giovedì 19 marzo 2015 - Pensieri e parole da condividere
Se avessi vent’anni e mi facessi il sangue amaro tra curriculum e concorsi, sarei molto irritato con Lupi, il ministro mannaro. Gli chiederei con quale coraggio possa ancora sostenere che l’Italia è il luogo delle opportunità per tutti, quando lui e suo figlio hanno appena offerto una dimostrazione plateale del contrario. Nella corruzione elevata a sistema, le mazzette in contanti sono diventate il lubrificante dei poveracci. A certi livelli le persone si vendono e si comprano attraverso i favori. Io regalo una casa a te che firmi un documento a me che trovo un lavoro a tuo cognato che ne darà poi uno a mio figlio. Le chiamano «triangolazioni». Ecco, se avessi vent’anni, sarei stufo di vivere in un Paese triangolare. Ne vorrei uno quadrato. Dove chi sta al governo si rende conto di avere responsabilità superiori a quelle degli altri cittadini. Anche come genitore. Lupi ha detto che al posto del figlio non avrebbe mai accettato in regalo un Rolex da diecimila euro (da un signore che lavorava grazie a suo padre, aggiungo io). Anziché ai giornalisti, avrebbe potuto spiegarlo prima all’interessato.
Parli così perché non hai figli, mi ha redarguito un amico: qualunque cuore di padre si prostituirebbe pur di aiutare la sua creatura. Ma un ministro non è «qualunque padre». I suoi comportamenti vengono illuminati dai media e diventano modelli che incidono sull’umore di milioni di persone. Come sosteneva Platone, e immagino anche don Giussani, i governanti di una nazione evoluta dovrebbero vivere in una condizione di celibato morale. Se non sono in grado di reggerla, possono sempre fare altro. Per esempio dimettersi.
La Stampa, 19 marzo 2015
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