martedì 30 aprile 2024

Joyce, Stendhal, Saba e Svevo a Trieste

martedì 30 aprile 2024 – Sensi e Sensazioni 

Trieste, una città che si svela solo a chi ha voglia di scoprirla, una città che ha esercitato un fascino speciale su numerosi artisti e scrittori, che hanno lasciato un’impronta che si può percepire nella vita quotidiana di Trieste: come James Joyce, (scrittore irlandese che visse a Trieste per oltre un decennio e qui iniziò a scrivere la sua opera più famosa l’Ulisse. Stendhal, pseudonimo di Marie-Henri Beyle, scrittore francese nominato console della città, Umberto Saba che qui nacque e visse, che definì Trieste una città con una scontrosa grazia e Italo Svevo che qui nasce e genera il suo capolavoro "La coscienza di Zeno".

Quando Joyce lasciò Trieste per l’ultima volta nel luglio 1920, quasi 16 anni dopo il suo primo arrivo nella città adriatica nell’ottobre 1904, aveva qui scritto e pubblicate tutte le sue opere giovanili e aveva steso i primi, importantissimi episodi di Ulysses, il romanzo che ha cambiato il corso della letteratura. Non solo: stava anche lasciando la città nella quale, all’età di 38 anni, aveva trascorso la maggior parte della sua vita adulta. Trieste fu il periplum di Joyce come il Mediterraneo era stato quello di Ulisse. Qui fu insegnante, conferenziere, giornalista, impiegato, studente di canto, traduttore, aspirante imprenditore (oltre che “marito”, padre, fratello e amico – o conoscente – di molti componenti dell’élite economica, politica e intellettuale della città). 

Stendhal rimase assai poco a Trieste; dal 25 novembre 1830 al 31 marzo 1831, quattro mesi vissuti con notevole insofferenza. Eppure il gigante della letteratura francese lasciò le sue impressioni di viaggio, le sue annotazioni su una città percepita ‘nuova’, paragonata ai centri urbani americani. 

Per comprendere l’opera di Saba (1883-1957) bisogna tener presente il rapporto saldissimo, di profondo affetto, insieme psicologico e poetico, che unì il poeta alla sua città e che costituisce uno degli aspetti più caratterizzanti della sua attività letteraria. L’impressione che lascia, nel suo insieme, la lettura del Canzoniere è quella di una «coraggiosa affermazione della vita» sullo sfondo di «una bella giornata». Di una bella giornata vissuta a Trieste.

Libreria Antiquaria Umberto Saba, nel centro pedonale, a pochi passi dalla statua dello scrittore.
Saba, poeta e libraio, era solito a trascorrere le giornate nell'”antro oscuro”, la sua libreria, divenuta all'epoca il luogo di incontro di scrittori e intellettuali della città.

“Una strana bottega d’antiquario
s’apre, a Trieste, in una via secreta.
D’antiche legature un oro vario
L’occhio per gli scaffali errante allieta.
Vive in quell’aria tranquillo un poeta.
Dei morti in quel vivente lapidario
La sua opera compie, onesta e lieta,
d’Amor pensoso, ignoto e solitario.”

Umberto Saba, Autobiografia, 1924

Aron Hector Schmitz, Ettore in famiglia e Italo Svevo per il mondo, nasce a Trieste il 19 dicembre 1861 in una famiglia della borghesia ebraica. La sua passione per la letteratura lo porta a un’inesausta produzione di testi narrativi e teatrali e a un’assidua frequentazione dei circoli artistici e delle redazioni giornalistiche della città insieme al suo fraterno amico Umberto Veruda (1868-1904), apprezzato ritrattista influenzato dall’Impressionismo tedesco. La necessità di frequenti viaggi in Inghilterra per migliorare la lingua inglese, lo porta a incontrare Joyce, insegnante di inglese della borghesia triestina nei primi anni del ’900. Joyce opera su Svevo “la resurrezione di Lazzaro” (definizione del triestino), risvegliando la fiducia nelle sue capacità artistiche e riportandolo a una valutazione più corretta della sua opera. La coscienza di Zeno, il capolavoro di Svevo, non è estraneo a questa iniezione di fiducia ma gli stimoli che influenzano la sua opera sono molteplici: primo fra tutti la scoperta della psicoanalisi freudiana. Muore il 13 settembre 1928 e riposa nella tomba della famiglia Veneziani, nel cimitero cattolico di Trieste. 


 


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