mercoledì 31 marzo 2021

Il sapere ai nostri tempi

mercoledì 31 marzo 2021 - Pensieri e parole da condividere

 

Prendo spunto da “Lettere a Umberto Galimberti” su Repubblica, dove una signora di 35 anni si lamenta di aver sbagliato percorso universitario (laurea e lavoro in economia) per aver dato retta al genitore, lei che avrebbe voluto fare filosofia, e che si ritrova, per motivi familiari, ad essere disoccupata. Inneggia quindi, con nostalgia, alle società del passato, più civili ed evolute in cui i letterati erano filosofi, matematici, medici e il sapere non era imbottigliato in compartimenti stagni…

 

La risposta di Galimberti, descrive lapidariamente il passato come un mondo di conoscenze limitate dove si poteva passare da un sapere a un altro perché in fondo non si sapeva niente: un filosofo poteva fare il medico, un matematico l’astronomo, un fisico il filosofo. Oggi i saperi hanno raggiunto un livello di specializzazione tale che, per accedervi, è necessaria una frequentazione pluriennale, che non consente di passare da un campo del sapere a un altro… Questa è la ragione per cui quando si sceglie un indirizzo di studi non si deve sbagliare.

 

Già questo potrebbe dar adito a infinite discussioni: quanti ragazzi e ragazze hanno idee chiare sull’indirizzo di studi del loro futuro? 

O affrontano invece il loro percorso scolastico, spronati da familiari, da orizzonti economici, o semplicemente per emulazione o simpatie, per poi, come quella signora, pentirsene nel tempo?

 

Perché non impostare ad esempio la Scuola, o meglio la Società, in modo diverso, pensando magari che il sapere specialistico ha generato un regresso collettivo nella capacità di utilizzare i diversi saperi degli uomini e nell’abilità di usarne diversi contemporaneamente: quello che un tempo si chiamava sapienza!

 

Conclude Galimberti esortando giustamente la lettrice a tornare alla professione già praticata, per almeno arrivare a una indipendenza economica, a un ruolo sociale, a una frequentazione del mondo, vantaggi non da poco, piuttosto che stare in casa a maledire la scelta sbagliata.

 

E questo consiglio è indubbiamente perfetto e senz’altro da condividere, ma è a monte che resta il problema.

 

Dove invece potremmo aprire una discussione, e qui trovarmi perfettamente in linea, sul pensiero di Alessandro Baricco (Mai più, Storie/Idee, Il Post.it)che prospetta un’alternativa al “pensiero ostinato del sapere specialistico”, riferendosi propriamente a questi difficili tempi, citando un greco del V secolo, un monaco medioevale o un erudito del Rinascimento che avrebbero fatto fatica ad accettare che a difenderli da una pandemia potesse essere un virologo che aveva studiato solo virus. Neanche l’idea di un medico, puro e semplice, li avrebbe entusiasmati. Adesso questa posizione ci sembra infantile e perdente, ma solo perché veniamo da almeno due secoli di mitizzazione della scienza. In realtà, quei tre uomini intuivano, ognuno a modo suo, che qualsiasi porzione del reale fa parte di un sistema più complesso e che, l’unico sapere utile è quello capace di muoversi nell’intero sistema, non solo in alcune sue parti. Per un simile modo di intendere il sapere, un medico incapace di conoscere il nome delle piante e riconoscere una bella poesia era poco più che un tecnico scarsamente autorevole. Se la cosa vi sembra immatura, chiedetevi questo: dai vostri attuali arresti domiciliari, cosa dareste perché a orientare le politiche governative di contrasto alla Pandemia ci fossero anche un filosofo, un matematico, un antropologo, uno psicologo, un botanico, un poeta e uno storico?

Io molto. Non potendolo fare, mi prendo almeno la libertà di scrivere qui che il vertiginoso progredire dei saperi specialistici ha generato un regresso collettivo nella capacità di incrociare i diversi saperi degli uomini e nell’abilità di usarne diversi contemporaneamente: quello che un tempo si chiamava sapienza.

Questa capacità, andata per secoli in disuso, adesso è rientrata dalla finestra e sembra essere uno dei tratti dominanti di una certa nuova intelligenza. Il fatto che i filosofi siano tornati a sapere e parlare di piante e di tecnologia, che un copy incapace di fare l’art sia diventato un’inutile complicazione, che i portieri si siano messi a giocare coi piedi e che il mio telefono faccia dei video, dovrebbe suggerire qualcosa.

Evidentemente stiamo alzando il livello del gioco, e quello a cui stiamo pensando è un sapere capace di avere lo sguardo del falco e la pazienza della quercia – la precisione di un bisturi e la memoria di una montagna. Quando lo incontriamo, sappiamo che ci piacerebbe sapere così”.

 

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