martedì 1 dicembre 2009

...a Giorgio

martedi 1 dicembre 2009
De Senectutis


Caro Giorgio, domenica 8 novembre, in quella stupenda rimpatriata e dopo l’inno ai miei sessant’anni tributato da amici carissimi, ci eravamo trovati a dissertare sulla nostra età e sulla vecchiaia che avanza, ma, giustamente interrotti dal nostro dovere di ospiti, abbiamo lasciato in sospeso il filo logico del nostro discorso e forse anche il pensiero più profondo sul futuro che avanza (nel senso che ci resta). Mi piacerebbe riprenderlo con queste brevi righe, perché forse potrebbe diventare l’incipit per un mio lavoro più importante, (almeno per me) e che assolutamente ha bisogno anche del tuo apporto.
Considerati quindi ingaggiato.

Dobbiamo prestare più attenzione alla nostra vecchiaia. A caratterizzare quest’età non é la tristezza o la certezza di esserci giocato quasi tutto, ma quella sottile noia che ci fa constatare che, per quante novità succedano, scopriamo che non son altro che una nuova formulazione di qualcosa di già visto.
Abbiamo imparato che la saggezza, che di solito si attribuisce a chi ha una certa età, é solo la somma delle esperienze che abbiamo fatto e che non possiamo trasmettere, perché l’esperienza degli altri non serve a nessuno, tanto meno ai giovani che devono fare la propria.
Solo una generazione fa, il sessantenne veniva considerato depositario del sapere e dell’esperienza. Oggi internet spiazza la saggezza senile che diventa superflua e noi saremo inutili al punto che la nostra sopravvivenza verrà affidata alla misericordia sociale e a quegli impeti di benevolenza riservati ai panda o alle foche monache. E così per essere accettati dobbiamo pensare di diventare equilibrati, ponderati, prudenti, dolci, pieni di quelle virtù di cui sono dispensati i giovani; dobbiamo far tacere il nostro desiderio sessuale che ancora pulsa, rinunciare ai contatti corporei, essere allegri, ma con misura, partecipare alla vita familiare e sociale senza pretendere di essere ascoltati, essere in pratica autonomi e indipendenti, due maniere per tradurre la parola “soli”.
E allora dal mondo esterno ci ritiriamo in quello interiore. Le nostre abitudini ci rassicurano , ma nello stesso tempo ci incatenano. I gesti creativi ci appaiono per quel che sono: riprese di antiche e trascorse suggestioni. Sappiamo che ormai il più é passato e l’ineluttabile destino ci aspetta.
Per salvarci però dalla depressione senile dobbiamo distogliere l’attenzione, dobbiamo distrarci, puntare lo sguardo in altre direzioni: chi con il cinismo della fredda razionalità, chi con la fede in una vita oltre la morte, chi con la creazione di un mondo personale tutto suo, chi con la follia, senza regole o con regole diverse da quelle della ragione, chi con l’abbandono a passioni travolgenti, chi con la dedizione a idee forti quali l’amore, la solidarietà, l’arte, la scienza, nella speranza che assorbano tutto il nostro tempo e che ci permettano di agire, di gioire, di creare, di sognare, di sperare.
Dobbiamo distrarre la nostra condizione umana che, a differenza di quella animale, non é ignara dell’esistenza di un ultimo giorno.
Grazie a queste illusioni da trasformare ancora in progetti, possiamo sopravvivere.
Mettiamocela tutta! tuo Valter


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