venerdì 23 ottobre 2015 - Andiamo al Cinema
Il 7 agosto del 1974 il funambolo francese Philippe Petit realizza il suo sogno, qualcosa di impossibile, qualcosa che nessuno farà mai più.
A 412 metri da terra, la sua passeggiata in cielo fra le due torri, ricostruite in digitale e la visione in 3D, contribuiscono a dare un senso di vertigine che non avevo mai provato al cinema.
Dopo Everest, non poteva mancare questo film per lasciarti col fiato sospeso e per capire la differenza tra normalità e pazzia di chi tende a realizzare il suo sogno estremo.
La prima parte, quella della preparazione dell’impresa, dalla progettazione meticolosa, con frustrazioni, problemi e infinite difficoltà, dal reclutamento dei complici, fino alle perlustrazioni segrete nelle torri ancora in costruzione, scorre in un ritmo normale, quasi noioso.
La parte finale invece, ti lascia senza fiato, ti avvolge completamente e ti ricompensa del sovrapprezzo degli occhialini.
Un grande regista, in questi giorni rivisitato per la trilogia di “Ritorno al Futuro”, che ha saputo spiegare la pazzia come atto di “estasi e bellezza”.
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