maggio 2010 - Sensi e Sensazioni
Sulla strada per Tozeur, in pieno Chott e sotto un sole di una quarantina di gradi, la routine della pedalata, dopo quattro ore, richiedeva qualcosa di stimolante per evitare che i mille pensieri lasciati a casa, prendessero il sopravvento sul fascino e l’incanto del paesaggio.
Girando la testa a sinistra per immergermi ancora nello spettacolo di quella distesa di sale bianco e accecante, intravvedo una sagoma indefinita, nera e immobile, resa evanescente dal calore che si sviluppa in lontananza e si alza, come tremula fiamma, dal crostoso terreno.
A quella distanza, almeno tre o quattro chilometri, potrebbe essere qualsiasi cosa, attira l’attenzione la linea bianca dell’orizzonte, offuscata da questa visione. La mia vista non permette alla mente di essere più precisa e lascia solo alla fantasia trovare una risposta.
Prima di partire per questa tappa, ci avevano avvertiti: la possibilità di miraggi è molto frequente sul lago salato e le stesse guide turistiche la confermano come peculiarità del deserto interessante e da ricercare.
Resta il fatto che anche Paolo e Giancarlo, avvisati dalle mie grida, riescono a individuarlo e, dotati di lenti naturali molto più potenti delle mie, sollevano l’ipotesi di un pullman di turisti, che però resta immobile, non lascia scia di polvere ed è assolutamente fuori dalle piste praticabili.
Decidiamo, con un immediato sguardo d’intesa, di farci carico di questa scoperta e, appena la pista ce lo consente, deviamo a novanta gradi e incuriositi cominciamo a pedalare di buona lena, verso quell’ inaspettato e nuovo obiettivo.
Ammetto che in quel silenzio naturale, qualsiasi apparizione inaspettata diventa motivo per far salire l’adrenalina e farti sentire ad un passo da una grande emozione. Il viaggio ci aveva già regalato diversi motivi per stupirci e farci superare i momenti di difficoltà, ma come creature mai sazie, ci tuffiamo in quella piccola avventura, ben sapendo che, anche il ritardo di solo un’ora avrebbe portato un’ulteriore possibilità di sofferenza per la temperatura che via via stava segnando rosso proibitivo. Dopo alcuni minuti, si comincia a delineare il profilo di un autobus e dopo altri dieci, siamo accanto alla carcassa di quello che potrebbe essere stato il mezzo di trasporto di qualche comitiva estrosa, giunta come noi sino a quel punto e che per un motivo qualsiasi, ha dovuto abbandonare il mezzo in balia del suo destino.
Poi, il tempo, i vandali, la natura e chi ha trovato il modo di recuperare pezzi ancora utilizzabili, ha lasciato, in balia del destino quella carcassa, che portava già i segni di un lungo tempo trascorso all’adiaccio. Ma il solito bambino che c’è in tutti noi, ha dato subito sfogo alla nostra fantasia e lasciate per alcuni minuti le nostre bici, fedeli compagne di viaggio, ci siamo buttati a capofitto ad interpretare ruoli che il momento e il gioco ci imponevano. E’ stata una manciata di minuti di regressione allo stato infantile, senza vergogna e senza pudore, ma una mezz’ora spesa veramente bene.
Sulla strada per Tozeur, in pieno Chott e sotto un sole di una quarantina di gradi, la routine della pedalata, dopo quattro ore, richiedeva qualcosa di stimolante per evitare che i mille pensieri lasciati a casa, prendessero il sopravvento sul fascino e l’incanto del paesaggio.
Girando la testa a sinistra per immergermi ancora nello spettacolo di quella distesa di sale bianco e accecante, intravvedo una sagoma indefinita, nera e immobile, resa evanescente dal calore che si sviluppa in lontananza e si alza, come tremula fiamma, dal crostoso terreno.
A quella distanza, almeno tre o quattro chilometri, potrebbe essere qualsiasi cosa, attira l’attenzione la linea bianca dell’orizzonte, offuscata da questa visione. La mia vista non permette alla mente di essere più precisa e lascia solo alla fantasia trovare una risposta.
Prima di partire per questa tappa, ci avevano avvertiti: la possibilità di miraggi è molto frequente sul lago salato e le stesse guide turistiche la confermano come peculiarità del deserto interessante e da ricercare.
Resta il fatto che anche Paolo e Giancarlo, avvisati dalle mie grida, riescono a individuarlo e, dotati di lenti naturali molto più potenti delle mie, sollevano l’ipotesi di un pullman di turisti, che però resta immobile, non lascia scia di polvere ed è assolutamente fuori dalle piste praticabili.
Decidiamo, con un immediato sguardo d’intesa, di farci carico di questa scoperta e, appena la pista ce lo consente, deviamo a novanta gradi e incuriositi cominciamo a pedalare di buona lena, verso quell’ inaspettato e nuovo obiettivo.
Ammetto che in quel silenzio naturale, qualsiasi apparizione inaspettata diventa motivo per far salire l’adrenalina e farti sentire ad un passo da una grande emozione. Il viaggio ci aveva già regalato diversi motivi per stupirci e farci superare i momenti di difficoltà, ma come creature mai sazie, ci tuffiamo in quella piccola avventura, ben sapendo che, anche il ritardo di solo un’ora avrebbe portato un’ulteriore possibilità di sofferenza per la temperatura che via via stava segnando rosso proibitivo. Dopo alcuni minuti, si comincia a delineare il profilo di un autobus e dopo altri dieci, siamo accanto alla carcassa di quello che potrebbe essere stato il mezzo di trasporto di qualche comitiva estrosa, giunta come noi sino a quel punto e che per un motivo qualsiasi, ha dovuto abbandonare il mezzo in balia del suo destino.
Poi, il tempo, i vandali, la natura e chi ha trovato il modo di recuperare pezzi ancora utilizzabili, ha lasciato, in balia del destino quella carcassa, che portava già i segni di un lungo tempo trascorso all’adiaccio. Ma il solito bambino che c’è in tutti noi, ha dato subito sfogo alla nostra fantasia e lasciate per alcuni minuti le nostre bici, fedeli compagne di viaggio, ci siamo buttati a capofitto ad interpretare ruoli che il momento e il gioco ci imponevano. E’ stata una manciata di minuti di regressione allo stato infantile, senza vergogna e senza pudore, ma una mezz’ora spesa veramente bene.
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