venerdì 15 marzo 2013

Marrakech e le concerie


18 maggio 2012 - Sensi e Sensazioni 

Si trovano ai margini della Medina e non è facile arrivarci, specialmente quando ci si vuole muovere da soli. Sembra però che solo il pensiero di una visita, riesca in qualche modo a far materializzare una guida, che per noi è un ragazzo che, vedendoci tentennanti sulla direzione da imboccare, ci fa presente che lui abita proprio vicino a dove siamo diretti e nonostante la nostra riservatezza e la bocca cucita dall’esperienza, ci accompagnerà, di sua sponte, sino alla meta.

L’infernale posto, che ci si para davanti, lascia perplessi sulla sua gestione: è difficile capire se effettivamente sia un tradizionale, anche se insopportabile, posto di lavoro o venga gestito come incanto turistico pieno di affascinante repulsione e di sconcertante vitalità.
Sembra che gli artigiani altamente specializzati che lavorano in queste concerie vivano, quasi letteralmente, ai margini della società, svolgendo un mestiere che si tramanda di generazione in generazione e che abbiano guadagnato, sia loro che i loro manufatti, fama internazionale.

Intanto il nostro caronte, come apparso, così si dilegua, senza aspettare alcun ringraziamento o riscontro in vil moneta, forse ben sapendo che la curiosità non ci farà demordere dall’inoltrarci, o forse, per un gioco di staffetta, perchè ha già concordato con un complice il nostro affido. 

Ed ecco infatti, materializzarsi un singolare personaggio che già ci aspetta con il suo bel mazzolino di menta, sotto l’arco dell’ingresso. 
La menta, che noi baldanzosi rifiutiamo, per poi, subito entrati pentircene, dovrebbe in qualche modo proteggere le nostre delicate narici dai miasmi e dal tanfo che esala, ma noi imperterriti e baldanzosi cerchiamo di soffocare respirando al limite delle necessità umane.

La guida ci fornisce la spiegazione di quanto succede o dovrebbe succedere in quel piccolo mondo in cui ci siamo ritrovati. Il trattamento è un procedimento lungo 20 giorni, rimasto pressoché invariato dal Medioevo: si scuoiano mucche, capre, pecore e cammelli e le pelli vengono poi poste in una vasca di acqua e sangue, per rinforzarle. 
Vengono poi immerse nell'urina degli animali e nel guano dei piccioni per ammorbidirle. I conciatori lavorano immersi nelle vasche dei colori naturali; per il giallo si usa lo zafferano, per l'azzurro l'indaco e per il rosso i papaveri. Infine, le pelli sono lasciate asciugare al sole per poi essere trasformate in borse, pouf, sandali o tipiche babbucce a punta.

Certo è che all’uscita, nonostante le continue insistenze del nostro accompagnatore, è lungi da noi la voglia di fermarsi nelle piccole bottegucce che affiancano la zona. Il tanfo di cui siamo impregnati e che ci accompagna ci spinge ad allontanarci velocemente da quella interessante, profonda, ma sconvolgente esperienza, meglio ritrovare quei vari e improbabili manufatti, da normali turisti, tra i più invitanti profumi di spezie e fiori, negli innumerevoli negozi e sulle bancarelle che affollano i souk e tutta la città.



















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