venerdì 12 maggio 2017 - Il mio cammino
Stamane il cielo sembra benevolo. Ho rivolto la barra verso Portomarin a circa dieci chilometri e poi vedrò dove il mio fisico si porterà.
Nel Salutare Casa Morgade e la piccola chiesa in mezzo ai prati, mi accorgo di essere di buon umore; intravvedo un po’ di sereno e la temperatura sembra sia salita di almeno cinque gradi.
Dopo pochi chilometri ecco la chiesa romanica di Ferreiros, accompagnata quasi subito dal ceppo dei 100 chilometri a Santiago. Chiedo a un pellegrino inglese di immortalare il momento. Da una corte, fa bella mostra di sè un tavolo imbandito con prodotti gratuiti a disposizione e beneficio dei pellegrini in difficoltà e comincio la discesa.
La natura si presenta rigogliosa e splendida; diventa piacevole arrivare in vista di Portomarin e del ponte che attraversa il rio Mino. Entro in paese seguendo la via del pellegrino: si sale per una ripida scala di pietra, si passa sotto l’arco e si è subito nel centro storico.
Il castello che si vedeva a distanza si è ora delineato come una chiesa molto bella e antica: San Nicolàs de Portomarin, che merita subito una visita.
Un giro sotto i portici a scoprire la Meson Rodriguez e, vista l’ora, per uno spuntino col Pulpo Gallego. All’uscita dall’osteria, San Nicola e soprattutto il cielo che lo ospita non si presentano così accattivanti come prima. La piazza principale è circondata da nuvole minacciose che mi fanno riprendere il cammino dopo aver fissato, sulla mia fedele macchina, alcune immagini da rivedere poi con più calma.
Ricomincio a salire, ormai il tratto programmato per questa giornata, di 22,4 chilometri è superato, sono le 13:30 e le mie gambe mi sussurrano di potercela fare. Cammino in un bosco in salita, il cielo a sprazzi diventa azzurro intenso e prima di scollinare, intravedo un pellegrino che mi da modo di scattare forse la miglior foto del giorno.
Ancora bosco, incappo in una croce che da lontano non mi fa una bella impressione. Quando le passo accanto mi accorgo che è un luogo dove i pellegrini depositano, come atto di devozione, qualche loro capo di abbigliamento o un ricordo che però mescolato con pigne e foglie secche, fa sembrare quel luogo un principio di discarica.
Più oltre esco dal bosco e mi ritrovo sulla strada asfaltata dove una famigliola con due bambini ha trovato una maniera singolare per percorrere il cammino. Sto respirando un acre odore di discarica. Alzando lo sguardo mi accorgo della presenza di un immenso stabilimento di lavorazione delle uova, con annessi allevamenti di polli. Cerco di affrettare il passo e fortuna vuole che la via si stacchi subilto dall’asfalto per immergersi ancora nei boschi, compagni fedeli.
Comincio ad essere stanco, anche la chiesa di Castromaior e l’omonimo sito archeologico del IV° sec. a.C. risalente all’inizio della conquista romana, non mi entusiasmano come dovuto e cerco di arrivare alla dimora serale. Sono a Ventas de Naròn e comincio a cercare casa. Alle prime due porte che busso mi dicono di essere al completo, indicandomi altri quattro chilometri avanti per trovare rifugio.
Due scatti alle pecore al pascolo e alla chiesetta “Capela da Magdalena”, che parla di romanico, del secolo XIII e dei Templari di Pena Godon e rimando i miei due affezionati lettori al prossimo post del mio viatico.
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