domenica 30 marzo 2025 – Sensi e Sensazioni
L’abbazia nasce verso l’anno 1000 per opera dei monaci agostiniani (1000-1407). Di questo periodo rimangono: il pianterreno del Portichetto d’entrata, il Battistero, il Presbiterio della Chiesa, parti del Campanile e il Chiostro.
Raggiunse il suo massimo splendore nel secolo XV con i Camaldolesi (1407-1690). Ricca di valori storici e spirituali e splendida d’opere d’arte, venne soppressa nel 1690 per finanziare la flotta veneziana nello sforzo contro l’invasione dei Turchi. Del periodo Camaldolese si possono ammirare: il grande Chiostro del ‘500, il coro e la navata della Chiesa e la Foresteria.
L’abbazia e le migliaia di campi bonificati lungo i secoli da
i religiosi vennero acquistati da una famiglia di patrizi veneziani: i Carminati. Questi la trasformarono in fattoria, adattandola alle nuove esigenze. Di questo periodo rimane purtroppo solo la casa canonica. All’inizio del 1900 la grande proprietà terriera venne via via smembrata e ceduta ai contadini che già la coltivavano.
Nel 1951 l’Abbazia, oramai spogliata delle opere preziose, venne ceduta alla Chiesa di Carceri. Dopo la dispersione dei grandi tesori, oggi sta risorgendo dalla rovina dei secoli e dall’incuria delle persone, dimostrando ancora tutta la su vitalità per nuove destinazioni.
Il complesso edilizio testimonia ancora oggi complesse vicende succedute nella Bassa Padovana, nell’intreccio di poteri laici e di presenze di laboriosa e sapiente religiosità, come risulta dalle ricerche di eminenti studiosi e da antichi documenti.
Il Portico d’ingresso
appartiene
all’inizio del monachesimo e sorge come unica porta di accesso al monastero: è
separato dalle strutture dedicate alla vita dei monaci, ma direttamente
collegato alla Foresteria. Costruito dagli Agostiniani, è un edificio a pianta
rettangolare, sottoposto a continui rimaneggiamenti. È costituito da un arco a
fornice a sesto ribassato, che durante la notte veniva sbarrato da un pesante
portone. Sopra si apre una loggetta a quattro archi e nella parte più alta fa
bella vista una serie di merli a “coda di rondine“ , costruiti dai Conti
Carminati a scopo ornamentale. Di fianco all’ingresso, si eleva alta e leggera
la torre di guardia abbellita da un piccolo portico. Adiacente alla torre si
trovava l’abitazione del Padre Foresterario collegata, attraverso un porticato,
alla Foresteria, struttura adibita all’accoglienza e all’ospitalità di
pellegrini di passaggio o di ospiti permanenti. Dal 14 giugno 2015 la casa del
Padre Foresterario è stata completamente restaurata e resa la sede del Centro
di Spiritualità Scout.

La Foresteria è una struttura sobria e armoniosa e la costruzione
appare adatta a documentare l’esercizio dell’ospitalità, in particolare per gli
ospiti poveri e per i pellegrini, curata dai Monaci come prescritto dal capitolo
53 della Regola di San Benedetto. È un edificio imponente, architettonicamente
parlando, il più bello e armonioso di tutta la struttura Abbaziale. Il piano
terra, costruito dai Monaci Agostiniani verso il 1200, con circa mille metri
quadrati di superficie era lo spazio adibito ai servizi di accoglienza e
ospitalità. Con l’avvento dei Monaci Camaldolesi la Foresteria fu elevata di un
piano, poggiando, sui muri centrali del piano terra, possenti colonne in
muratura che sostengono la struttura del tetto, completamente ristrutturato.


La Residenza Abbaziale.
Procedendo verso la
Chiesa, a destra della facciata, si trova il palazzo canonicale. Riassume fra
le sue mura le vicende dell’Abbazia, anche perché la sua struttura risulta
stravolta dagli eventi succedutesi nel tempo. Attualmente è sede della canonica
Parrocchiale. La villa, costruita dai Monaci Agostiniani come residenza del
Padre Superiore, con i Camaldolesi diventa poi sede dell’Abbazia. Nel 1690
l’Abbazia viene trasformata in una imponente azienda agricola e la villa assume
il ruolo di residenza della nobile famiglia dei Conti Carminati. Oggi, dopo gli
interventi per il restauro del tetto e del piano terra, è diventata canonica parrocchiale.
All’esterno, sulla facciata, oltre allo stemma dei Camaldolesi, appare anche
quello dei Conti Carminati, un’aquila a due teste sopra un carro agricolo colmo
di spighe, indice della trasformazione del monastero in azienda agricola.

La
Facciata della Chiesa
nella sua
maestosa armonia, si impone allo sguardo quando si esce dal palazzo canonicale.
Le statue, situate in alto sopra il timpano, raffigurano Dio Padre, Maria e
l’arcangelo Gabriele nel momento dell’Annunciazione. Chiunque, varcato il
portico d’entrata, può intuire a chi era dedicato il sito religioso. La
facciata attuale è la terza, risulta da un restauro ad opera dei Monaci
Camaldolesi dell’anno 1686 “meliori culto exornata”, come si vede dalla lapide
sopra l’ingresso. Presenta una ricca trabeazione che si articola in due ordini.
In quello superiore si possono ammirare rigonfiamenti e scanalature intercalate
da nicchie, che ospitano le statue di San Pietro e San Paolo. Sui lati esterni
le statue di San Benedetto, fondatore dell’Ordine dei Benedettini, e San
Romualdo fondatore dell’Ordine dei Camaldolesi.
L’interno della Chiesa, fin dall’origine, ha funzione monastica, ma rimane
collocata esternamente ai chiostri, tanto da essere facilmente raggiungibile
sia dai Monaci che dai pellegrini. L’attuale Chiesa è opera dei Camaldolesi,
sui resti della chiesa Portuense e di quella a tre navate, entrambe incendiate.
Nel 1686 viene consacrata dal Vescovo di Padova San Gregorio Barbarigo, è costruita
su pianta rettangolare con angoli smussati che rendono l’unica navata di forma
ellissoidale. Il soffitto si alza a vela e tre ordini di finestre consentono
una gradevole luminosità. Entrando, le tre cappelle di destra raffigurano
l’altare di Sant’Isidoro, l’altare con la recente immagine della Madonna e
l’altare con la pala della Crocifissione, attribuita alla scuola di Guido Reni.
Sul lato sinistro, si trovano gli altari di Santa Lucia con Sant’Antonio da
Padova, l’altare di San Bellino Vescovo di Padova e l’altare di San Romualdo,
fondatore dell’Ordine dei Camaldolesi. Percorsa la navata si accede ad una
delle parti rimaste dopo gli incendi delle chiese precedenti, Portuense e
Camaldolese, ora adibita a Presbiterio. Nelle pareti laterali appaiono due
lunette dipinte, sulla destra il trasporto della salma di San Teobaldo
all’Abbazia della Vangadizza, sulla sinistra la rappresentazione di un ferito
soccorso dal buon Samaritano che potrebbe essere San Romualdo. Al di là del
Presbiterio rimane il Coro della seconda chiesa. È privo dei pregevoli stalli
che, venduti nel periodo dei Conti Carminati, si trovano, ora, nel Duomo di
Chioggia e nel Palazzo Ducale di Venezia. Sopra la trabeazione del Coro è posto
un quadro raffigurante l’Annunciazione, opera di notevole valore di Luca da
Reggio della scuola di Guido Reni.
Il Battistero È l’unica torre d’angolo rimasta
del Chiostro Romanico, tutte le immagini rappresentate sulle pareti sono pagine
della Bibbia. Ora il locale è adibito a fonte battesimale con una bella vasca
ottagonale al centro. Il Battistero, con il Presbiterio, il Coro e una parte
del campanile, appartengono ai resti salvati dall’incendio del 1242, al tempo
degli Agostiniani e restaurati con la chiesa a tre navate. L’interno, con volta
a crociera, conserva nelle quattro pareti degli affreschi che possono sembrare
stilisticamente differenti ma in realtà fanno tutti parte del periodo
Camaldolese. Di fronte all’entrata l’Annunciazione, sulla destra la Crocifissione,
sulla sinistra lo splendore della Pentecoste, e sopra la porta d’ingresso si
può ammirare la Resurrezione. Tutti gli affreschi sono collegati al centro
della volta dove è rappresentato Dio Padre.

Il Chiostrino Romanico appartiene alla fase costruttiva
dei primi Padri Agostiniani. Rimane solamente un lato, ma sufficiente per farci
capire come doveva essere l’insieme: uno dei più belli del Veneto e
probabilmente anche unico nel suo genere per l’epoca e per lo stile. È
costituito da 24 colonnine monolitiche in marmo rosso di Verona, variamente
abbinate e composite, che sostengono altrettanti capitelli e archetti, tanto da
formare una struttura graziosa e leggera alla vista, ma solida tanto da
sostenere una parete in muratura massiccia e pesante. Il posto, almeno per i
Monaci Agostiniani, rappresentava il Chiostro Silente, con al centro del rombo
il lavabo, che univa il Refettorio alla Chiesa. Oggi, al posto del lavabo, una
fontana in marmo rosso di Verona.



Il Chiostro
Rinascimentale, adiacente a quel che resta del
Chiostro Romanico, fu costruito verso la
metà del 1500 dai Camaldolesi, entrati nel Monastero per decisione del Papa
Gregorio XII, con lo scopo di favorire il riordino morale e materiale del
luogo. Il chiostro è modellato nello stile del Rinascimento: presenta ampi
archi, sostenuti da colonne toscane, sovrastate da una bella trabeazione che
divide il porticato dal piano superiore con le finestre delle celle dei Monaci.
L’elegante loggia sopraelevata presenta svelte colonne con volute coniche,
dalla quale è possibile ammirare l’armonia dell’intero chiostro. Il chiostro,
originariamente, ospitava le aule di lezione, di studio, di riposo e di
sorveglianza. Nel mezzo del chiostro un pozzo monumentale di marmo rosso
conferisce signorilità ed esalta lo stemma dei Camaldolesi: due colombe che si
abbeverano allo stesso calice, simbolo di Eremiti e Cenobiti che attingono
forza da Cristo.




Il Museo della Civiltà Contadina che raccoglie gli oggetti e gli attrezzi agricoli dei nostri nonni
Il Giardino dei Profumi, che rripropone la conoscenza e l'interesse dei Monaci per le piante officinali.