mercoledì 10 maggio 2017 - Il mio cammino
Dopo una notte di pioggia continua, alle 8:30 mi rimetto in cammino, ma l’entusiasmo ha qualche cedimento appena i piedi cominciano a muoversi nel pantano. Mi consola che fra mezz’ora sarò in vetta e che la natura se pur buia, grigia e silenziosa, sarà di un appagante sensazione di benessere.
Sono in Galizia e, se non ci fosse la nebbia, O’Cebreiro (a 1293 metri) sarebbe ben visibile alla mia vista.
La chiesa preromanica di Santa Maria la Real, fondata nell'XI secolo dai monaci benedettini è la più antica della rotta giacobea tra quelle integralmente conservate.
Al suo interno è possibile ammirare la cappella di San Benito, dedicata ai monaci fondatori, e quella del Milagro con le reliquie del miracolo eucaristico che sarebbe avvenuto nel 1300.
Il calice e la patena: durante quell'inverno, un sacerdote stava celebrando la messa e un contadino della vicina località di Barxamaior, di nome Juan Santìn, si sarebbe recato in chiesa, nonostante il freddo intenso. Il sacerdote, che non credeva alla reale presenza di Gesù nell'eucaristia, avrebbe commiserato in cuor suo il sacrificio del contadino, ma, al momento della consacrazione, l'ostia si sarebbe tramutata in carne e il vino in sangue, che fuoriuscì dal calice macchiando il corporale.
Circa duecento anni dopo, la Regina Isabella, mentre si recava in pellegrinaggio a Santiago, venuta a conoscenza del presunto miracolo, fece costruire un prezioso reliquiario di cristallo per custodire la particola.
Tra i documenti che attestano l'episodio ci sono due bolle, rispettivamente di Papa Innocenzo VIII (1487) e Papa Alessandro VI (1496), e inoltre la "Cronaca Generale dell'Ordine di San Benedetto", scritta da Padre Yepes all'inizio del XVII secolo.
Ogni anno, nel giorno della solennità del Corpus Domini, ancora oggi vengono portate in processione le reliquie, insieme alla statua della Madonna che, secondo la tradizione, avrebbe inchinato il capo in segno di riverenza al momento del prodigio.
Nel paese si può anche ammirare un insieme di “pallozas”, abitazioni ellittiche, di pietra con tetto di paglia, molto probabilmente celtiche, abitate fino a poco tempo fa.
Merita una sosta anche la foresteria di San Giraldo de Aurillac, senz’altro la più frequentata dopo Roncisvalle, in funzione dal sec. IX.
Nessun commento:
Posta un commento