giovedì 30 giugno 2016 - Sensi e Sensazioni
Città entrata prepotentemente nella memoria collettiva perché fu l’unica ad essere immortalata, fotografata e mostrata al mondo da uno dei più grandi pittori del XX secolo. In piena guerra civile infatti, esattamente il 26 aprile 1937, le forze aeree di Franco, probabilmente tedesche o italiane, bombardarono la città e causarono la morte di centinaia di persone comuni.
Un attacco dal cielo contro un paese simbolo dell’autonomia basca, ma anche contro una comunità molto vicina alle forze repubblicane antifranchiste. Venne quasi totalmente distrutta, e quando Picasso, antifascista e già da molti anni in Francia, ne apprese la notizia, ne rimase talmente sconvolto che volle dipingerla e addirittura mostrare l’opera all’Esposizione Universale di Parigi del 1937.
In soli due mesi e dopo decine di schizzi, su una tela enorme (grande circa 3,5 x 8 metri) e con una raffinata tecnica cubista, egli riuscì a rappresentare il dolore, la sofferenza, la paura, la morte, la guerra insomma, ma vissuta dalle persone comuni, una madre col proprio figlio, un uomo, un soldato, una donna. Nè armi, né sangue, né battaglie. Nessun colore, solo una scala infinita di grigi. Lo straziante grido di dolore di un’umanità che nella guerra è già sconfitta, ma che immancabilmente riserva nel proprio animo una piccola speranza di rinascita.
Guernica di Picasso, conservata nel museo Reina Sofia di Madrid, diventa quindi il simbolo delle guerre del Novecento, e ha un ché di romantico il fatto che oggi proprio questa città ospiti il primo museo della pace della storia.
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