martedì 30 aprile 2024

La Risiera di San Sabba

martedì 30 aprile 2024 – Sensi e sensazioni 

Siamo a Trieste e il complesso di edifici, costruito tra 1898 e 1913, nasce come stabilimento industriale per la lavorazione del riso nel rione di San Sabba, resta in attività fino ai primi anni Trenta e cessa la produzione tra il 1927 e il 1934. A partire dal 1930 il Regio esercito italiano lo utilizza prima come magazzino e poi, dopo il 1940, lo trasforma a tutti gli effetti in caserma militare. 

In seguito all’occupazione da parte delle forze tedesche, l’ex opificio fu utilizzato come campo di prigionia provvisorio per i militari italiani catturati dopo l’8 settembre 1943 (Stalag 339) e successivamente trasformato in Campo di detenzione e di polizia, una delle realtà tipiche dell’universo concentrazionario nazista. 

Dopo la liberazione e fino ai primi anni Sessanta la Risiera di San Sabba fu campo di raccolta per profughi in fuga dai Paesi oltre la “cortina di ferro”. 

Nel 1965 il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat dichiara la Risiera Monumento Nazionale per il suo rilevante interesse storico e politico e la Risiera diventa uno dei luoghi della memoria più significativi legati alle vicende dell’occupazione nazista d’Italia.

Questo “C­ampo di detenzione di polizia” fu uno dei quattro esistenti in Italia insieme a Fossoli, Borgo San Dalmazzo e Bolzano, ma l'unico dotato di un forno crematorio. La sua realtà molteplice e complessa emerge chiaramente dall’inchiesta giudiziaria svolta all’epoca del processo celebrato nella primavera del 1976, dove, nella sentenza, si legge che il Lager della Risiera fu per le vittime della persecuzione razziale prevalentemente un campo di transito, mentre per le vittime della persecuzione politica o di crimini di guerra rappresentò un carcere o un braccio della morte, senza processo né giudici. Fu quindi campo di transito per gli ebrei e campo di eliminazione per gli antifascisti e i partigiani italiani, sloveni e croati.

In sede di processo, furono ipotizzate non meno di 2000 vittime, ma alcuni storici indicano un numero superiore: tra 4000 e 5000. Furono in massima parte esponenti della Resistenza (italiani, sloveni, croati), ostaggi catturati durante le operazioni di rastrellamento o civili arrestati perché sospettati di lavorare con i partigiani. Alla soppressione dei reclusi erano addette le SS e i militari ucraini al loro servizio, che utilizzarono diversi sistemi di uccisione: impiccagione, fucilazione, gassazione, colpi di mazza alla testa. Le esecuzioni avvenivano solitamente di notte; dalle testimonianze emerse, è risultato che le SS aizzavano i cani e trasmettevano all’interno del campo musica ad alto volume allo scopo di coprire le grida dei prigionieri. È certo che all’interno del Lager furono uccisi anche 25 ebrei in quanto ritenuti incapaci di affrontare la deportazione o perché accusati di infrazioni al regolamento. 

Una visita a questa, come a tante realtà così dolorose, dovrebbe ricordare che l’antifascismo dovrebbe essere di tutti e tutti non dovrebbero avere problemi a riconoscerlo.


 

 
 

 





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