martedì 30 aprile 2024

Il Tallero

martedì 30 aprile 2024 – Sensi e Sensazioni 

Trieste si sviluppa quando l’imperatore Carlo VI la dichiara porto franco e decreta che tutte le mercanzie dirette in Stiria e Carinzia debbano transitare da qui, ma è sotto il regno della figlia Maria Teresa (1740-1780), però, che la parabola crescente di Trieste raggiunge il picco massimo. 

Il Tallero è la moneta utilizzata a Trieste nel Settecento, quando Maria Teresa ne fece il porto dell’impero. 

A ricordare questa moneta, ecco il monumento alla memoria della sovrana installato in Piazza Ponterosso, cuore del borgo teresiano. 

L’effige dell’imperatrice su un lato e l’altro a riflettere l’ambiente circostante, è un’imponente opera in acciaio inox, con un peso di ben 16 tonnellate e un diametro complessivo di 4 metri, anche se quello visibile è di 3 metri e mezzo. 

Il monumento è stato ideato da un gruppo di artisti triestini, vincitori di un concorso di idee: Nicola Facchini, Eric Gerini ed Elena Pockay, con più del 50% delle preferenze espresse.


 

La Risiera di San Sabba

martedì 30 aprile 2024 – Sensi e sensazioni 

Siamo a Trieste e il complesso di edifici, costruito tra 1898 e 1913, nasce come stabilimento industriale per la lavorazione del riso nel rione di San Sabba, resta in attività fino ai primi anni Trenta e cessa la produzione tra il 1927 e il 1934. A partire dal 1930 il Regio esercito italiano lo utilizza prima come magazzino e poi, dopo il 1940, lo trasforma a tutti gli effetti in caserma militare. 

In seguito all’occupazione da parte delle forze tedesche, l’ex opificio fu utilizzato come campo di prigionia provvisorio per i militari italiani catturati dopo l’8 settembre 1943 (Stalag 339) e successivamente trasformato in Campo di detenzione e di polizia, una delle realtà tipiche dell’universo concentrazionario nazista. 

Dopo la liberazione e fino ai primi anni Sessanta la Risiera di San Sabba fu campo di raccolta per profughi in fuga dai Paesi oltre la “cortina di ferro”. 

Nel 1965 il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat dichiara la Risiera Monumento Nazionale per il suo rilevante interesse storico e politico e la Risiera diventa uno dei luoghi della memoria più significativi legati alle vicende dell’occupazione nazista d’Italia.

Questo “C­ampo di detenzione di polizia” fu uno dei quattro esistenti in Italia insieme a Fossoli, Borgo San Dalmazzo e Bolzano, ma l'unico dotato di un forno crematorio. La sua realtà molteplice e complessa emerge chiaramente dall’inchiesta giudiziaria svolta all’epoca del processo celebrato nella primavera del 1976, dove, nella sentenza, si legge che il Lager della Risiera fu per le vittime della persecuzione razziale prevalentemente un campo di transito, mentre per le vittime della persecuzione politica o di crimini di guerra rappresentò un carcere o un braccio della morte, senza processo né giudici. Fu quindi campo di transito per gli ebrei e campo di eliminazione per gli antifascisti e i partigiani italiani, sloveni e croati.

In sede di processo, furono ipotizzate non meno di 2000 vittime, ma alcuni storici indicano un numero superiore: tra 4000 e 5000. Furono in massima parte esponenti della Resistenza (italiani, sloveni, croati), ostaggi catturati durante le operazioni di rastrellamento o civili arrestati perché sospettati di lavorare con i partigiani. Alla soppressione dei reclusi erano addette le SS e i militari ucraini al loro servizio, che utilizzarono diversi sistemi di uccisione: impiccagione, fucilazione, gassazione, colpi di mazza alla testa. Le esecuzioni avvenivano solitamente di notte; dalle testimonianze emerse, è risultato che le SS aizzavano i cani e trasmettevano all’interno del campo musica ad alto volume allo scopo di coprire le grida dei prigionieri. È certo che all’interno del Lager furono uccisi anche 25 ebrei in quanto ritenuti incapaci di affrontare la deportazione o perché accusati di infrazioni al regolamento. 

Una visita a questa, come a tante realtà così dolorose, dovrebbe ricordare che l’antifascismo dovrebbe essere di tutti e tutti non dovrebbero avere problemi a riconoscerlo.


 

 
 

 





La Cattedrale di San Giusto

martedì 30 aprile 2024 – Sensi e sensazioni 

Il più importante edificio religioso cattolico di Trieste sorge sulla sommità dell'omonimo colle che domina la città. L'aspetto attuale della Cattedrale deriva dall'unificazione delle due chiese preesistenti: la Chiesa di Santa Maria e la Chiesa dedicata al martire San Giusto, patrono della città. 

L'unione venne fatta dall'allora vescovo Roberto Pedrazzani da Robecco tra il 1302 e 1320, dando così alla città una cattedrale maestosa. Nell'operazione di fusione venne abbattuta una navata; la pianta della Cattedrale diventò, così, a cinque navate. La facciata a capanna è caratterizzata da un ampio rosone a doppia ruota, una statua di San Giusto, stemmi e un portale derivante dal taglio di una stele funeraria romana. 

Il campanile, a pianta quadrata, in origine era più alto, ma nel 1422, a seguito di un fulmine, venne ridotto a quello attuale. 

L'interno offre interessanti tracce di pavimentazioni musive del V secolo davanti al presbiterio, mentre l'abside è decorata con mosaici moderni. Gli affreschi, che rappresentano la vita del Santo, sono risalenti al XIII secolo. L'altare maggiore fu consacrato il 27 novembre 1385 dal primo vescovo tedesco di Trieste, Enrico de Widenstein, nominato dall'allora imperatore austriaco Leopoldo III.




 

 

 

Joyce, Stendhal, Saba e Svevo a Trieste

martedì 30 aprile 2024 – Sensi e Sensazioni 

Trieste, una città che si svela solo a chi ha voglia di scoprirla, una città che ha esercitato un fascino speciale su numerosi artisti e scrittori, che hanno lasciato un’impronta che si può percepire nella vita quotidiana di Trieste: come James Joyce, (scrittore irlandese che visse a Trieste per oltre un decennio e qui iniziò a scrivere la sua opera più famosa l’Ulisse. Stendhal, pseudonimo di Marie-Henri Beyle, scrittore francese nominato console della città, Umberto Saba che qui nacque e visse, che definì Trieste una città con una scontrosa grazia e Italo Svevo che qui nasce e genera il suo capolavoro "La coscienza di Zeno".

Quando Joyce lasciò Trieste per l’ultima volta nel luglio 1920, quasi 16 anni dopo il suo primo arrivo nella città adriatica nell’ottobre 1904, aveva qui scritto e pubblicate tutte le sue opere giovanili e aveva steso i primi, importantissimi episodi di Ulysses, il romanzo che ha cambiato il corso della letteratura. Non solo: stava anche lasciando la città nella quale, all’età di 38 anni, aveva trascorso la maggior parte della sua vita adulta. Trieste fu il periplum di Joyce come il Mediterraneo era stato quello di Ulisse. Qui fu insegnante, conferenziere, giornalista, impiegato, studente di canto, traduttore, aspirante imprenditore (oltre che “marito”, padre, fratello e amico – o conoscente – di molti componenti dell’élite economica, politica e intellettuale della città). 

Stendhal rimase assai poco a Trieste; dal 25 novembre 1830 al 31 marzo 1831, quattro mesi vissuti con notevole insofferenza. Eppure il gigante della letteratura francese lasciò le sue impressioni di viaggio, le sue annotazioni su una città percepita ‘nuova’, paragonata ai centri urbani americani. 

Per comprendere l’opera di Saba (1883-1957) bisogna tener presente il rapporto saldissimo, di profondo affetto, insieme psicologico e poetico, che unì il poeta alla sua città e che costituisce uno degli aspetti più caratterizzanti della sua attività letteraria. L’impressione che lascia, nel suo insieme, la lettura del Canzoniere è quella di una «coraggiosa affermazione della vita» sullo sfondo di «una bella giornata». Di una bella giornata vissuta a Trieste.

Libreria Antiquaria Umberto Saba, nel centro pedonale, a pochi passi dalla statua dello scrittore.
Saba, poeta e libraio, era solito a trascorrere le giornate nell'”antro oscuro”, la sua libreria, divenuta all'epoca il luogo di incontro di scrittori e intellettuali della città.

“Una strana bottega d’antiquario
s’apre, a Trieste, in una via secreta.
D’antiche legature un oro vario
L’occhio per gli scaffali errante allieta.
Vive in quell’aria tranquillo un poeta.
Dei morti in quel vivente lapidario
La sua opera compie, onesta e lieta,
d’Amor pensoso, ignoto e solitario.”

Umberto Saba, Autobiografia, 1924

Aron Hector Schmitz, Ettore in famiglia e Italo Svevo per il mondo, nasce a Trieste il 19 dicembre 1861 in una famiglia della borghesia ebraica. La sua passione per la letteratura lo porta a un’inesausta produzione di testi narrativi e teatrali e a un’assidua frequentazione dei circoli artistici e delle redazioni giornalistiche della città insieme al suo fraterno amico Umberto Veruda (1868-1904), apprezzato ritrattista influenzato dall’Impressionismo tedesco. La necessità di frequenti viaggi in Inghilterra per migliorare la lingua inglese, lo porta a incontrare Joyce, insegnante di inglese della borghesia triestina nei primi anni del ’900. Joyce opera su Svevo “la resurrezione di Lazzaro” (definizione del triestino), risvegliando la fiducia nelle sue capacità artistiche e riportandolo a una valutazione più corretta della sua opera. La coscienza di Zeno, il capolavoro di Svevo, non è estraneo a questa iniezione di fiducia ma gli stimoli che influenzano la sua opera sono molteplici: primo fra tutti la scoperta della psicoanalisi freudiana. Muore il 13 settembre 1928 e riposa nella tomba della famiglia Veneziani, nel cimitero cattolico di Trieste. 


 


Caffè Storici a Trieste

martedì 30 aprile 2024 - Sensi e Sensazioni 

Il rito italiano del caffè è declinato a Trieste in tanti modi. I caffè storici sono il biglietto d’ingresso alla città ed entrando devi far attenzione alle parole che usi nell’ordinare, per non far capire quanto tu sia straniero. “Nero” è il caffè espresso, “Gocciato” per il caffè con poca schiuma, “Capo” per un cappuccino, “Macchia” per un caffè macchiato, declinando poi in “B” il tutto per chiedere i vari tipi in un bicchiere di vetro (nero in b, capo in b, macchia in b) e attenzione però: caffellatte sta per cappuccino, in un crescendo che prevede il viennese (panna e cioccolata, meglio se Peratoner), il Morlacco (crema chantilly, liquore Morlacco, panna montata), il Cannella con panna fresca e cannella e via di golosità.

 

In questi caffè un tempo s’incontravano Saba, Joyce e Svevo e si discuteva di letteratura e politica. 

 

Caffè Tommaseo. Davanti al molo e aperto nel 1825, conserva parte degli stucchi e dell’atmosfera viennese ottocentesca. E stato il primo locale della città a servire il gelato: in una lettera all’amica Nora Baldi, del 1953, Umberto Saba ricorda di avervi mangiato “buonissimi gelati al pistacchio, oggi introvabili, credo, nel vasto mondo”. Italo Svevo scrisse qui e il triestino Claudio Magris ha creato proprio ai tavoli di questo caffè il capolavoro “Danubio”.

La Bomboniera. Pasticceria tipica austro-ungarica risalente al 1836, in stile liberty, rimasta intatta per più di un secolo dove il tempo sembra essersi fermato. Qui si possono gustare dolci tipici triestini della cultura austro-ungarica. 

Caffè degli Specchi. Si trova in Piazza Unità d'Italia, all'interno di Palazzo Stratti. Fondato nel 1839, è l'unico rimasto tra i quattro caffè che un tempo padroneggiavano quella che un tempo si chiamava Piazza Grande. All'interno si respira tutta l'atmosfera dell'Impero Asburgico. Da sempre considerato il salotto di Trieste, fu molto frequentato anche grazie ai concerti che vi si tenevano, diretti dall'esordiente Franz Lehar. Ai suoi tavoli sedevano importanti letterati e protagonisti famosi della nostra storia, come Joyce e Svevo. Nell'Ottocento fu ritrovo degli irredentisti e durante il secondo dopoguerra divenne quartier generale della marina britannica. Fin dai tempi della sua apertura, era tradizione incidere gli avvenimenti storici più importanti su specchi o lastre di vetro. 

Antico Caffè San Marco. Fondato nel 1914, è un luogo intriso di storia e testimone di tutte le grandi vicende del Novecento triestino, italiano ed europeo. Luogo di irredentisti, affrescato magnificamente e dove ascoltando i racconti di Delithanassis e dei suoi preparati camerieri, ci si può perdere nelle mille vicende di questo spazio. 

Caffè Torinese. In Corso Italia, locale storico aperto nel 1919 con l'intervento dell'ebanista Debelli noto per aver arredato le navi passeggeri d’inizio '900 Vulcania e Saturnia. All'interno si possono ancora vedere gli arredi in legno e ottone. A distanza di oltre un secolo il bar Torinese, impreziosito da un originale bancone in stile Liberty, illuminato da uno scenografico lampadario in cristallo, rimane uno dei pochi esempi di locali storici inalterato nel tempo. 


 




lunedì 29 aprile 2024

Trieste

 martedì 30 aprile 2024 - Andar per Città

Tra le sue vie si respira un’atmosfera unica, da città di frontiera, crocevia di almeno tre culture: latina, slava e tedesca. Ha un suo gusto retrò, tra caffè letterari storici e monumenti del passato da città importante dell’Impero asburgico. È la meta ideale per chi ama luoghi ricchi di una storia complessa e travagliata, che ha stregato, ospitato, allevato scrittori e intellettuali. L’ambiente è multiculturale, di respiro internazionale. Un luogo da vivere almeno una volta nella vita.

Meta a cui è impossibile rinunciare, nasce come Piazza San Pietro, divenne poi Piazza Grande e, infine, Piazza Unità d’Ialia. Lo stile neoclassico e viennese dei suoi palazzi lascia sbalorditi. È una delle più grandi piazze d’Europa che si affacciano sul mare. Definita “il salotto di Trieste”  è il luogo dove si svolge la vita cittadina. Su di essa s’affacciano: Palazzo Stratti, gioiello neoclassico, che ospita al piano terra lo storico Caffè degli Specchi, inaugurato nel 1839; il palazzo del Municipio, con una monumentalità di grande effetto, sul corpo centrale si erge la torre dell’orologio, con due mori in bronzo, chiamati amichevolmente dai triestini, Micheze e Jacheze. Opposto al Palazzo del Governo, è il Palazzo della Regione, già sede della Lloyd Triestino di Navigazione, dal 1991 è sede degli uffici della presidenza e della giunta della Regione Friuli Venezia Giulia. Nella parte bassa della facciata si possono ammirare due fontane, presenti all’interno di nicchie: quella più vicina al mare rappresenta Venere, mentre l’altra, raffigura Teti, nella mitologia greca, la madre dei principali fiumi del mondo.

 
Da Piazza Unità d’Italia ci si addentra  in Cavana, uno dei quartieri che insieme a San Giusto e l’antico ghetto ebraico, formano la città vecchia.

È un quartiere completamente pedonale, composto da piccoli vicoli stretti e spesso ripidi, popolato di botteghe, caffè e ristoranti, dominato dalla piazza Cavana. Proseguendo dritto si giunge a Piazza Ortis quasi interamente occupata da un’enorme giardino dove si possono ammirare alberi pregiati, provenienti da paesi lontani, come ad esempio, il Ginkgo biloba di origine cinese.

Nella piazza, di fronte al giardino, si trova anche la Biblioteca Civica, di fronte ad essa, è stata collocata la statua dello scrittore Italo Svevo.

Situato in Piazza Barbacan si trova un arco addossato a una casa e dalla quale sembra letteralmente uscire. È l’Arco di Riccardo di oltre sette metri di altezza, per circa cinque di larghezza e due di profondità. Anticamente era una delle prime porte romane della città, costruita nel I sec. a.C. Secondo una leggenda popolare, l’Arco è legato alla figura di Riccardo Cuor di Leone che, una volta tornato dalla Terra Santa, sarebbe stato tenuto prigioniero proprio a Trieste.

 
Accanto alla Cattedrale, il Castello di San Giusto, fondato da Federico III d’Asburgo, nella seconda metà del 1400, che ospitava il capitano imperiale, con il compito di controllare il borgo cittadino. Vicino al Castello sono presenti resti della Basilica Romana, in particolare le colonne originali e due ricostruite fedelmente, rivestite con i materiali rinvenuti sul luogo.
Sulla stessa piazza: il Monumento ai caduti.
 

L’antico Teatro Romano, costruito dai romani, tra la fine del I secolo e l’inizio del II secolo d.C., poteva ospitare sulle sue gratinate, tra i 3500 e 6000 spettatori. Qui si poteva assistere a tragedie, commedie e, sembra, in seguito ai ritrovamenti di alcuni elmi, anche ai combattimenti tra gladiatori.
 
Uno dei quartieri più antichi e carichi di storia è il Borgo Teresiano, con la Chiesa di Sant’Antonio Taumaturgo, costruita in stile neoclassico,
caratterizzata da una massiccia facciata e sei alte colonne ioniche e il Canal Grande, navigabile e perpendicolare al lungomare, fatto costruire, dopo l’interramento delle saline per permettere alle merci di arrivare direttamente alle botteghe.
 

A pochissimi passi di distanza dalla Chiesa di Sant’Antonio Taumaturgo si trova il tempio serbo-ortodosso della Santissima Trinità e di San Spiridione, dal chiaro gusto bizantino, caratterizzato da una grande cupola azzurra e da quattro cupole più piccole ai lati.

 
Piazza della Borsa è una piazza dalla forma irregolare, che colpisce per il Palazzo della Borsa Vecchia (oggi sede della Camera di Commercio) la cui facciata principale si presenta come un tempio greco, in stile dorico, con quattro imponenti colonne. Nella piazza si trova anche la Fontana del Nettuno e una statua di Gabriele D’Annunzio. (D’Annunzio fu uno dei massimi rappresentante dell’irredentismo, il movimento politico-culturale, sviluppatosi a metà del 1800, tra gli Italiani in favore dell’estensione dei confini nazionali alle regioni che avevano una prevalenza di popolazione italiana, ma soggette, in particolare alla sovranità dell’Austria). 
 
 
La Sinagoga tempio israelitico è uno dei più grandi d'Europa; infatti, ai tempi della costruzione, la comunità istraelitica di Trieste contava oltre 5.000 membri e aveva un ruolo di grande rilievo nella vita economica e culturale di Trieste.

In Riva Tre Novembre 1, sorge il principale teatro di Trieste: Il Teatro lirico Giuseppe Verdi, costruito per iniziativa privata tra il 1798 e il 1801 con progetto originale di Giannantonio Selva, progettista anche della Fenice di Venezia. La facciata di Matteo Persch che si ispira alle linee del Teatro alla Scala di Milano è scandita da semicolonne ioniche e da un portico sostenuto da pilastri in pietra d’Istria dalle caratteristiche concrezioni fossili. Sulla sommità, Apollo e le Muse della Lirica e della Drammatica.