sabato 8 febbraio 2025 – Sensi e Sensazioni
Di famiglia nobile decaduta di Cipada, una frazione di Mantova, figlio di un notaio mantovano e ottavo di nove fratelli, Gerolamo Folengo nacque nel 1491.
Insieme ad altri suoi fratelli venne avviato alla vita religiosa sin dal 1508, assumendo il nome di Teofilo. Per alcuni anni la sua vita da monaco sembra svolgersi in modo regolare; nel 1512 viene trasferito al grande monastero di San Benedetto Po, “capitale” della Congregazione Benedettina, dove prosegue la sua formazione monastica, avendo come compagni quelli che saranno i più importanti protagonisti del movimento per la riforma cattolica.
In seguito, secondo quanto da lui raccontato nell’opera Chaos del Triperuno, abbandonò la vita monastica e vagabondò in varie città italiane, spesso in condizioni di grande povertà. Divenne però precettore dei figli di Camillo Orsini e si stabilì a Venezia per qualche tempo.
Al termine di questo periodo "scapestrato", Folengo chiese e ottenne, nel 1530, di essere riammesso nell'ordine religioso.
Trascorse parte degli ultimi anni in Sicilia occupandosi, per qualche tempo, di un monastero locale. Sul finire dello stesso anno si ritirò al monastero di Santa Croce di Campese dove morì il 9 dicembre 1544. La sua tomba è tuttora presente a Campese.
Nel più grande atlante stampato nel Rinascimento, “il Teatro del Mondo”, s’incontra un’indicazione: “Campese, ove è sepolto Merlino”. L’editore fiammingo H. Ortelius, volle dare risalto in modo anomalo al piccolo villaggio che ospitava la sepoltura del monaco benedettino , noto anche con lo pseudonimo di “Merlin Cocai”.
Il sepolcro ha carattere di eccezionalità. La Regola di San Benedetto parlava chiaro: nessun segno distintivo per i monaci. Invece a lui venne riservata la cappellina “dalla parte del Vangelo”. Un insolito privilegio per un monaco le cui opere erano state messe all’Indice dei Libri Proibiti. La veemenza e l’arditezza con cui vi erano esposte le istanze di adeguamento della Chiesa allo spirito evangelico, allora non erano considerate accettabili.
La sua fama era dovuta principalmente alle divertenti opere macaroniche, che sotto le apparenze di un linguaggio rozzo e rusticano, costruito dal poeta innestando i dialetti padani al latino classico, trattano dei più importanti problemi - specialmente religiosi - del tempo.
Una delle epigrafi folenghiane spiega che egli morì consunto più dalla fatica degli studi che dall’età. Stava lavorando due nuove opere, che aveva iniziato nel precedente soggiorno in Sicilia, da dove arrivò a Campese, nel 1543.
Fervevano i lavori per la preparazione del Concilio di Trento.
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