domenica 29 aprile 2018

Assonanze

domenica 29 aprile 2018 - Sensi e Sensazioni

Ritagliatevi un paio d’ore o poco più, in compagnia di Einaudi:

Un "Dolcetto di Dogliani 2016 DOCG", lasciato a respirare nell’immancabile ballon.
Rosso rubino, con riflessi color porpora, all’olfatto si rivela profondamente fruttato con richiami ai piccoli frutti a bacca rossa. Di medio corpo e scorrevole nella beva, caratterizzato da un retrogusto lievemente ammandorlato.

Il piccolo libro che gli fa da spalla, è del napoletano Diego De Silva e ha per titolo “Superficie”
Senza pretese e disordinato, con aforismi, nonsense e alcuni pensieri divertenti: da accendere la miccia e aspettare. 
Ad esplodere, sarà il vostro star bene, accompagnato da cortocircuiti spiazzanti e comicissimi. 

Come se Woody Allen, Groucho Marx e l'amico cretino si trovassero nella stessa stanza e parlassero ognuno per conto proprio. È fatale: quando meno te lo aspetti, scoppi a ridere.

Ah dimenticavo: perditempo e renitenti, astenersi dal consiglio!!!

mercoledì 25 aprile 2018

Approfittando della festività

mercoledì 25 aprile 2018 - Sensi e Sensazioni

Una piacevole passeggiata di 8 chilometri, sulla ciclopedonale da San Martino B.A e gironzolando per le interessanti stradine di Montorio veronese. Al cellulare ormai trasformatosi in una vitale istantanea, sono molti gli spunti per indelebili immagini a ricordo di questo pomeriggio in un’esplosione di sole e temperatura estivi.






martedì 24 aprile 2018

L’amore secondo Isabelle di Claire Denis

martedì 24 aprile 2018 - Andiamo al Cinema


Quando la delusione si fa concreta!

E per un innamorato della Binoche (dai tempi de “Il danno”) non basta sapere che il tempo l’ha solo scalfitta, rendendola ancora più interessante.

Un film lento e odioso, dialoghi poveri e infantili, l’interprete, alla ricerca dell’amore, sembra in continua autocommiserazione per torturarsi senza un obiettivo a cui sperare. Un banchiere, un attore, l’ex marito, uno sconosciuto, un ricco possidente, un gallerista, tutti uomini che passano più o meno dal suo letto di donna sola, solo per farla soffrire, illudere, sperare, desiderare e piangere.

Una ricerca della felicità che non si presenta mai, sino all’ultimo monologo quando appare un gigantesco Depardieu, armato di un pendolino, a ridimensionare la razionalità nelle cose amorose; e la reazione di Isabelle non può essere che un sorriso beffardo, pronta a svegliarsi il giorno dopo e ricominciare la giostra. 

Una grande Juliette! Tutto il resto è noia.

domenica 22 aprile 2018

Io sono Tempesta di Daniele Luchetti

domenica 22 aprile 2018 - Andiamo al Cinema


Di domenica quando interessa più chiudere la settimana, che cercare forti motivazioni, ti rifugi in un film che credi "d’evasione”. Primo perchè Giallini è uno dei tuoi attori preferiti, e non ce ne sono tanti, poi perchè vorresti vedere un film italiano che effettivamente si scosti dall’omologazione. Così all’inizio con la canzone di Jannacci “Ho visto un re”, ci si può accomodare sulla poltrona, sperando.

Se le intenzioni del regista erano quelle di darci un ritratto di un Paese ancorato a tanti difetti: il qualunquismo, la rincorsa della ricchezza facile e alla corruzione, doveva osare di più e andare ad un finale molto più interessante. Anche perchè gli agganci con una figura politica potevano essere molto più evidenti e riflessivi. 

Invece, come tanti film italiani, la partenza è sicuramente felice, la tenuta centrale può ancora far sperare, mentre tutto si arena nel finale, dove sembra sia arrivata solo l’ora di far alzare e uscire i delusi spettatori, per riprendere una nuova proiezione.

La bravura di Marco Giallini giganteggia in questo personaggio che se all’inizio fa di tutto per rendersi antipatico, alla fine risulta forse il più positivo.

Da salvare il personaggio e l’interpretazione di Francesco Gheghi, il figlio di Bruno (Elio Germano).

Il trio di studentesse di psicologia appartiene invece ad un altro film, potenzialmente molto divertente e politically incorrect.

Odioso il personaggio di Angela.

giovedì 19 aprile 2018

I cavalieri del Tau e la leggenda di Kampehl

giovedì 19 aprile 2018 - Sensi e Sensazioni

In quel tempo, ad Altopascio, lungo la via Francesca Romea, una delle più importanti vie di pellegrinaggio medievali, che da Roma conduceva in Francia e proseguiva poi fino in Inghilterra, sorse lo Spedale (1084), con lo scopo di fornire assistenza ai pellegrini e di provvedere alla manutenzione della via stessa. 

In seguito divenne così importante che, per adempiere le funzioni a cui era preposto, venne fondato l’Ordine dei Cavalieri del Tau, probabilmente il più antico ordine religioso cavalleresco, che poi si diffuse in tutta Europa, frati particolarmente devoti a San Giacomo de Compostella. 



La croce taumata, di origini remote, a rappresentare la lettera iniziale della parola Cristo e col significato di perfezione, in quanto lettera finale dell’alfabeto ebraico, compare anche in altri luoghi di pellegrinaggio, come simbolo dei taumaturghi e, nel Libro di Ezechiele, come simbolo di salvezza. 

I Cavalieri del Tau si espansero per l’Italia e, grazie al re Filippo Augusto, approdarono in Francia, e quindi in Spagna, Germania e Inghilterra. Nel 1180 una casa ospitaliera venne fondata a Parigi, dove rimase attiva fino al 1567; sullo stesso luogo ancora oggi vi è la chiesa di Saint-Jacques-du-Haut-Pas.

I frati del Tau, seguirono all’inizio la regola di Sant’Agostino; nel 1239 vennero assimilati alla regola di San Giovanni di Gerusalemme, con bolla di papa Gregorio IX.

Nel 1459 Pio II sciolse l’Ordine che però sopravvisse fino al 1588, quando confluì nell’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano per opera di Cosimo I de’ Medici. 

Il cavaliere di Kampehl
Fra le leggende intorno ai Cavalieri del Tau, da sempre ammantati di fascino misterioso, vi è quella di Christian Friedrich von Kahlbutz (Kampehl, 1651-1702), cavaliere brandeburghese, ricordato ad Altopascio come Christian Jacopo Kalbutz, accusato da una fanciulla dell’assassinio del suo innamorato. Egli avrebbe allora pronunciato la frase: "In nome del Tau, di cui sono leale cavaliere, io chiedo, per prova della mia innocenza, che dopo morto il mio corpo non abbia a decomporsi".
A quel punto la campana cominciò a suonare da sola, e dopo tre giorni il cavaliere fu condannato a suicidarsi con l’arsenico. Tuttavia, come egli aveva predetto, il suo corpo non si decompose, e questo venne considerato prova della sua innocenza (o secondo altri invece, è la punizione per la sua colpevolezza).


Attualmente la sua salma, perfettamente conservata, si trova a Kampehl, presso Neustadt (Germania). Alto m 1,70, può essere osservato nella sua bara con il coperchio di cristallo. Il motivo della sua mummificazione è ancora misterioso.

lunedì 16 aprile 2018

Lucca e Torre Guinigi

lunedì 16 aprile 2018 - Sensi e Sensazioni

Alta 45 metri, in pietra e mattoni, s’innalza all’angolo tra via Sant’Andrea e via delle Chiavi D’Oro. 
Si distingue da tutti gli edifici del centro storico per gli alberi che crescono sulla sua sommità. Tra le torri medievali, appartenute a famiglie private, essa è l’unica che non sia stata mozzata o abbattuta nel XVI secolo.



In giardinetto pensile, sulla cima, è costituito da sette piante di leccio e si suppone che sia molto antico (secolo XV). La Torre con la cerchia muraria, sono diventate un vero e proprio simbolo distintivo della città di Lucca.

Lucca e San Michele in Foro

lunedì 16 aprile 2018 - Sensi e Sensazioni

Sull’omonima piazza, nel cuore della città, questa antica chiesa, iniziata nel 1070, fonde romanico e gotico nella magnifica facciata, con quattro logge fittamente decorate da Guidetto da Como. Le colonne sono tutte diverse con archi istoriati e capitelli impreziositi da volti umani e animali.



Sulla sommità della facciata, la statua di San Michele, alta quasi 4 metri, veglia sulla città. Raffigura l’angelo che sconfigge il drago ai suoi piedi con la lancia stretta nella destra e il globo crucigero nella sinistra.


L’interno in pietra grigia, a tre navate è ricco di capolavori del Rinascimento; al centro del presbiterio fa spicco il maestoso crocifisso ligneo (quasi 4 metri per 3), della seconda metà del XII secolo. Cristo è raffigurato con gli occhi aperti, non sofferente, ma trionfante sulla morte, con ai lati le scene della sua passione.



In fondo alla navata destra, la Pala Magrini realizzata da Filippino Lippi intorno al 1483. Mostra quattro santi: Rocco, Sebastiano, Girolamo ed Elena, allineati in piedi sullo sfondo di un boschetto di cui si intravede il fogliame oltre un cielo azzurro. 
E’ riscontrabile un certo senso dell'umorismo tipico del giovane Filippino, nel leone amico di san Girolamo che fa timidamente capolino da dietro la sua veste, quasi come si trattasse di un gattone domestico.



Lucca e San Martino

lunedì 16 aprile 2018 - Sensi e Sensazioni

Secondo la tradizione, il primitivo tempio fu fondato dal Vescovo Frediano nel VI secolo, poi Papa Alessandro II ampliò la chiesa in forma basilicale a cinque navate nel 1070. L’aspetto odierno fu dato soprattutto nei secoli XIV e XV. L’impianto è a croce latina con tre navate e transetto.

Segnata dagli influssi del romanico pisano, la facciata è asimmetrica per il preesistente campanile alto circa 60 metri e con merli ghibellini. Le decorazioni dei pilastri sono opera di Guidetto da Como.






All’interno, nella navata si trova il tempietto ottagonale di Matteo Civitali del 1484 che ospita il Volto Santo di Lucca, crocifisso tunicato venerato sin dal Medioevo, simbolo della città e impresso sulle monete della Zecca lucchese.




L’affresco con la Trinità nel catino absidale è opera dei lucchesi Giovanni Coli e Filippo Gherardi (1678-81).


A destra dopo l’entrata, l’Ultima cena di Jacopo Robusti, detto il Tintoretto (1592.1594). 
La figura femminile che in primo piano sta allattando il proprio bambino riveste un significato simbolico, stabilendo una analogia tra il nutrimento materiale e quello spirituale.



Nella sacrestia, si può ammirare Il monumento funebre a Ilaria del Carretto, opera scultorea di Jacopo della Quercia, risalente al 1406-1408, commissionata da Paolo Guinigi per la moglie. Il sarcofago è in marmo ed è considerato tra i migliori esempi di scultura funeraria italiana, in equilibrio tra Gotico e Rinascimento (1407).



Da ammirare anche La Madonna in trono col Bambino e santi, dipinto a tempera su tavola di quercia (170x160 cm) di Domenico Ghirlandaio, databile al 1479 circa.



domenica 15 aprile 2018

Da Altopascio a San Miniato

domenica 16 aprile 2018 - Il mio cammino

E’ la tappa n. 28 della via Francigena e parte dalla chiesa di San Jacopo in quel di Altopascio, per giungere sino a San Miniato, al Convento di San Francesco.

Sono ventinove chilometri in un paesaggio verde e interessante che si sviluppa sulla via Lucchese-Romana e incontra a Galleno una strada medievale, splendido selciato millenario.

Sul percorso si trova il Termine in Pietra n.13 dell’antica via Francesca, la vecchia Francigena e subito dopo una antica osteria, il ponte sul rio Greppi, prima di arrivare a Ponte a Cappiano e attraversare un ponte mediceo medievale fortificato. 

A Fucecchio, per una sosta dovuta in piazza Vittorio Veneto, si può ammirare il Palazzo del Podestà, l’antica collegiata di San Giovanni Battista e la Chiesa di San Salvatore. 

Si attraversa quindi l’Arno sul ponte Bonfilii per arrivare a San Miniato Basso e qui lo sguardo invoca il castello di Federico II di Svevia, del 1218, come stimolo per gli ultimi chilometri di dura salita sino alla meta. 

Partiti alle 10:30 e arrivati, stanchi ma felici, alle 17:30.

Altopascio - San Jacopo 

Galleno - Strada medievale

Termine in Pietra n.13
Ponte sul rio Greppi


Ponte a Cappiano






Fucecchio - Fondazione Montanelli Bassi
Fucecchio - Collegiata di San Giovanni Battista
Fucecchio - Museo Civico




San Miniato - Castello di Federico II
San Miniato - Convento di San Francesco