giovedì 25 maggio 2017

Bistrot Europa - di Mattia Feltri

giovedì 25 aprile 2017 - Pensieri e parole da condividere

Non avranno il nostro amore e apprendono che non avranno il nostro odio, ha scritto ieri Giuliano Ferrara. In effetti, dopo ogni attentato, ai combattenti jihadisti offriamo un dispiegamento di forze fatto di fiori, cuoricini, dediche a gessetto sul selciato, Imagine di John Lennon cantata in coro, ieri le orecchie da gatto (o coniglietto) di Ariana Grande. Sono tutti gli orpelli dei nostri sentimenti che di metafisico non hanno più nulla.  


Non offriamo né amore né odio perché non siamo più capaci né di vette né di abissi del pensiero, ormai privi di senso del tragico. La nostra letteratura, la nostra musica, la nostra architettura sono esercizi di stile e di armonia, senza febbre della sfida e della grandezza. Siamo diventati intarsiatori di cornici senza dipinto. Scriviamo editoriali per dire che la nostra vittoria sarà non cambiare la nostra vita. Continuare ad andare a teatro, al cinema, al bar, al ristorante, perché è la nostra vita, e nessuna minaccia la deve incrinare.  

È la nostra vita perfetta, non c’è dubbio, finalmente emancipata dalla sete di sangue e di gloria che ha animato l’Europa per millenni. Abbiamo ucciso Dio, fatto le rivoluzioni, codificato i diritti universali dell’uomo. Scriveva Emil Cioran che poi queste idee ci sono venute a noia. «Tenere più alla propria pelle che a un’idea», ecco il segno preciso del declino di vitalità. Scriveva che si medita e si specula nei bistrot a proposito della cottura della bistecca e della rotondità del vino. Non c’è niente di più pacificante. È che poi nei bistrot ci entrano, e sparano. 

La Stampa, 25 maggio 2017

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