Smesso l’abito da lavoro, ci trasformiamo in turisti, armati di buona volontà, girando per i vari villaggi che compongono il comprensorio di Mlali, nel raggio di una decina di chilometri.
La natura si presenta in un paesaggio che ti colpisce sino all’innamoramento: le piste polverose e percorse da interminabili file di eterogenei personaggi, quasi sempre carichi sino all’inverosimile di taniche d’acqua, impossibili da movimentare, se non con escamotage davvero geniali; la terra rossa finissima, ottima per campi da tennis europei, ma che ti ricopre e ti penetra senza alcun permesso; una vegetazione sofferente e incomprensibile, continuamente alla ricerca di sopravvivenza in un’acqua per lunghi periodi desiderata.
Tutti i ragazzini al grido di “ciao, pi-pi” (richiesta di caramelle), ti assaltano sorridenti e festosi, ma la nostra deontologia professionale, vuol spiegare, senza naturalmente farsi capire, come i loro denti ne andrebbero a soffrire, e quindi ce li trasciniamo dietro per chilometri in dialoghi tra sordi.
Forse la notizia che veniamo dalla missione, forse il colore della nostra pelle o forse il carattere dei tanzaniani, sempre allegro e sorridente, rende il nostro girovagare un continuo incontro felice con personaggi interessanti.
Chiunque incroci sulla pista, ti saluta con entusiasmo; noi rispondiamo alla loro maniera, massacrando la loro lingua, ma intrecciando rapporti che, nel passare dei giorni, instaurano un’amicizia disinteressata. Riconoscendoci, fanno sfoggio delle parole imparate nel tempo con i contatti italiani avvicendatisi da quelle parti, dando vita a dialoghi impossibili tra il loro italiano e il nostro swahili.
Nessun commento:
Posta un commento