giovedì 28 settembre 2017

Vegani ed Etica

giovedì 28 settembre 2017 - Come la penso




Non c’è nulla di sbagliato nell’essere vegani, è una scelta personale, come tante altre.

Quando però si passa da una normale scelta di vita a una presunta scelta etica, motivata dal voler salvare l’ambiente o gli animali, per sembrare ecologisti e lo si fa pesare agli altri come propria superiorità morale, allora è assolutamente necessario analizzare i fatti.

L'etica è la branca della filosofia che studia i comportamenti umani, da non confondere con la morale, perchè se quest’ultima considera le norme e i valori come dati di fatto, condivisi da tutti, l'etica cerca di dare una spiegazione razionale e logica di essi.

I vegani sono ossessionati dalla parola “etica”. Quando viene chiesto loro che cosa li abbia spinti a cambiare dieta, parlano di etica e si definiscono persone con etica.

Ma veniamo, come dicevamo, ai fatti.

La quinoa è uno degli alimenti frequenti nelle diete vegane per l’alta concentrazione di proteine che contiene. Coltivata in Perù e Bolivia, ha completamente stravolto l’esistenza di quegli abitanti. Negli ultimi anni, il prezzo della quinoa è triplicato e per questo motivo in Bolivia, con il 45% della popolazione che vive con meno di 2 dollari al giorno, gli agricoltori dopo 5mila anni, hanno cambiato la loro dieta. La quinoa, ormai troppo preziosa per essere consumata localmente, viene quasi interamente venduta o scambiata per Coca-Cola, dolciumi industriali e altri prodotti della dieta occidentale.
La situazione è così grave da aver creato una corsa alla conquista di terreni coltivabili a quinoa, eliminando la diversità biologica delle coltivazioni convertendola in una monocoltura. 
In Perù, dove il 22% della popolazione vive in povertà, un chilo di quinoa costa dieci soles, circa 2,70 euro: più del pollo e quattro volte il riso. Risultava fondamentale per sostenere la popolazione nelle zone più povere, oggi i bambini soffrono di malnutrizione cronica.
Il paradosso evidente è che, in questi paesi è diventato più conveniente mangiare l’hamburger di una multinazionale, per lasciare consumare ai ricchi europei e americani l’etico, salutista e sostenibile burger vegano di quinoa.

Gli anacardi, alimento necessario nei piatti vegani per simulare ricette realizzabili tradizionalmente solo attraverso il latte animale, come la besciamella, i “formaggi” da spalmare, il ripieno della cheesecake, i gelati e le mousse, arrivano per il 40% dal Vietnam, che ha deciso di adottare per la loro raccolta una filiera produttiva di lavoro forzato nei centri di recupero per tossicodipendenti condannati, che lavorano otto ore al giorno, sei giorni alla settimana, a un ritmo di estrazione di un anacardo ogni sei secondi. 
L’altro 60% viene dal Sud dell’India, dove nelle zone più povere, il guscio viene spaccato a mano da donne pagate 2,20 euro al giorno e che lavorano sedute nella stessa posizione per dieci ore. Il vero problema però è l’olio caustico che i gusci rilasciano e l’acido brucia in modo profondo e permanente la pelle. 
In India gli anacardi sono considerati un lusso, tanto che, alla fine dei turni, le operaie vengono anche perquisite.

Le mandorle e gli avocado, che per produrli necessitano di enormi quantitativi di acqua e di terreni, hanno ripercussioni sulla siccità e sulla deforestazione, trasformando radicalmente la vita di flora e fauna. L’enorme quantità di pesticidi e fertilizzanti necessari per la coltivazione stanno inoltre avvelenando le riserve acquifere da cui si abbeverano animali e popolazione locale. 

Per la soia, alimento principe della dieta, ricco di fibre e minerali che altrimenti verrebbero a mancare nell’organismo di una persona vegana, ogni anno viene raso al suolo il 3% della foresta pluviale argentina che serve a produrre il 28% dell’ossigeno che respiriamo e a stabilizzare il surriscaldamento globale attraverso l’assorbimento di anidride carbonica. 

I vegani ribadiranno che “la maggior parte della soia viene coltivata come mangime animale, non per l’uomo!”. Effettivamente, il 70% della produzione mondiale di questo legume è destinato in quel senso, ma, secondo il WWF, se veramente smettessimo tutti di consumare prodotti animali, la deforestazione e il surriscaldamento terrestre aumenterebbero e “sostituire latte e carne con analoghi alimenti raffinati come il tofu, richiederebbe una lunga filiera di lavorazione, dalla coltivazione a migliaia di km ai numerosi processi necessari per trasformare la soia.

Una cucina vegana equilibrata non è sostenibile per l’ambiente e non esiste alcun ristorante vegano a chilometro 0. Certo, esiste chi si ciba solo di frutti autoctoni, ma i rischi di carenza di calcio e pericolosa mancanza di acidi grassi essenziali, sono in agguato. 

Comunque la libertà di scelta dell’alimentazione, deve essere, per tutti, sacra, senza però nasconderla sotto le sembianze di “etica ”!

Liberamente tratto da “Perchè non c’è nulla di etico nella vita di un vegano” di Matteo Lenardon
18 settembre 2017 - www.thevision.com

Nessun commento:

Posta un commento