lunedì 30 settembre 2013

Mi dimetto, ma non condivido


lunedì 30 settembre - Come la penso


Dopo aver dato le dimissioni dal governo, per volere di Berlusconi, i ministri Angelino Alfano, Gaetano Quagliariello, Maurizio Lupi, Beatrice Lorenzin e Nunzia De Girolamo, organizzano nella notte la riunione dei “diversamente berlusconiani” che, pur dando la propria fiducia al loro leader, pensano già a rientrare in un governo “Letta bis”, per “vedere se possiamo creare una nuova formazione” (parole di Quagliarello in un intervista al Messaggero).

Non ne possiamo più! Sono cinque mesi, col governo delle larghe intese, che Berlusconi insegue una sola ragione, quella del suo destino personale e della sua salvezza giudiziaria. 
La decisione di far dimettere i suoi ministri non è solo irresponsabile: è criminale. Lasciare un governo alle prese con importanti questioni irrisolte come l’aumento dell’Iva, la legge di stabilità, l’emergenza economica di migliaia di famiglie e di imprese, è soprattutto la lampante certezza del suo disprezzo per le istituzioni e il suo uso a fini personali della funzione politica.

Mercoledì Il presidente Letta, che tra l’altro mi sembra molto determinato e all’altezza della scabrosa situazione, chiederà la fiducia del parlamento. Se il bluff del Pdl rientrerà deve rientrare solo a certe condizioni, altrimenti lasciamoli andare, senza accanimento terapeutico!

E’ tempo di un governo di scopo, di durata limitata con gli unici obiettivi  della legge di stabilità e della legge elettorale, con chiunque abbia a cuore il futuro dell’Italia. Con nessun vincolo di regali a Berlusconi e ai suoi accoliti. 
Non ci sono altre possibilità.

Poi in primavera si ritorni al voto, con una legge che preveda che chi vince governerà, senza più ricatti, con parlamentari veri rappresentanti del popolo e non usciti da gabinetti di partito o da camere da letto di anziani satrapi.

venerdì 27 settembre 2013

L’Elmo di Don Chisciotte di Stefano Bartezzaghi


venerdì 27 settembre 2013 2012 - Sensi e sensazioni

Non so se capita anche a voi, ma quando leggo un libro che mi “prende”, nasce immediatamente e profondamente una gran voglia di condividerlo con qualcuno. Allora passo in rassegna tutti, ma proprio tutti gli amici e conoscenti che ho, anche quelli più giù in classifica, per scoprire chi potrei coinvolgere in quella lettura per me così appassionante. 
Ma il dubbio è sempre dietro l’angolo, perchè un libro, o meglio il suo contenuto; ti può entusiasmare per il genere, con la trama, con i personaggi, per le assonanze con la tua vita, per infiniti altri motivi, anche strettamente personali e il desiderio di trovare le “anime gemelle” si può affievolire.


Ma quando un libro inizia così:

“La creatività
è il riscatto dal grigiore;
è l’eden perduto, ma forse non per sempre;
è il divertimento nel lavoro;
è l’estro contro le abitudini;
è la saggezza nella trasgressione;
è l’arma finale dell’intelligenza contro la noia...”

Noi che siamo “strani”, che siamo “oltre”, che siamo “creativi”, non possiamo non possederlo, leggerlo, amarlo e farne una delle tante nostre “bibbie”!

giovedì 26 settembre 2013

La ricetta azzardata e Capunti


giovedì 26 settembre 2013 - Sensi e Sensazioni

Quando ti salta l’idea di “creare” un nuovo piatto, la parte più difficile sta nel trovare chi lo può condividere con te, senza annientartelo al primo assaggio. La panacea al rischio è quella di invitare amici fidati, troppo buoni per anche solo tentare cenni a stroncare il tuo hobby.

Ieri sera, poco tempo e all’ultimo momento, intorno alla tavola solo quattro persone, diversamente esperte, per gustare questo primo piatto, veloce, prodromo e sincero, che vorrei condividere.

Capunti con salmone selvaggio al profumo di scorzone
  
Ingredienti:
500 gr. di Capunti, 100 gr. di salmone rosso dell’Alaska, uno scorzone della val d’Illasi, uno spicchio d’aglio, un mazzetto di prezzemolo, un peperoncino piccante, olio evo e sale q.b.

Capunti sono realizzati con le migliori qualità di semola di grano duro prodotte rigorosamente in Puglia. La forma ovale convessa permette a questo tipo di pasta di integrarsi perfettamente con diverse salse. 


Il Salmone Selvaggio dell’Alaska nasce nelle acque cristalline dei fiumi e dei ruscelli dell'Alaska e migra verso l’Oceano Pacifico e il mare di Bering, dove vive e cresce lontano dall'inquinamento, alimentandosi di gamberi, aringhe e calamari.
Si distingue per il colore rosso intenso della sua carne, più compatta di quella delle altre specie. E’ molto apprezzato soprattutto per la affumicatura a freddo che gli conferisce colore, consistenza e sapore eccezionali. E’ apprezzato per le sue eccezionali qualità organolettiche completamente diverse dalle altre specie di salmone.

Lo Scorzone dell’alta val d’Illasi è un tartufo nero, il cui nome deriva dalla caratteristica scorza ruvida e verrucosa. In esso sono racchiusi tutti gli aromi dei nostri boschi, e all'olfatto l'odore è intenso e delicato. 
Anche se meno pregiato dei fratelli bianco e nero è ugualmente apprezzato, sia per il prezzo abbordabile, sia per la versatilità di utilizzo in cucina.

Preparazione:
Versare in una terrina l’olio e aggiungere l’aglio abbondantemente schiacciato e il peperoncino, lasciandoli macerare. 
Pulire il tartufo e grattugiarne la parte nera nell’olio. 
Preparare a parte il trito di prezzemolo e tagliare il salmone a sottili listarelle.
Versare i capunti in abbondante acqua salata, qualche istante prima dell’ebollizione. 
Dopo circa 13-15 minuti, controllarne la cottura al dente, scolarli e mescolarli nella terrina, dopo aver tolto lo spicchio d’aglio e il peperoncino.
Aggiungere il prezzemolo e il salmone e amalgamare ulteriormente. 
Impiattare, affettando il tartufo rimanente a scaglie sul piatto di ogni commensale.
E... Buon appetito


mercoledì 25 settembre 2013

Voghera e il Castello Visconteo


domenica 22 settembre 2013 - Sensi e Sensazioni

La mostra “Islanda, racconto di un fotografo naturalista”, di Enrico Chiaravalli, che esponeva una sessantina di immagini molto coinvolgenti, è stato il motivo scatenante che ci ha portati in questa roccaforte, ennesimo tesoro di cultura, storia e tradizione italiana.

In una struttura fortificata particolarmente suggestiva, sorto all’epoca dei Berengari ovvero in un periodo compreso fra l’888 e il 950 è divenuto dimora di Galeazzo Visconti nel 1372. Successivamente nel corso dei secoli, fu residenza di diverse famiglie nobili, dagli Sforza ai Gonzaga. Sotto Carlo Emanuele III, la città diviene provincia e il castello trasformato in ufficio fiscale e sede della magistratura. Comincia poi un periodo di degrado e nel XIX° secolo viene adibito a penitenziario. I vari tentativi di recupero nel Novecento culminano nel 1952, quando verrà utilizzato come sede del Museo Civico e di altri Enti Culturali dell’Oltrepò.







Lo scalone che porta al piano nobile.

La nicchia con raffigurata una Madonna con Bambino, ricoperto da numerose ferite sanguinanti, iconografia rarissima.

In una sala, “lo Studiolo delle Muse”, si possono ammirare brani di affreschi attribuiti al Bramantino.


Vista dal castello verso il Duomo.

martedì 24 settembre 2013

Rivanazzano e Arnaldo Calanca


domenica 22 settembre 2013 - Sensi e Sensazioni

Siamo a Rivanazzano Terme, in provincia di Pavia, presso il torrente Staffora nell'Oltrepò Pavese. Un piccolo paese  che però riserva alla cultura, il giusto spazio per capirne l’importanza.




E’ qui che il club fotografico Spazio 53 di Voghera, luogo d’incontro e interscambio tra appassionati e professionisti dell’immagine, ha allestito una mostra di “reperti” fotografici che meriterebbero la loro giusta collocazione in un importante museo a carattere almeno nazionale.







A detta del presidente del circolo, che ne ha curato il restauro, la raccolta e la catalogazione e che ci ha affabilmente ospitato e guidato nell’illustrazione, ci sono “pezzi” di grande prestigio e valore, che hanno determinato tutta la storia della fotografia, dalle origini ai nostri tempi e che meriterebbero di essere apprezzati e soprattutto “amati” non solo da chi li ha potuti conoscere e usare, ma anche dalle nuove e digitalizzate generazioni.


Non colui che ignora l'alfabeto, bensì colui che ignora la fotografia sarà l'analfabeta del futuro”. 
Laszlo Moholy-Nagy

Bra e Cheese


sabato 21 settembre 2013 - Sensi e Sensazioni

Nel territorio di Langa e Roero, splendida cornice della rassegna, un sabato sera a Bra fra gli stand della nona edizione di Cheese, la fiera internazionale dei formaggi.


Una città invasa da un’enorme folla proveniente da tutto il mondo, per un viaggio fra tradizione e gastronomia. E qui il formaggio la fa veramente da padrone, come protagonista incontrastato. Ci si deve assolutamente abbandonare alla vista, all’odorato, all’assaggio, alla degustazione, all’estasi del palato. Non tanto semplice, per chi si affaccia per la prima volta, capire il meccanismo del coinvolgimento alla degustazione, ma subito dopo, con in mano la guida, ci si sente padroni della situazione e si affrontano gli assaggi. 150 i formaggi presenti nella Gran Sala e oltre 800 etichette dell'Enoteca, ma per tutto il paese chi voleva incontrare produttori e leccornie in arrivo da tutto il mondo c’erano, a disposizione, il Mercato dei Formaggi, la via degli Affinatori e le bancarelle dei Presidi Slow Food, chioschi delle Cucine di Strada, la Piazza della Pizza e quella della Birra.









“Il Paese senza Scilipoten” di Massimo Gramellini


martedi 24 settembre 2013 - Pensieri e parole da condividere

Viste da qui, le elezioni tedesche sono state un fenomeno paranormale. Alle sei le urne erano chiuse, alle sei e un quarto si sapeva già chi aveva vinto, alle sei e mezza Merkel si concedeva un colpo di vita e stiracchiava le labbra in un sorriso, alle sette meno un quarto il suo rivale socialdemocratico riconosceva la sconfitta e alle sette tutti andavano a cena perché si era fatta una cert’ora.  

Qualsiasi paragone con le drammatiche veglie elettorali di casa nostra – gli exit poll bugiardi, le famigerate «forchette», le dirette televisive spalancate sul nulla, le vittorie contestate o millantate e la cronica, desolante assenza di sconfitti – sarebbe persino crudele.  

La diversità germanica rifulge ancora di più il giorno dopo. Pur stravincendo, Merkel ha mancato la maggioranza assoluta per una manciata di seggi. Eppure non invoca premi di maggioranza o altre manipolazioni del responso elettorale e si prepara serenamente ad aprire le porte del potere a uno dei partiti perdenti: socialdemocratici o Verdi. I cittadini tedeschi, di destra e di sinistra, paiono accogliere questa eventualità senza emozioni particolari. Nessun giornalista «moderato» grida al golpe. Nessun intellettuale «progressista» raccoglie firme per intimare ai propri rappresentanti di non scendere a patti con il nemico. Nessun Scilipoten eletto con l’opposizione si accinge a fondare un partito lillipuziano per balzare in soccorso della vincitrice. Né alla Merkel passa per l’anticamera del cervello e il risvolto del portafogli di trasformare il Parlamento in un mercato, agevolando il passaggio nelle proprie file dei pochi deputati che le basterebbero per governare da sola.  

Nelle prossime settimane, con la dovuta calma, i due schieramenti si incontreranno. Ci sarà una discussione serrata sulle «cose» e si troverà un compromesso nell’interesse del Paese. Nel frattempo il capo sconfitto della Spd avrà già cambiato mestiere, anziché rimanere nei paraggi per fare lo sgambetto al suo successore. E alla scadenza regolare della legislatura si tornerà al voto su fronti contrapposti (e con due ottime candidate donne, probabilmente: la democristiana Ursula von der Leyen e la socialdemocratica Hannelore Kraft).  

La saggezza popolare sostiene che i tedeschi amano gli italiani ma non li stimano, mentre gli italiani stimano i tedeschi ma non li amano. Ci deve essere del vero. Ma ieri, oltre a stimarli, li abbiamo invidiati un po’. Qualcuno dirà: troppo facile, loro possono coalizzarsi in santa pace perché nel principale partito del centrodestra hanno una Merkel, mica un Berlusconi, e in quello del centrosinistra gli ex comunisti sono spariti da un pezzo, a differenza dei presunti smacchiatori di giaguari. Anche in questa obiezione c’è del vero. Infatti è sbagliato dire che li invidiamo un po’. Li invidiamo tantissimo.  

La Stampa, 24 settembre 2013

sabato 21 settembre 2013

Pollenzo e Coliseo


sabato 21 settembre 2013 - Sensi e Sensazioni

L’anfiteatro è il monumento più famoso di Pollentia. Sulle sue rovine fu costruito a partire dalla fine del Settecento un borgo di case rustiche dal caratteristico andamento ellittico e dal nome evocativo di Colosseo o Coliseo, il quale conserva nei cortili coltivati ad orti e a giardini, il perimetro dell’arena, e nelle cantine i resti delle murature antiche. Esso rappresenta un interessante fenomeno di riuso di questo tipo di edificio, che trova confronto ad esempio a Lucca, nella medievale piazza del Mercato. Sorgeva fuori dal perimetro urbano, in prossimità di sepolture, ed era fiancheggiato dal tratto del decumano massimo in uscita dalla città (attuale via Regina Margherita).


L’edificio che aveva dimensioni notevoli, fu costruito nella seconda metà del I° d.C. e rimase in uso almeno fino agli ultimi decenni del IV° secolo. La cavea, destinata ad ospitare oltre 10.000 spettatori, misurava m 132 x 98. Sono state individuate di recente, nelle cantine di case private, alcune murature superstiti del teatro e del tempietto, probabilmente dedicato a Bacco, al centro del quadriportico retrostante la scena.





Passeggiando lungo le vie appoggiate sulle strutture di fondazione del colosseo, che attraversano il nucleo più antico dell'abitato, si ha l’impressione di respirare la nostra antica storia e di rivedere i fasti e le imprese di un popolo, quello romano, che ancora oggi ci stupisce sempre nel riscoprire tracce di una civiltà che ha raggiunto i confini più lontani del mondo allora conosciuto.  

Cuneo - Pollenzo


sabato 21 settembre 2013 - Andar per Città

Fermarsi a Pollenzo per chi gira il Piemonte, è d’obbligo! Ma subito ben ripagato dalla meravigliosa ospitalità di questo piccolo paese e dai gioielli architettonici che può offrire.

La romana Pollentia, fondata nel II° secolo a.C e già citata da Plinio, nel 402 sconfisse le truppe dei Visigoti comandate da Alarico.
Il re di Sardegna Carlo Alberto di Savoia promosse una grande trasformazione del borgo di Pollenzo e del castello omonimo tra il 1832 ed il 1848. In questi anni numerosi artisti si avvicendarono per dare quell’immagine medievaleggiante del borgo, con la piazza con fontana e la chiesa di San Vittore goticheggianti, la cascina Albertina, il castello e, fondamentalmente, l’Agenzia Carlo Albertina.

Un importante progetto è stato avviato dal 2000, grazie all’idea, promossa da Slow Food, di recuperare e restituire ad un utilizzo pubblico quel complesso architettonico. Oggi l’Agenzia ospita la sede dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, la Banca del Vino, Il Ristorante e l’Albergo dell’Agenzia.