martedì 25 novembre 2014 - Pensieri e parole da condividere
Ogni cosa in natura esiste finché ha un senso e soddisfa un bisogno. In caso contrario scompare. Che senso hanno oggi i partiti? Che bisogno soddisfano? Ho letto dotte analisi dell’astensionismo alle elezioni regionali nella rossa Emilia. Alcune faziose, come quella che attribuisce all’ultimo arrivato Renzi la responsabilità di un fenomeno in corso da decenni, ma altre ineccepibili: la crisi economica, gli scandali, il disprezzo per la classe politica e l’istituzione regionale, l’assenza di un avversario in grado di mobilitare gli elettori sotto la spinta della paura. Però mi sembrano tutte cause di secondo livello. La ragione primaria, e più prosaica, della decadenza dei partiti (e dei sindacati) è che hanno rinunciato a svolgere il loro mestiere di assistenza dei cittadini.
Nel quartiere di Torino dove sono cresciuto abitavano due vecchiette. Una votava Pci e l’altra Dc. Se aveste chiesto loro perché, non credo che avrebbero saputo darvi una risposta «politica». La prima bazzicava la sezione del Pci per farsi compilare gratuitamente la dichiarazione dei redditi e ricevere utili dritte su medici curanti e impiegati comunali a cui rivolgersi per dilazionare il pagamento di una bolletta. La seconda frequentava gli oratori e cuciva berrette di lana per i poveri che venivano vendute nelle sagre paesane della Dc. Quei partiti di massa, di cui ignoravano le basi ideologiche, facevano parte della loro vita. Podemos, il movimento che promette o minaccia di vincere le prossime elezioni spagnole, è ripartito da lì: dalle berrette e dalle bollette. Che non bastano a fare un partito. Ma senza le quali qualsiasi partito cessa di esistere.
La Stampa, 25 novembre 2014
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