domenica 30 marzo 2025

Este - Padova

domenica 30 marzo 2025 - Andar per Città 

Ai piedi dei Colli Euganei, fu il principale insediamento degli antichi Veneti che la abitarono già nell'età del Ferro. Importante colonia romana fondata dai veterani di Augusto, intorno alla metà dell'XI sec. la città viene scelta come dimora di una dinastia feudale. Dell'imponente fortezza medievale, edificata dagli Estensi e ampliata dai Carraresi, rimane oggi la cinta muraria dal perimetro lungo oltre un chilometro. Le due torri maestre residue racchiudono uno splendido giardino pubblico. 

A Palazzo Mocenigo ha sede il Museo Nazionale Atestino, uno tra i più importanti d'Italia per le sue raccolte pre-romane. 

I circa quattro secoli di dominio veneziano si leggono ammirando i resti del perimetro che racchiudeva il borgo, i palazzi della centralissima Piazza Maggiore (tra cui il Palazzo del Municipio) e le ville: villa Kunkler, che ospitò Byron e Shelley, villa Cornaro-Benvenuti, villa Contarini degli Scrigni (detta 'Vigna Contarena') e villa Zenobio-Albrizzi. 

Fra i numerosi edifici religiosi ricordiamo il Duomo di Santa Tecla, che conserva il corpo incorrotto della beata Beatrice d'Este e la grandiosa pala del Tiepolo raffigurante Santa Tecla che intercede per liberare la città dalla peste. Meritano una visita anche la Basilica di Santa Maria delle Grazie, costruita per ospitare un' icona di scuola cretese-bizantina considerata miracolosa e la chiesa della Beata Vergine della Salute, scrigno di capolavori di Antonio Zanchi.


 


 

 

Abbazia di Santa Maria delle Carceri

domenica 30 marzo 2025 – Sensi e Sensazioni 

L’abbazia nasce verso l’anno 1000 per opera dei monaci agostiniani (1000-1407). Di questo periodo rimangono: il pianterreno del Portichetto d’entrata, il Battistero, il Presbiterio della Chiesa, parti del Campanile e il Chiostro.

Raggiunse il suo massimo splendore nel secolo XV con i Camaldolesi (1407-1690). Ricca di valori storici e spirituali e splendida d’opere d’arte, venne soppressa nel 1690 per finanziare la flotta veneziana nello sforzo contro l’invasione dei Turchi. Del periodo Camaldolese si possono ammirare: il grande Chiostro del ‘500, il coro e la navata della Chiesa e la Foresteria. 

L’abbazia e le migliaia di campi bonificati lungo i secoli da
i religiosi vennero acquistati da una famiglia di patrizi veneziani: i Carminati. Questi la trasformarono in fattoria, adattandola alle nuove esigenze. Di questo periodo rimane purtroppo solo la casa canonica. All’inizio del 1900 la grande proprietà terriera venne via via smembrata e ceduta ai contadini che già la coltivavano. 

Nel 1951 l’Abbazia, oramai spogliata delle opere preziose, venne ceduta alla Chiesa di Carceri. Dopo la dispersione dei grandi tesori, oggi sta risorgendo dalla rovina dei secoli e dall’incuria delle persone, dimostrando ancora tutta la su vitalità per nuove destinazioni.

Il complesso edilizio testimonia ancora oggi complesse vicende succedute nella Bassa Padovana, nell’intreccio di poteri laici e di presenze di laboriosa e sapiente religiosità, come risulta dalle ricerche di eminenti studiosi e da antichi documenti. 


 
Il Portico d’ingresso appartiene all’inizio del monachesimo e sorge come unica porta di accesso al monastero: è separato dalle strutture dedicate alla vita dei monaci, ma direttamente collegato alla Foresteria. Costruito dagli Agostiniani, è un edificio a pianta rettangolare, sottoposto a continui rimaneggiamenti. È costituito da un arco a fornice a sesto ribassato, che durante la notte veniva sbarrato da un pesante portone. Sopra si apre una loggetta a quattro archi e nella parte più alta fa bella vista una serie di merli a “coda di rondine“ , costruiti dai Conti Carminati a scopo ornamentale. Di fianco all’ingresso, si eleva alta e leggera la torre di guardia abbellita da un piccolo portico. Adiacente alla torre si trovava l’abitazione del Padre Foresterario collegata, attraverso un porticato, alla Foresteria, struttura adibita all’accoglienza e all’ospitalità di pellegrini di passaggio o di ospiti permanenti. Dal 14 giugno 2015 la casa del Padre Foresterario è stata completamente restaurata e resa la sede del Centro di Spiritualità Scout.


La Foresteria è una struttura sobria e armoniosa e la costruzione appare adatta a documentare l’esercizio dell’ospitalità, in particolare per gli ospiti poveri e per i pellegrini, curata dai Monaci come prescritto dal capitolo 53 della Regola di San Benedetto. È un edificio imponente, architettonicamente parlando, il più bello e armonioso di tutta la struttura Abbaziale. Il piano terra, costruito dai Monaci Agostiniani verso il 1200, con circa mille metri quadrati di superficie era lo spazio adibito ai servizi di accoglienza e ospitalità. Con l’avvento dei Monaci Camaldolesi la Foresteria fu elevata di un piano, poggiando, sui muri centrali del piano terra, possenti colonne in muratura che sostengono la struttura del tetto, completamente ristrutturato.

 

 

La Residenza Abbaziale. Procedendo verso la Chiesa, a destra della facciata, si trova il palazzo canonicale. Riassume fra le sue mura le vicende dell’Abbazia, anche perché la sua struttura risulta stravolta dagli eventi succedutesi nel tempo. Attualmente è sede della canonica Parrocchiale. La villa, costruita dai Monaci Agostiniani come residenza del Padre Superiore, con i Camaldolesi diventa poi sede dell’Abbazia. Nel 1690 l’Abbazia viene trasformata in una imponente azienda agricola e la villa assume il ruolo di residenza della nobile famiglia dei Conti Carminati. Oggi, dopo gli interventi per il restauro del tetto e del piano terra, è diventata canonica parrocchiale. All’esterno, sulla facciata, oltre allo stemma dei Camaldolesi, appare anche quello dei Conti Carminati, un’aquila a due teste sopra un carro agricolo colmo di spighe, indice della trasformazione del monastero in azienda agricola. 


  


La Facciata della Chiesa nella sua maestosa armonia, si impone allo sguardo quando si esce dal palazzo canonicale. Le statue, situate in alto sopra il timpano, raffigurano Dio Padre, Maria e l’arcangelo Gabriele nel momento dell’Annunciazione. Chiunque, varcato il portico d’entrata, può intuire a chi era dedicato il sito religioso. La facciata attuale è la terza, risulta da un restauro ad opera dei Monaci Camaldolesi dell’anno 1686 “meliori culto exornata”, come si vede dalla lapide sopra l’ingresso. Presenta una ricca trabeazione che si articola in due ordini. In quello superiore si possono ammirare rigonfiamenti e scanalature intercalate da nicchie, che ospitano le statue di San Pietro e San Paolo. Sui lati esterni le statue di San Benedetto, fondatore dell’Ordine dei Benedettini, e San Romualdo fondatore dell’Ordine dei Camaldolesi. 

 
L’interno della Chiesa, fin dall’origine, ha funzione monastica, ma rimane collocata esternamente ai chiostri, tanto da essere facilmente raggiungibile sia dai Monaci che dai pellegrini. L’attuale Chiesa è opera dei Camaldolesi, sui resti della chiesa Portuense e di quella a tre navate, entrambe incendiate. Nel 1686 viene consacrata dal Vescovo di Padova San Gregorio Barbarigo, è costruita su pianta rettangolare con angoli smussati che rendono l’unica navata di forma ellissoidale. Il soffitto si alza a vela e tre ordini di finestre consentono una gradevole luminosità. Entrando, le tre cappelle di destra raffigurano l’altare di Sant’Isidoro, l’altare con la recente immagine della Madonna e l’altare con la pala della Crocifissione, attribuita alla scuola di Guido Reni. Sul lato sinistro, si trovano gli altari di Santa Lucia con Sant’Antonio da Padova, l’altare di San Bellino Vescovo di Padova e l’altare di San Romualdo, fondatore dell’Ordine dei Camaldolesi. Percorsa la navata si accede ad una delle parti rimaste dopo gli incendi delle chiese precedenti, Portuense e Camaldolese, ora adibita a Presbiterio. Nelle pareti laterali appaiono due lunette dipinte, sulla destra il trasporto della salma di San Teobaldo all’Abbazia della Vangadizza, sulla sinistra la rappresentazione di un ferito soccorso dal buon Samaritano che potrebbe essere San Romualdo. Al di là del Presbiterio rimane il Coro della seconda chiesa. È privo dei pregevoli stalli che, venduti nel periodo dei Conti Carminati, si trovano, ora, nel Duomo di Chioggia e nel Palazzo Ducale di Venezia. Sopra la trabeazione del Coro è posto un quadro raffigurante l’Annunciazione, opera di notevole valore di Luca da Reggio della scuola di Guido Reni.

Il Battistero È l’unica torre d’angolo rimasta del Chiostro Romanico, tutte le immagini rappresentate sulle pareti sono pagine della Bibbia. Ora il locale è adibito a fonte battesimale con una bella vasca ottagonale al centro. Il Battistero, con il Presbiterio, il Coro e una parte del campanile, appartengono ai resti salvati dall’incendio del 1242, al tempo degli Agostiniani e restaurati con la chiesa a tre navate. L’interno, con volta a crociera, conserva nelle quattro pareti degli affreschi che possono sembrare stilisticamente differenti ma in realtà fanno tutti parte del periodo Camaldolese. Di fronte all’entrata l’Annunciazione, sulla destra la Crocifissione, sulla sinistra lo splendore della Pentecoste, e sopra la porta d’ingresso si può ammirare la Resurrezione. Tutti gli affreschi sono collegati al centro della volta dove è rappresentato Dio Padre. 


 

Il Chiostrino Romanico appartiene alla fase costruttiva dei primi Padri Agostiniani. Rimane solamente un lato, ma sufficiente per farci capire come doveva essere l’insieme: uno dei più belli del Veneto e probabilmente anche unico nel suo genere per l’epoca e per lo stile. È costituito da 24 colonnine monolitiche in marmo rosso di Verona, variamente abbinate e composite, che sostengono altrettanti capitelli e archetti, tanto da formare una struttura graziosa e leggera alla vista, ma solida tanto da sostenere una parete in muratura massiccia e pesante. Il posto, almeno per i Monaci Agostiniani, rappresentava il Chiostro Silente, con al centro del rombo il lavabo, che univa il Refettorio alla Chiesa. Oggi, al posto del lavabo, una fontana in marmo rosso di Verona. 

 



Il Chiostro Rinascimentale,  adiacente a quel che resta del Chiostro Romanico, fu  costruito verso la metà del 1500 dai Camaldolesi, entrati nel Monastero per decisione del Papa Gregorio XII, con lo scopo di favorire il riordino morale e materiale del luogo. Il chiostro è modellato nello stile del Rinascimento: presenta ampi archi, sostenuti da colonne toscane, sovrastate da una bella trabeazione che divide il porticato dal piano superiore con le finestre delle celle dei Monaci. L’elegante loggia sopraelevata presenta svelte colonne con volute coniche, dalla quale è possibile ammirare l’armonia dell’intero chiostro. Il chiostro, originariamente, ospitava le aule di lezione, di studio, di riposo e di sorveglianza. Nel mezzo del chiostro un pozzo monumentale di marmo rosso conferisce signorilità ed esalta lo stemma dei Camaldolesi: due colombe che si abbeverano allo stesso calice, simbolo di Eremiti e Cenobiti che attingono forza da Cristo.


 
 
Il Museo della Civiltà Contadina che raccoglie gli oggetti e gli attrezzi agricoli dei nostri nonni


 
Il Giardino dei Profumi, che rripropone la conoscenza e l'interesse dei Monaci per le piante officinali.