giovedì 29 dicembre 2016

Il medico di campagna di Thomas Lilti

giovedì 29 dicembre 2016 - Andiamo al Cinema


Questo film è un’opera dedicata a quei dottori, cavalieri solitari delle zone rurali, ormai scomparsi, votati al paziente e che si spostano, ascoltano, auscultano, confortano, alleviano, sostengono, accompagnano dimostrando una conoscenza intima dei loro assistiti, forgiata da una relazione di fiducia e prossimità. 

Ma è anche un film che non decolla, non ha guizzi di entusiasmo, pur con tanta carne al fuoco e non concede nemmeno un piacevole e banale innamoramento dei protagonisti, che fino alla fine, inconcludente, comunicano tra loro con il “lei” professionale.

Due le scene degne di nota: il ballo country e l'occupazione in massa dell'ambulatorio da parte della famiglia Rom. Toccante l'episodio del ragazzo che "ricorda tutto della guerra 14-18" con la disponibilità all’ascolto della nuova dottoressa. 

Buona la prova dei due protagonisti: François Cluzet (Quasi amici) e Marianne Denicourt (Una per tutte).

E’ il film che tutti i medici dovrebbero vedere! Un’antico mestiere che non c’è più, ormai relegato ad orari striminziti da impiegati statali, a deleghe e rimandi agli ospedali o a piaceri e favori che implicano amicizia e fiducia.

mercoledì 28 dicembre 2016

Quanto manca alla meta? Tu cammina e non pensarci!

mercoledì 28 dicembre 2016 - Sensi e Sensazioni 

Non ha senso e di certo non aiuta chiedersi quanto manca alla meta!

La “meta” è la totale libertà, prerogativa degli dei e degli umani che la perseguono attraverso il mistero, la scoperta, il confronto, la conoscenza. 

Queste le emozioni di un viaggio. I momenti in cui ci si sente “vivi”, nel bene e nel male. Un viaggio è, per sua stessa natura, una scelta, uno stile, un modo di intendere la vita.

E ha senso invece cominciare a camminare. 


Roncisvalle - giugno 2014

Hornillos del Camino - maggio 2015

Arcos - luglio 2015

Castro Urdiales - luglio 2016 






martedì 27 dicembre 2016

Il Diluvio e L’arca di Noè

martedì 27 dicembre 2016 - Sensi e Sensazioni 

Ponte Fabricio - Roma - foto Valter
E mentre salivano gli animali
Noè vide nel cielo un grosso nuvolone 
e goccia dopo goccia a piover cominciò:
"Non posso più aspettare l'arca chiuderò."

Ci son due coccodrilli e un orango tango,
due piccoli serpenti e un'aquila reale,
il gatto, il topo, l'elefante: non manca più nessuno;
solo non si vedono i due leocorni.


FUORI dell’arca la gente continuava a fare le stesse cose di sempre. Ancora non credevano che sarebbe venuto il Diluvio. Forse ridevano più del solito. Ma presto smisero di ridere.

Presto tutte le pianure furono coperte. L’acqua divenne come enormi fiumi. Sradicava alberi e faceva rotolare grossi massi di pietra, con grande frastuono. La gente aveva paura. Si arrampicava sulle parti più alte. Oh, come sarebbe stato meglio aver ascoltato Noè ed essere entrati nell’arca quando la porta era ancora aperta! A quel punto però era troppo tardi.

L’acqua continuava a salire sempre più. Per 40 giorni e 40 notti l’acqua si riversò dal cielo. Salì fino a coprire anche le montagne più alte. Quindi, proprio come Dio aveva detto, tutte le persone e gli animali che erano fuori dell’arca morirono. Ma tutti quelli che erano dentro furono salvi.

Il Diluvio Universale - Michelangelo - Cappella Sistina

La storia biblica fu redatta intorno al 500 a.C., dopo che gli Israeliti avevano fatto ritorno nella Mesopotamia occidentale, dopo gli anni trascorsi in cattività babilonese. 
Sicuramente gli autori della Bibbia conoscevano bene il mito autentico, quello sumero-babilonese molto più antico. Lo inserirono nella loro raccolta di scritti sacri opportunamente modificato. E fu allora che le divinità mesopotamiche divennero un unico dio: Jahve.

Sin dal 1872 sappiamo che le origini della leggenda del diluvio sono da ricercarsi negli annali regi di Sumer. Era stato il sumerologo George Smith a scoprire queste tavolette d’argilla nell’archivio del British Museum di Londra. Appartenevano all’antica biblioteca del palazzo di Ninive, situato nell’odierno Iraq. La scoperta di Smith fece talmente scalpore, che il giornale inglese Daily Telegraph finanziò una nuova spedizione archeologica nel luogo in cui era sorta un tempo l‘antica Ninive, allo scopo di portare alla luce ulteriori reperti. Si trovarono altre tavolette e con esse un’altra, ancor più antica, versione del mito.

Miss Peregrine - La casa dei ragazzi speciali di Tim Burton

martedì 27 dicembre 2016 - Andiamo al Cinema


Era dai tempi di “Big Eyes” che non incontravo ancora questo regista. 

La storia, eterna lotta tra bene e male e buoni contro cattivi, forse non del tutto fantastica, ci permette di pensare che chiunque, volendo, è in grado di scoprire chi è realmente, e di quali capacità è dotato, e decidere in quale dimensione vivere.

Lo scorrere della trama porta al naturale confronto con gli X-Men della “scuola per giovani dotati” e il capire lo sviluppo si fa abbastanza difficile per i più giovani in sala, comunque un discreto film fantasy, non particolarmente straordinario, ma piacevole.

Interessante la scena della stanza della nave sommersa e il finale col duello degli scheletri.

La vera domanda da porsi all’uscita dal cinema però è: “E’ solo fantasia o arriveremo un giorno a saltare veramente da un anello temporale a un altro”?


giovedì 22 dicembre 2016

Perché la politica ha bisogno di un’élite - di Giovanni Orsina

giovedì 22 dicembre 2016 - Pensieri e parole da condividere

La spiegazione migliore della catastrofe del Movimento Cinque Stelle al Comune di Roma ce l’ha data quasi cent’anni fa il grande filosofo spagnolo José Ortega y Gasset. 
«È un errore madornale», scriveva Ortega nel 1922, saltare dal fallimento di un’élite alla conclusione che si possa fare del tutto a meno di qualsiasi élite, in virtù magari di «teorie politiche e storiche che presentano come ideale una società esente di aristocrazia». «Poiché questo è positivamente impossibile», concludeva il filosofo, «la nazione accelera la sua parabola di decadenza».  

L’ascesa del Movimento 5 stelle è il frutto della convinzione, condivisa da tanti nostri concittadini, che non una, ma almeno tre classi politiche abbiano fallito: i partitocrati, gli imprenditori e i tecnocrati. Si potrebbe discutere a lungo dell’entità di questi fallimenti, e ancor più di quanto equanimi siano stati gli italiani nel pronunciare il proprio verdetto. O quanto invece non abbiano sfogato nella condanna la propria insoddisfazione per una congiuntura storica della quale, in realtà, quelle classi politiche sono responsabili soltanto in parte. Equanime o iniquo che sia, a ogni modo, è evidente che un pezzo importante del Paese di quelle tre classi politiche non vuole più sentir parlare. 

Miracolato da questo triplice fallimento, il Movimento non s’è preso la responsabilità di presentare all’Italia una nuova élite, ma ha proposto – appunto – «una società esente di aristocrazia». L’accelerare della «parabola di decadenza» della sventurata città di Roma, trovatasi non senza demeriti a far da cavia alla miracolosa panacea grillina, mette oggi in piena luce fino che punto questa medicina sia non soltanto inutile, ma dannosa. 

I meccanismi di selezione «dal basso» del M5s, innanzitutto, a Roma hanno funzionato in maniera pessima: candidata grazie alle 1764 preferenze raccolte nelle primarie online (ma gli elettori romani sono più di due milioni), Virginia Raggi s’è dimostrata manifestamente inadeguata al ruolo. La sua manchevolezza è stata poi amplificata da quella d’un Movimento nel quale, a quel che sembra, le ambizioni in conflitto sono tanto abbondanti quanto scarsa è la fiducia reciproca. Caratteri questi che proprio il rifiuto di dotare il M5s d’una gerarchia interna stabile, chiara e trasparente non può che perpetuare – anzi, amplificare. 

Da questa duplice inadeguatezza, dall’assenza di esperienza, dall’isolamento politico e sociale, è derivata l’incapacità dell’amministrazione capitolina perfino di mettere in piedi una squadra di governo, in sei mesi, fra dimissioni continue e interventi della magistratura. Mentre nel frattempo – poiché, come dice Ortega, vivere senza un’aristocrazia è impossibile – il Movimento che rifiuta le élite rimane sotto il ferreo controllo di un’oligarchia ristrettissima della cui compatibilità con un assetto democratico è lecito dubitare molto seriamente. Così che, in conclusione, la Capitale d’Italia è finita commissariata dal duo Grillo-Casaleggio. 
Che lezione dovremmo trarre da tutto questo? Che la presenza di un’élite è condizione necessaria – ancorché non sufficiente – di un’azione politica e amministrativa minimamente sensata. E che un’élite non è un insieme casuale di persone più o meno competenti selezionate sul web o spulciando curricula, ma una creatura storica complessa e delicata, che per nascere e svilupparsi ha bisogno di tempo, risorse, regole, fiducia, valori e linguaggi condivisi. Un’élite assomiglia insomma parecchio a quella cosa detestabile che chiamiamo «casta»: non è facile distinguere l’una dall’altra, tanto gli aspetti positivi dell’élite e quelli negativi della casta sfumano gli uni negli altri. 

Negli ultimi due decenni abbiamo gettato via il bambino con l’acqua sporca: per odio verso le caste, abbiamo distrutto le élite e i luoghi nei quali potevano formarsi. A tal punto che oggi non troveremmo un’élite politica neppure a volerla. Continuiamo così a chiedere risposte alla politica proprio mentre la priviamo degli strumenti per darcele. E ci affidiamo all’antipolitica, che di quegli strumenti s’illude di poter fare a meno. E perciò fallisce. 

La Stampa, 22 dicembre 2016

martedì 20 dicembre 2016

Francesco Hayez e Carolina Zucchi

martedì 20 dicembre 2016 - Sensi e Sensazioni 

Francesco Hayez (Venezia, 10 febbraio 1791 – Milano, 11 febbraio 1882), viene ricordato dai più come il pittore dei “baci”, ma fu il massimo e più accreditato esponente del Romanticismo in Italia.

Francesco Hayez - Il bacio - 1859
Francesco Hayez - L'ultimo bacio di Giulietta e Romeo - 1823
Soffocato sia dai controlli che dagli interventi di censura predisposti dai Borbone, dagli Asburgo e dallo Stato Pontificio, fu un artista innovatore e poliedrico e molte sue opere contengono un messaggio politico risorgimentale nascosto.

Giuseppe Mazzini, l'ideologo dell'epopea risorgimentale, ribadì l'originalità di Hayez, asserendo che “la sua ispirazione emana direttamente dal Genio”.

Una sua peculiarità di stile fu l’audace realismo che spesso suscitò scandalo.

Carolina Zucchi era un'artista e litografa milanese che, nel salotto del padre, frequentato da tutti gli artisti meneghini, tra cui Donizetti e Bellini, conobbe Hayez e ne diventò allieva e modella. Si innamorò del proprio mentore dopo aver sperimentato con lui giochi erotici che riportò nelle sue “Memorie” e che il pittore raffigurò in alcuni disegni.

Dalle “Memorie” di Carolina Zucchi:
Tutti mi consideravano malata, ma la mia malattia era l’amore”.

Francesco Hayez - Ritratto di Carolina Zucchi a letto o La malata - 1825

La prima volta che Francesco infilò la sua lingua tra le mie gambe ho sentito un brivido corrermi lungo la schiena. Non credevo che quella intrusione nel mio corpo sarebbe stata così piacevole, ma ho scoperto invece di possedere un tesoro nascosto tra le mie gambe, protetto da un fitto boschetto, che celava i miei gioielli segreti come l'aveva chiamati Diderot nel secolo precedente. Ho imparato che tra le mie gambe si nascondeva la fonte del mio piacere, anzi di tante differenti sensazioni, piacevoli e nello stesso tempo sconvolgenti, che bastavano le giuste carezze a suscitare e Francesco sapeva come prendermi e come accendere il mio desiderio. Sapeva come stimolare le mie labbra calde e umide, ma anche come spingersi fin a fondo ed esplorare la mia femminilità e così per ricambiarlo anch'io volli assaggiare la consistenza e il sapore del suo membro e lo accolsi nella mia bocca. La prima volta ero incerta ed emozionata, ma Francesco mi incoraggiò, appoggiandomi una mano sulla testa e, accarezzandomi dolcemente sui capelli, e così presi coraggio e succhiai il suo membro grande e turgido...”.
Francesco Hayez - Drawing

lunedì 19 dicembre 2016

sabato 17 dicembre 2016

Roma - One Night and One Day

sabato 17 dicembre 2016 - Sensi e Sensazioni

In una serata tiepida e serena, in compagnia di Valeria, è piacevole passeggiare per la capitale e se la crisi si incrocia nella parca illuminazione natalizia, le molteplici bellezze storiche e artistiche che ti vengono incontro ad abbracciare, ti fanno capire che sei nella città più bella del mondo! 

Ci fermiamo alll’Hostaria Romana verso le ventidue, per una cena tipicamente romana e la notte ci vede al Dorica, un piccolissimo hotel a conduzione familiare, spartano, ma ricco di gentilezza e premure, proprio di fronte all’ufficio del ministro degli interni, tanto per regalarci una sicurezza che di questi tempi non basta mai.
















Poi ti svegli al mattino e il sole caldo e sprezzante della stagione, ti accarezza per una lunghissima passeggiata, ché il cuore si riempie e non si ferma mai di stupire tutti i tuoi sensi.

Da Castel Sant’Angelo, una deviazione per gustare appieno piazza san Pietro che si va riempiendo di fedeli per l’Angelus e poi attraversando ponte Elio, a cercar Trastevere. 

La pausa d’abitudine per un ottimo caffè al Sant’Eustachio, una visita all’omonima chiesa e poi verso l’isola Tiberina, ad immortalare fotograficamente il ponte Fabricio e poi immergersi nella bellezza di piazza  San Bartolomeo.

Ed ecco Trastevere, meta di uno spuntino al Papa Re e di una ripassata ai trigliceridi allo Spaccio Paste.

E’ quasi ora di chiudere questo bel sogno, la giornata di libertà sta giungendo al termine, ripassiamo alcuni punti focali: il Pantheon per un saluto a Raffaello Sanzio e Fontana di Trevi per vedere la “movida” della folla e salire Trinità dei Monti come turisti venuti da chissà dove.

Arrivederci Roma, il piacere dei tuoi luoghi basta a farci felici e siamo pronti a risalire alle nostre nebbie padane.