martedì 28 febbraio 2023

Les Dieux s'en vont, D'Annunzio reste

martedì 30 agosto 2022– Sensi e Sensazioni 

Eravamo a gironzolare per l’Isola di San Giulio, quando da una porta di Villa Tallone, esce una signora d’altri tempi, che si dimostrerà poi molto simpatica, che ci invita a visitare questa meravigliosa dimora. 

Casa Tallone è una delle più antiche case dell’isola, con ambienti in parte rimaneggiati in epoche diverse. Il suo giardino sorge sui resti del collegio dei chierici (secolo XII) crollato nel 1942. La casa subì le ultime trasformazioni a opera di Cesare Tallone che la acquistò al termine della seconda guerra mondiale. Cesare Tallone fu un grande produttore di pianoforti e accordatore personale dei maggiori musicisti italiani, da Benedetti Michelangeli a Toscanini. La sua casa sull’isola ha spazi rimasti intatti nei secoli, come ad esempio l’antica cucina, e altri rimaneggiati per rispondere alle esigenze dei nuovi proprietari, in particolare lo splendido salone dei concerti. Qui, infatti, viene ospitata ogni anno nel mese di settembre (dal 1957), una stagione di concerti in cui si esibiscono giovani talenti, prima scelti da Cesare Tallone e poi dalla figlia Elisa che ne continua oggi la tradizione.


Accettiamo volentieri l’invito e restiamo affascinati da quante sorprese ci offre l’interno: bellissime stanze decorate, un teatro per gli ospiti, un pianoforte a coda costruito dallo stesso Cesare Tallone e angoli caratteristici pieni di libri, spartiti e tanti ammenicoli degni di un grande mercato d’antan.
Veniamo a sapere che tutta quella “roba”, verrà portata al macero perché la proprietà è in vendita e se vogliamo fare un’offerta, possiamo prendere ciò che vogliamo. La signora ci invita a farlo, ma la nostra perplessità ci blocca, anche se sappiamo di pentircene, appena usciti da quel posto fiabesco. 

I miei occhi però si posano su un vecchio libro e con una offerta alquanto modesta, la signora mi omaggia della copia, rendendomi felice. 

Il tesoretto con cui esco da quella villa, è una copia in francese, del 1908, di “Les Dieux s'en vont, D'Annunzio reste” ("Gli Dei se ne vanno, D'Annunzio resta"), una raccolta di elzeviri di Filippo Tommaso Marinetti. 

La Storia editoriale: I brani, in lingua francese, erano usciti su varie riviste parigine e milanesi tra il 1903 e il 1907. La raccolta viene pubblicata a Parigi dalla Bibliothèque Internationale d'Editions E. Sansot et C.ie nel 1908, con copertina e tavole illustrate (per lo più caricature di D'Annunzio) del pittore Valeri. Il testo non è mai stato tradotto in lingua italiana. 

La prima parte dell'opera (Les Dieux s'en vont) è dedicata a due storici funerali d'inizio secolo, coi quali tutta l'Italia aveva reso omaggio a due "Dei" del recente passato risorgimentale: Giuseppe Verdi (morto nel 1901) e Giosuè Carduccii (1907). In queste due cronache il giovane Marinetti testimonia con una prosa fiorita di gusto liberty una sincera ammirazione per il compositore ("grande anima cantante e generosa dell'Italia") e il poeta. Ma l'attenzione dello scrittore è attirata soprattutto dalla folla dei cortei funebri, che attesta la grandezza e la dimensione “nazionale” dei due artisti. 

All'Italia, orfana dei due "Dei", sembra restare un solo grande autore contemporaneo: Gabriele D'Annunzio (d’Annunzio reste), al quale è dedicata la seconda e più cospicua parte del libro. Qui Marinetti raccoglie diversi pezzi d'occasione dedicati al grande poeta: alcuni aneddoti (la testimonianza di un vecchio duello, il processo a un guardiacaccia reo di avergli ucciso un cane), curiosità (il mistero coltivato intorno alla sua data di nascita), la testimonianza di un'intervista raccolta nel 1897 a Pescara, la cronaca di alcuni successi e fiaschi teatrali, ecc. 

In queste pagine Marinetti non si limita a dare giudizi molto calibrati su diverse prove letterarie di D'Annunzio (Il piacere, Il fuoco, Il trionfo della morte, ecc.), ma riesce a sintetizzare con abilità l'immagine di un D'Annunzio non solo poeta, ma anche e soprattutto personaggio pubblico, che gestisce la sua immagine di Vate tra gaffes e colpi pubblicitari più o meno riusciti. In questo senso, il libro riassume la transizione tra il clima culturale della fine del Risorgimento (simboleggiato da Verdi e Carducci) e quello del decadentismo e della Belle Epoque. Il personaggio dannunziano tratteggiato nel libro (un avventuriero, abile promoter di sé stesso) può essere considerato un predecessore del nuovo modello di poeta futurista incarnato dallo stesso Marinetti di lì a poco. 

Marinetti e D'Annunzio. Come tutti gli scrittori italiani della sua generazione (vedi Guido Gozzano, Giuseppe Antonio Borgese, ma anche Eugenio Montale) Marinetti provava per D'Annunzio un complesso sentimento di ammirazione e insofferenza. Dopo aver subito il fascino della sua maniera poetica, durante la primissima fase della sua carriera, Marinetti sentiva sempre di più la necessità di disfarsi di un modello tanto ingombrante. L'arma scelta in Les Dieux s'en vont... è quella dell'ironia: Marinetti tenta un rovesciamento eroico della figura del dandy decadente incarnata da D'Annunzio. È un procedimento simile a quello realizzato in poesia, in quegli stessi anni, da Gozzano e  Aldo Palazzeschi. 

Il libro è però scritto in francese, e pensato per un pubblico d'Oltralpe avido di aneddoti su quello che sin dal 1900 era considerato il più importante poeta italiano. Marinetti, pur tentando di ridimensionarne la figura (anche accostandola ai due "Dei"), ne celebra con questo libro l'effettivo successo.

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