martedì 6 aprile 2021 – Sensi e Sensazioni
In località Bova, raggiungibile dalla strada provinciale Porcilana, prendendo a destra alla rotonda con le direzioni per Belfiore e Caldiero, si incontra questa bellissima corte rurale che mostra al centro il palazzo padronale, adiacente all’Oratorio della Santa Croce e ai lati le barchesse con le case dei lavoranti e le “boarie”, ricoveri per gli animali. L’oratorio presentava sull’altare, una nuda croce lignea, ora collocata sul lato sinistro dell’entrata, senza il corpo di Cristo, ma avvolta in un lenzuolo sindonico, a simboleggiare l’avvenuta resurrezione. Sul pavimento è visibile la lapide di don Francesco Farsaglia, parroco a Bionde, Zerpa e Porcile, dal 1791 al 1810, in pieno periodo napoleonico.
La Corte Bova assume importanza nel periodo di dominazione della Repubblica Serenissima: i suoi primi proprietari: i Baldù, erano imparentati con la famiglia Balbi di Venezia. Furono proprio i Balbi ad autorizzare la costruzione di un canale di irrigazione in zona, con una serie di chiuse, la più bella, nota come “chiavica del Cristo”.
Il riso cominciò ad essere prodotto nel 1500, i veneziani si specializzarono su questa emergente coltivazione con un controllo più accurato delle acque, predisponendo grandi aie di essiccazione, costruendo magazzini e imbarcazioni da trasporto, ed approntando una nuova tecnologia, le famose “pile” per la lavorazione e la brillatura.
Nella vicina Corte Mazzabò negli scorsi anni ’90 fu rinvenuto un cippo, con un’iscrizione in stile gotico e lo stemma di Verona città. È un cippo stradale, che segna il confine tra il dominio veneziano e quello scaligero proprio nelle vicinanze di Corte Bova.
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