martedì 30 ottobre 2012

"Se si saldano Antivoto e Non voto" di Elisabetta Gualmini


martedi 30 ottobre 2012 - Pensieri e Parole da condividere

Il significativo calo della partecipazione al voto registrato nelle regionali siciliane e l’affermazione impetuosa del Movimento 5 Stelle, dopo la marcia altrettanto trionfante nei Comuni del Nord durante le amministrative della scorsa primavera, sono due facce della stessa (minacciosa) medaglia. Il non voto e l’antivoto.  

Due modi per ritirare la delega a una politica che non convince più e che ha lasciato dietro di sé disillusioni, sconforto e rassegnazione. Due tendenze che vanno nella stessa direzione: scansare un sistema di partiti che pare logoro e inefficace, incapace di ridurre l’abisso che lo separa da cittadini esasperati. 

L’affluenza al voto è certamente diminuita, lungo una linea di tendenza già evidente a una lettura delle serie storiche relative ai due tipi di elezioni (le regionali e le europee) che i politologi accomunano considerandole entrambe «di secondo ordine», cioè elezioni politiche depotenziate. Il semplice confronto con le regionali del 2008 è infatti parzialmente fuorviante. In quell’anno si era assistito a un imprevisto sussulto della partecipazione (66,7%), forse dovuto al fatto che si votò anche il lunedì. Il crollo, sotto la soglia critica del 50%, d’altro canto si era già verificato alle europee del 2009. Se si confronta il dato di ieri l’altro (47,4%) con quello del 2006 (59,2%), più in linea con la tendenza dell’ultimo quindicennio, il calo è meno marcato (11% di votanti in meno), già visto alle europee, ma comunque davvero molto consistente. 

Tanto consistente che tutti i dati sulla «vittoria» dei partiti vanno ridimensionati. Il Pd, seconda forza politica dell’Isola che esprime il presidente eletto, ha ottenuto il consenso di meno del 7% degli elettori siciliani. E ha perduto per strada ben oltre il 35% di quanti lo votarono nel 2008, quando era all’opposizione, arrivato molto, molto dietro al PdL. Per non parlare ovviamente di quest’ultimo, praticamente scomparso. 

L’unica forza politica veramente in crescita è il Movimento 5 Stelle. Che però è, per l’appunto, l’altra faccia della separazione dalla politica. Con un capo-popolo, Grillo, che invoca una «rivoluzione culturale» («Se cambia la Sicilia, cambia l’Italia») con messaggi spicci e ipersemplificati, come il più navigato dei leader populisti: «Se andiamo al governo, ci mettiamo lì e discutiamo su tutto»; «se svalutassimo la vecchia liretta, in una notte risolveremmo». Spacca-record nel richiamare le folle, sia quelle in carne e ossa che il popolo dei loggati, con sullo sfondo truppe (stridenti) di aspiranti baby amministratori, dalla faccia pulita e rassicurante. Una forza politica anomala, sempre più partito e sempre meno movimento. Se dunque ai 2.203.885 elettori confluiti nella già vasta categoria degli astensionisti (cronici o intermittenti) si aggiungono i votanti del Movimento 5 Stelle si raggiunge una quota esorbitante di cittadini che oggi stanno alla finestra. Ma con la fionda armata in mano. 

Una tale presa di distanza dalla politica tradizionale può essere interpretata attraverso due diverse chiavi di lettura. Dalla parte della domanda o dell’offerta, dei cittadini o dei partiti (Corbetta e Tuorto 2004). Secondo la prima prospettiva, sarebbe il cambiamento nelle aspettative degli elettori a spiegare la fuga dal voto. Cittadini più istruiti e informati, incuranti delle appartenenze politiche del passato, che si mobilitano o smobilitano secondo interessi precisi e programmi da realizzare. Cittadini «critici» e consapevoli che pongono domande sempre più esigenti a chi intende governare. Secondo l’altra prospettiva è l’inadeguatezza dell’offerta, qui ed ora, dei partiti, a respingerli. La prima tesi ha un suo fondamento, ma non spiega un aumento così veloce e repentino del non voto e dell’anti-voto. Il problema principale sembra invece essere quello di una proposta politica usurata che deve urgentemente cambiare. I partiti lo devono capire (se non lo hanno capito sino da ora). In caso contrario, il risultato delle prossime elezioni politiche potrebbe assomigliare molto di più di quanto non si immaginasse qualche settimana fa allo sconquasso siciliano, nonostante la vittoria del Pd. E questo preoccupa. Moltissimo. 

La Stampa, 30 ottobre 2012 

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