giovedì 2 gennaio 2014

Roma e Pulcino della Minerva

martedì 31 dicembre 2013 - Sensi e Sensazioni

Il piccolo elefante di pietra che regge l’obelisco, col Pantheon sullo sfondo, si trova sul sagrato della chiesa medievale di Santa Maria sopra Minerva, che deve il suo nome ai resti di uno scomparso tempio dedicato a Minerva, la dea della sapienza. 


E’ noto anche come “il Pulcin della Minerva” (dove pulcin sta per porcino) ed è uno dei tredici antichi obelischi di Roma.



Nel 1665, nel giardino di proprietà del convento domenicano, annesso alla chiesa di Santa Maria, fu rinvenuto un piccolo obelisco, alto circa 5 metri e mezzo, con iscrizioni in geroglifici sui quattro lati. 
Papa Alessandro VII decise di farlo erigere davanti alla chiesa e per poter scegliere una base per il monumento furono interpellati diversi architetti di fama. Uno di essi era il domenicano, Domenico Paglia e secondo il suo progetto, l'obelisco avrebbe dovuto poggiare su sei piccoli colli (gli stessi "montini" che apparivano nello stemma di famiglia dei Chigi, a cui Alessandro VII apparteneva), con un cane a ciascuno dei quattro angoli. Il cane era il simbolo dei domenicani, i quali dal latino Dominicanes venivano anche chiamati Domini canes, cioè "i cani del Signore", per sottolinearne la fedeltà.
Il papa però respinse quel progetto, poiché ciò a cui mirava non era un monumento autocelebrativo, ma un simbolo della Divina Saggezza, che richiamasse l'antico significato di quel luogo.
Fu dunque interpellato Gianlorenzo Bernini e venne scelto l'elefante, quale rappresentazione simbolica della forza: “è necessaria una robusta mente per sorreggere una solida sapienza” dice l'iscrizione su uno dei lati del monumento.





Nel suo progetto originale però l'animale non aveva alcun sostegno, quindi il peso dell'obelisco avrebbe gravato interamente sulle zampe dell'elefante. Padre Paglia, piuttosto invidioso dopo che la sua idea era stata scartata, obiettò, in accordo con i canoni classici, che "nessun peso perpendicolare avrebbe dovuto poggiare sul vuoto perché non sarebbe stato solido né durevole", 
Bernini si oppose fieramente a questa modifica, avendo oltretutto già realizzato altre opere nelle quali elementi pesanti gravavano su spazi vuoti (vedi la sua famosa Fontana dei Fiumi a piazza Navona), ma il papa decise comunque che il supporto avrebbe dovuto essere aggiunto.
Per questa ragione, dopo il suo innalzamento nella piazza, l'11 luglio 1667, la gente cominciò a chiamarlo il “Porcino della Minerva”. In seguito trasformatosi in “Pulcino” forse per un semplice motivo fonetico. 
Bernini meditò una vendetta per castigare il domenicano che aveva osato sfidarlo: nella versione definitiva, disegnò l'elefante in modo che puntasse le terga verso il vicino convento, con la coda leggermente spostata, come a salutare padre Paglia e gli altri frati in maniera piuttosto ...scurrile!
La beffa non passò inosservata tanto che monsignor Sergardi scrisse il celebre epigramma: "Vertit terga Elephas, versaque proboscide clamat: Kiriaci fratres hic ego vos habeo"; ovvero: "L'elefante volge le terga e grida con la proboscide rivolta all'indietro: frati domenicani, qui mi state".


La sistemazione berniniana dell'obelisco fu replicata nel XVIII secolo da Giovanni Battista Vaccarini in piazza Duomo a Catania, ed è perciò presente anche nello Stemma della città.


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