venerdì 30 novembre 2012

“La vittoria del partito superstite” di Luca Ricolfi


venerdi 30 novembre 2012 - Pensieri e Parole da condividere

Domenica sera sapremo chi, fra Bersani e Renzi, sarà il candidato premier del centro sinistra. E forse sapremo anche chi ci governerà nei prossimi anni, visto che la coalizione guidata dal Partito democratico ha buone possibilità di vincere le elezioni, né possiamo escludere che, oltre a vincere le elezioni, riesca persino a formare un governo. Si capisce dunque il clima surriscaldato di questi giorni, un clima che si è fatto rovente soprattutto intorno a due nodi.  

Primo nodo: il centro-sinistra prenderebbe più voti con Renzi o con Bersani? Quasi tutti i protagonisti ritengono di saperlo, ma nessuno lo sa veramente. Secondo alcuni Renzi porterebbe al centro-sinistra diversi milioni di elettori disgustati dalla politica e/o delusi dal centro-destra, secondo altri provocherebbe la spaccatura del centro-sinistra e la nascita di un raggruppamento politico alla sinistra del Pd. Probabilmente succederebbero entrambe le cose, visto che Renzi è detestato da una parte dei suoi stessi compagni di partito, ma è impossibile stabilire se il saldo fra voti persi e voti conquistati sarebbe positivo o negativo. 

Secondo nodo: l’accesso al ballottaggio. Vedremo come evolveranno le cose nelle prossime ore, ma quello che è evidente fin da adesso è che, limitando la partecipazione al ballottaggio di domenica prossima, l’apparato del Pd sta pagando un prezzo piuttosto alto per garantire l’affermazione del suo segretario. L’idea che per accedere al secondo turno si debba portare una «giustificazione» (come a scuola!), e che ci sia un organismo politico (il «Coordinamento Provinciale delle Primarie Italia Bene Comune», in pratica i funzionari del Pd) deputato a vagliare se la giustificazione è valida oppure no, è semplicemente grottesca, un buffo riflesso burocratico-stalinista che rischia di ritorcersi contro chi l’ha inventato. Perché è vero che chiudere l’accesso al ballottaggio avvantaggia Bersani, che ha già vinto al primo turno, ma è anche vero che, sul piano simbolico, avvantaggia Renzi, se non altro perché mostra di che pasta sono gli apparati per la cui rottamazione il sindaco di Firenze si batte. Senza contare la reazione di chi, escluso dal ballottaggio, negherà il suo voto al Pd alle elezioni vere, un sentimento e un’intenzione che ho già avvertito da più parti.  

L’attenzione del pubblico e dei media su questi due nodi, tuttavia, rischia di non farci cogliere la straordinaria trasformazione del paesaggio politico che – in questi mesi – si sta producendo sotto i nostri occhi. Non solo la nascita di protagonisti nuovi (Grillo e il Movimento cinque stelle) e l’autodistruzione di protagonisti vecchi (Berlusconi e il Pdl), ma la vera e propria mutazione che sta scuotendo il maggior partito della sinistra. La sfida di Renzi, anche se dovesse terminare domenica con una sconfitta, sta cambiando e cambierà definitivamente il Pd. Dopo quella sfida, e grazie a quella sfida, il Pd avrà per la prima volta – accanto alla componente socialdemocratica tuttora maggioritaria – una componente liberalsocialista o di «sinistra liberale» di peso politico non trascurabile. Il Pd del futuro non sarà più un partito diviso fra comunisti e cattolici, o fra massimalisti e ortodossi, ma un partito in cui la componente socialdemocratica (oggi ben rappresentata da Bersani) e quella liberaldemocratica (oggi ben rappresentata da Renzi) competeranno per la guida del partito.  
Il processo non è ancora compiuto, perché la componente liberale sta prendendo forma e coraggio solo in questi mesi, e quella socialdemocratica non è ancora pienamente tale: se lo fosse Renzi non verrebbe trattato da tanti compagni e compagne di partito come un traditore, un emissario del nemico, un corpo estraneo, o un ospite indesiderato. Ma la direzione di marcia è questa, ed è piuttosto veloce, a giudicare dai consensi che Renzi ha conquistato in pochi mesi. 

Ma c’è anche un altro aspetto che merita forse di essere notato. Il mondo politico della seconda Repubblica è oggi un incredibile cimitero di rovine, su tutti i piani. Quasi tutti gli uomini e le donne che hanno occupato gli schermi televisivi negli ultimi venti anni hanno perso ogni credibilità. In giro non si sentono più idee ma solo «dichiarazioni» di nessun interesse, messaggi più o meno in codice ad uso e consumo dei soli politici. I partiti si sono dissolti, travolti dalle inchieste giudiziarie e dall’indifferenza dei cittadini. La destra è un’armata allo sbando, senza progetti e senza senso del ridicolo. Il centro nasconde, dietro l’evocazione rituale – quasi un mantra – di Monti e della sua agenda, il suo vuoto spinto di idee e di uomini.  

In questa situazione il Partito democratico, di cui personalmente ho sempre visto e sottolineato gli immensi difetti, si staglia come l’unico «monumento» della seconda Repubblica che ha saputo sopravvivere al terremoto che il ceto politico ha provocato a sé stesso. Ha un’organizzazione, una rete di sedi e di militanti, un dibattito interno. Con le primarie ha saputo creare l’unico evento significativo di riavvicinamento dei cittadini alla politica. E con Renzi e Bersani ha offerto due candidati che possono piacere più o meno a ciascuno di noi, ma sono comunque fra i migliori politici in circolazione in Italia. 

Insomma il Partito democratico gode oggi di un prestigio relativo altissimo. Un prestigio che è tanto più significativo, o sorprendente, se pensiamo che anch’esso è coinvolto in diverse inchieste, anch’esso è pieno di personaggi che non avrebbero reso orgoglioso Enrico Berlinguer. E’ questo prestigio relativo che spiega il fatto più interessante del nuovo panorama politico che si è andato consolidando negli ultimi mesi: il dibattito programmatico, le alternative fra cui scegliere, le poche idee sulle quali vale la pena scontrarsi, sono ormai quasi tutte dentro il Partito democratico. Ai suoi militanti, o a molti di essi, tutto questo sembra divisione, lacerazione, una ferita dolorosa. A Gramsci, invece, sarebbe parsa una (strana) forma di egemonia. La società italiana è così allo sbando che l’ultimo partito rimasto, anch’esso piuttosto logoro, disastrato e pieno di acciacchi, rischia di diventare l’unico luogo in cui si gioca davvero il futuro del Paese. Ecco perché la competizione fra Renzi e Bersani non indebolisce il Partito democratico, ma semmai lo rende più capiente, più capace di intercettare gli umori della società esterna. C’è solo da sperare che questa opportunità sia colta e coltivata, piuttosto che gettata al vento: magari anche lasciando che, domenica, chi vuole votare sia libero di farlo. 

La Stampa, 30 novembre 2012

martedì 27 novembre 2012

Irlanda - Londonderry


agosto 2011 - Quattro salti per l’Europa

I nazionalisti chiamano la città Derry, mentre parte degli unionisti la chiamano Londonderry, nome adottato dai britannici nel 1613.
Seconda città per grandezza dell'Irlanda del Nord e quarto centro urbano dell'isola irlandese, la vecchia città cinta da mura è ubicata sulla riva occidentale del fiume Foyle, mentre la città contemporanea si espande su entrambe le rive ed è collegata da vari ponti. 
Accoccolata tra le antiche mura con il suo carico di storia, la città è uno scrigno di sorprese. La St. Columbus Cathedral, capolavoro gotico del 1633, o la Guildhall con le sue straordinarie vetrate, raccontano la storia della città murata in varie epoche.


Saint Columb's Cathedral



The Diamond

Courtyard - The Kraft Village








lunedì 26 novembre 2012

“Un intero quartiere si mobilita” di Laura Bogliolo


lunedi 26 novembre 2012 - Pensieri e Parole da condividere

Le spalle curve per il peso dello zainetto, il cappuccio per proteggersi dal freddo, il volto basso a nascondere occhi grintosi e la penombra di un dolce sorriso. Abitava davanti al mare, a Torvaianica, ma non c'era tempo e neanche luce per vederlo. Quandopartiva da casa per raggiungere Roma dove gestiva un bar era ancora buio. Buio anche quando tornava. «Il mare? - diceva con ironia ai suoi affezionati clienti – È da mesi che non lo vedo». 

Isabella Viola, 34 anni, mamma di quattro figli, si svegliava ogni mattina alle 4 per andare al lavoro in via Nocera Umbra, nel quartiere Appio Tuscolano. Il bus del Cotral che percorre la Pontina spesso inghiottita da voragini, l'arrivo alla stazione Laurentina, poi metro B, cambio a Termini per entrare nei vagoni affollati della linea A, fino a Furio Camillo. Isabella era uno dei volti stanchi che si incontrano sui mezzi pubblici, stretti tra le smorfie per le attese infinite delle corse saltate. Ma Isabella non mollava, sorrideva, pensava alla sua splendida famiglia, ai suoi quattro piccoli, all'amore per il marito. Questa è la sua storia, la storia del Paese reale, di chi lotta per sopravvivere e a volte non ce la fa.

Morta in metro. Da tempo Isabella non si sentiva bene, ma ha continuato a lavorare. È morta per un malore, da sola, sotto la metro, sulla banchina della stazione Termini una domenica mattina, era il 18 novembre. Alcuni passeggeri hanno cercato di soccorrerla portandola fino alla banchina della stazione Termini. Vigili del fuoco e dipendenti Atac hanno cercato di assistere la donna che aveva difficoltà respiratorie. Le sue condizioni si sono aggravate velocemente. 

Poco prima aveva chiamato la collega alle 7: «Sto arrivando» aveva detto. Poi non si è saputo più nulla di lei. A dare la notizia al quartiere un dipendente dell'Atac che abita vicino al bar: lui c’era, lui l’ha vista, lui ha raccontato a tutti che quella donna morta sotto la metro era la Isabella del bar, la ragazza che aveva trasformato un piccolo locale nel ritrovo della zona, la mamma con l'anima vera di chi la vita se l'è sempre conquistata. La gente del quartiere l'aveva capito, l'amava per questo e ora pensa ai suoi piccoli.

La processione. La triste processione di chi conosceva Isabella, ogni mattina fa tappa all’edicola accanto al bar dove la signora Ada ha organizzato una colletta. In fila giovani, impiegati, pensionate del quartiere con gli occhi affogati dalle lacrime e pochi spicci nel portafogli: la metà scivola via, rumorosa, nella cassetta improvvisata dove c'è scritto «Aiutiamo i figli di Isabella».

Il lunedì successivo la morte di Isabella ai piedi della serranda del bar c'era un letto di fiori. Il vicino fioraio di via Lugnano in Teverina in poche ore aveva finito le rose bianche, tutte comprate per portare l'ultimo saluto a Isabella. Perché quella mamma era una donna speciale: «tosta, simpatica, affettuosa» raccontano. Lavorava da sempre, aveva perso il papà a 18 anni. Il suo ultimo sogno era aprire un forno tutto suo per vendere quei dolci che preparava all’alba nel piccolo bar. L’ultima battaglia questa estate per trovare casa a tre cani randagi. L’ultimo sforzo in questi giorni: risparmiare per fare i regali di Natale ai suoi figli.

L'ultima frase scritta da Isabella su Facebook racconta, se ancora ce ne fosse bisogno, chi era la ragazza che sta facendo mobilitare un quartiere: «Una donna il suo gioiello più prezioso non lo indossa, lo mette al mondo». 

Il Messaggero, lunedi 26 novembre 2012

Irlanda - Dublino


agosto 2011 - Quattro salti per l’Europa

La capitale della Repubblica d'Irlanda, è la città più grande e popolata di tutta l'isola. 
Fondata dai Vichinghi come centro per il commercio di schiavi, è situata sulla foce del fiume Liffey, al centro della costa orientale dell'isola e affacciata sul Mar d'Irlanda. 

Eletta la città più "friendly" d'Europa e nominata Città della Letteratura dall'UNESCO, è come stimolata da una continua scossa elettrica, senza mai però staccare la spina con il passato. Sulla città soffiano contemporaneamente un vento nuovo e uno nostalgico. Senza ombra di dubbio è una delle capitali europee più effervescenti, capace di offrire di tutto: storia, cultura, divertimento. La città, che ha dato i natali a scrittori del calibro di James Joyce, George Bernard Show e Oscar Widle.

1. The Spire è una torre di acciaio situata in O'Connel Street, alta 120 metri e dal diametro di 3 metri alla base e di 15 centimetri alla sommità. Fu costruita su progetto della Ian Ritchie Architects Ltd ed è composta da 6 sezioni di 20 metri ciascuna ed è la scultura più alta del mondo. Rappresenta la continua lotta della piaga sociale della droga, rappresentata da un gigantesco ago. 

2. James Joice Centre in un antico edificio del 1784, il museo è dedicato al celebre scrittore dublinese: raccoglie ritratti di famiglia, foto dei luoghi frequentati, biografie ed edizioni originali delle sue opere. Se vi sentite in colpa per non aver letto le sue opere non preoccupatevi, non le lesse nemmeno Nora Barnacle, la sua compagna di vita, che addirittura cercò di convincerlo a smettere di scrivere.

3-4. Oliver St. John Gogarty's è un ostello situato nel cuore del Temple Bar, il quartiere artistico, bohemien e culturale. 
Se senti un certo languorino, trovi piatti tradizionali irlandesi, annaffiati dalla migliore Guinness al centro di spettacoli di musica dal vivo, dall'alba al tramonto.

5. Christ Church Cathedral è la cattedrale della diocesi anglicana di Dublino e Glendalough, nel cuore della città medievale, risalente al 1172, è stata edificata sul sito di una chiesa vichinga in legno. 70 metri di lunghezza e 24,70 di altezza sotto la volta. 


6. Ha'penny bridge "ponte da mezzo penny", è un ponte pedonale che collega le due sponde del Liffey ed è sicuramente il più conosciuto della città. Il nome ufficiale del ponte è Liffey Bridge, ma nessuno lo chiama in questo modo.

7-8. Temple Bar è un quartiere del centro, particolarmente rinomato, ritrovo di molti artisti di strada, ristrutturato e rinnovato a partire dagli anni novanta ed adibito ad autentico luogo turistico. Vi sono numerosi pub e club. Tra i più importanti locali: il Temple Bar, l'Hard Rock Cafe e la Porterhouse.

9. Dublin Castle è un maniero situato nella sponda meridionale del Liffey. Fu sede del potere inglese in Irlanda: per tale motivo è visto come il simbolo dell'occupazione britannica.

10. Guinness, mitica fabbrica di birra, è al primo posto fra i luoghi più visitati. Nato nel lontano 1759, questo stabilimento occupa ben 26 ettari di terreno e le parti più antiche sono state riconvertite in un museo hi-tech, composto da ben sei piani. 

11. St. Stephen’s Green, questo angolo di verde frequentato da coppiette innamorate, studenti e impiegati in pausa pranzo, una volta era lo spazio del comune che ospitava fustigazioni pubbliche, roghi e impiccagioni. 

12-13. Trinity College, la rinomata università che ha formato letterati illustri, del calibro di Oscar Wilde, Samuel Beckett, Edmund Burke e Oliver Goldsmith. ll pezzo forte è la collezione di libri, ma il fiore all’occhiello è “the Book of Kells”, noto anche come Grande Evangeliario di San Colombano. Il codice, risalente al IX secolo, che contiene la traduzione e il commento dei quattro Vangeli.

14-15 Custom House, la Dogana è un edificio neoclassico del XVIII secolo, che ospita attualmente il Ministero irlandese per l'Ambiente, il Patrimonio ed il Governo Locale. È situata sulla sponda settentrionale del Liffey.

16. James Joyce Bridge e' uno dei due ponti progettati dall'architetto Calatrava per Dublino. Si puo' notare anche di notte per via del suo colore luminescente.

17. Famine Sculpture, in memoria della carestia irlandese del XIX secolo, la più grande catastrofe del paese, in cui 1 milione e mezzo di donne, uomini e bambini emigrarono e 1 milione morirono.


The Spire
James Joice Centre

Oliver St. John Gogarty's


Christ Church Cathedral

Ha'penny bridge

Temple Bar



Dublin Castle

Guinnes Centre

St. Stephen’s Green



Trinity College


Custom House


James Joyce Bridge
Famine Sculpture

Belfast e Murales

Agosto 2011 - Sensi e Sensazioni

Riflettono l'appartenenza politica e religiosa delle due comunità: cattolica e protestante. La Shankill Road e i quartieri che vi si affacciano è quasi interamente abitata da protestanti fedeli alla corona britannica. I murali dei quartieri quasi interamente cattolici, che si affacciano sulla Falls Road, hanno come tema l'Irlanda unita, l'esercito repubblicano irlandese (IRA) o temi del folclore e della lingua irlandese.




















Irlanda - Belfast

Agosto 2011 - Quattro salti per l'Europa

Capitale e città più popolosa dell'Ulster e dell'Irlanda del Nord (Regno Unito) sin dal 1920. È secondo centro più abitato dell'isola, dopo Dublino. 

Scena dei principali conflitti fra repubblicani e lealisti, Belfast è la città che è stata maggiormente insanguinata dalla violenza britannica e unionista contro la popolazione nazionalista durante i Troubles, conflitto civile durato dal 1969 circa fino a fine anni '90, in realtà solo una piccola parte all'interno di un conflitto coloniale che dura ormai da più di 800 anni.