nuovi diritti e nell’ambientalismo come elementi fondanti dell’azione politica. Dall’altra parte si riaffaccia con prepotenza la paura del diverso, l’appiattimento su vecchi valori e su movimenti isolazionisti e parafascisti, tutto discendente da una diffidenza del non conosciuto. La sinistra ha da sempre a cuore il lavoro e la sua dignità, oltre che la ridistribuzione della ricchezza. Un punto sul quale la destra ha inseguito per decenni le dottrine neoliberali, incapaci di dare risposte alle ineguaglianze sociali prodotte dal capitalismo senza regole.

Negli anni in cui la sinistra democratica trova la sua più piena maturità, la destra torna indietro e rischia di perdere se stessa. Oggi, forse per la prima volta dopo mezzo secolo, la destra sa sempre più di vecchio e stantio, mentre una moderna sinistra si appresta a trascinare il mondo fuori da uno dei periodi più bui della sua storia.

Il Fatto Quotidiano, 27 febbraio 2014

sabato 15 febbraio 2014

Discorso di Alfano sul cadavere di Letta di Pierfranco Pellizzetti

sabato 15 febbraio 2014 - Pensieri e parole da condividere

Alfano. Amici italiani, concittadini, vengo a seppellir Letta non per lodarlo. Il male che gli uomini fanno sopravvive loro; il bene è spesso sepolto con le loro ossa. Così sia di Enrico Letta. Il nobile Renzi vi ha detto che Letta era un fancazzista: se così era, fu un ben grave difetto: e gravemente Letta ne ha pagato il fio. Qui, col permesso di Renzi e degli altri – ché Renzi è uomo d’onore; così sono tutti, tutti uomini d’onore – io vengo a parlare al funerale di Letta. Egli fu mio amico, fedele e giusto verso di me: ma Renzi dice che fu fancazzista; e Matteo Renzi è uomo d’onore.

Quando la Cancellieri ha pianto, Enrico Letta ha lacrimato: il fancazzismo dovrebbe essere fatto di più rude stoffa; eppure Renzi dice ch’egli fu fancazzista; e Renzi è uomo d’onore. Tutti vedeste come ai Lupercali per ben tre volte Matteo Renzi twittò “Enrico stai sereno” e per tre volte egli rispose “zen”: fu questi un atto di fancazzismo? Eppure Renzi dice che fu fancazzista; e, invero, Renzi è un uomo d’onore. Non parlo, no, per smentire ciò che Renzi disse, ma qui io sono per dire ciò che io so. Tutti ne amaste una volta la straordinaria capacità realizzativa, né senza ragione (l’aggancio alla ripresa economica mondiale o la maestria nel cambiare di nome all’Imu ne sono indubitabili riprove): qual ragione vi trattiene dunque dal piangerlo? O senno, tu sei fuggito tra i bruti di Rignano sull’Arno e gli uomini hanno perduto la ragione. Scusatemi: il mio cuore giace là nella bara con Letta (e rischia di rimanerci perché mi sono bruciato col Berlusconi pur di restare al governo).

1° Cittadino. Parmi ci siano molte ragioni nelle sue parole.

2° Citt. Se consideri bene la cosa a Letta è stato fatto gran torto.

3° Citt. Temo che uno peggiore di lui verrà al suo posto.

Alf. Pur ieri la parola di Letta avrebbe potuto opporsi al mondo intero: ora egli giace lì, e non v’è alcuno che gli renda onore. O amici, se io fossi disposto a eccitarvi il cuore e la mente alla ribellione e al furore, farei torto a Renzi. Non voglio fare a lui torto. Preferisco piuttosto far torto al defunto, fare torto a me stesso e a voi, che far torto a sì onorato virgulto. Ma qui c’è una pergamena col sigillo di Letta – l’ho trovata nel suo studio – è il suo programma di rilancio del governo “Impegno Italia”. Documento che non intendo leggere, perché se lo facessi il popolo potrebbe essere spinto a baciare le ferite del morto Letta-

1° Citt. Il documento, il documento, vogliamo conoscere il programma di Letta.

Alf. Ho sorpassato il segno. Temo di far torto agli uomini d’onore i cui pugnali hanno trafitto Enrico Letta; invero lo temo.

2° Citt. Erano traditori, ma che uomini d’onore!

Alf. Se avete lacrime , preparatevi a spargerle adesso. Tutti conoscete questo abito Tasmanian da bancario. Io ricordo la prima volta che Letta lo indossò: andava a prendere ordini da Napolitano. Guardate, qui il pugnale di Franceschini l’ha trapassato; mirato lo strappo che vi ha fatto la Pinotti per la promessa di un ruolo ministeriale; attraverso questo il ben amato Matteo l’ha trafitto; e quando tirò fuori il maledetto acciaio, guardate come il sangue di Letta lo seguì, quasi per assicurarsi se fosse davvero Renzi quello che così rudemente bussava, l’amato compagno che aveva assicurato di garantire il governo di Enrico fino al semestre europeo. Anime gentili, come? Piangere quando non vedete ferita che la veste di Letta?

3° Citt. O infausto giorno! Canaglie!

Alf. Buoni amici, che io non vi sproni a subitanea ondata di ribellione. Non sono oratore com’è Renzi. Se io fossi lui allora vi sarebbe un Alfano che sommoverebbe gli animi leggendovi che “Impegno Italia” aboliva tutte le tasse e creava trenta milioni di posti di lavoro. Questo era Letta! Quando ne verrà uno simile?

Cittadini. Nobilissimo Letta, vendicheremo la tua morte! Bruceremo la smart dell’onorevole Carbone su cui scorrazza il Renzi! Voteremo Cinquestelle! Alla faccia di tutti i renziani che ci considerano citrulli!

Olanda - Amsterdam

mercoledì 14 agosto 2013 - Quattro salti per l’Europa

La mentalità di una metropoli che è stata in grado di creare un ambiente cordiale e rilassato, coniugando la sua mentalità moderna con la tipica atmosfera d’epoca del secolo diciasettesimo. Il senso di intimità che emana da canali, viette e piazze creano un'atmosfera davvero unica.
E’ un polo europeo che ti prende in mille maniere, di cui hai da parlare per infinite volte e ogni volta scopri qualcosa di indimenticabile. Il fascino del passato e la modernità del presente in un connubio che ti fa esclamare: “Ci voglio tornare”.