domenica 9 febbraio 2025

Campese e Pieve di San Martino

sabato 8 febbraio 2025 – Sensi e Sensazioni

Poco lontano dal paese troviamo la Pieve di San Martino, una piccola chiesa longobarda collocata su un più antico luogo di culto. Una scalinata in pietra porta all’attuale sagrato sostenuto e recintato da un muro in pietra e frammenti di laterizi.

Nel corso dei secoli subì numerosi rifacimenti, però mantenendo comunque intatta la sua forma del 1660.

Alcuni restauri del 1996 hanno permesso di ritrovare delle sepolture alto medioevali e dei frammenti di tegole di età romana. Sono inoltre emersi affreschi databili al XIV secolo. 

 

Al suo interno troviamo sopra l’altare, la pala di Girolamo da Ponte, con raffigurati San Martino, Santa Lucia e la Madonna in gloria. 



 





sabato 8 febbraio 2025

Teofilo Folengo e il suo sepolcro

sabato 8 febbraio 2025 – Sensi e Sensazioni 

Di famiglia nobile decaduta di Cipada, una frazione di Mantova, figlio di un notaio mantovano e ottavo di nove fratelli, Gerolamo Folengo nacque nel 1491. 

Insieme ad altri suoi fratelli venne avviato alla vita religiosa sin dal 1508, assumendo il nome di Teofilo. Per alcuni anni la sua vita da monaco sembra svolgersi in modo regolare; nel 1512 viene trasferito al grande monastero di San Benedetto Po, “capitale” della Congregazione Benedettina, dove prosegue la sua formazione monastica, avendo come compagni quelli che saranno i più importanti protagonisti del movimento per la riforma cattolica. 

In seguito, secondo quanto da lui raccontato nell’opera Chaos del Triperuno, abbandonò la vita monastica e vagabondò in varie città italiane, spesso in condizioni di grande povertà. Divenne però precettore dei figli di Camillo Orsini e si stabilì a Venezia per qualche tempo. 

Al termine di questo periodo "scapestrato", Folengo chiese e ottenne, nel 1530, di essere riammesso nell'ordine religioso. 

Trascorse parte degli ultimi anni in Sicilia occupandosi, per qualche tempo, di un monastero locale. Sul finire dello stesso anno si ritirò al monastero di Santa Croce di Campese dove morì il 9 dicembre 1544. La sua tomba è tuttora presente a Campese. 

Nel più grande atlante stampato nel Rinascimento, “il Teatro del Mondo”, s’incontra un’indicazione: “Campese, ove è sepolto Merlino”. L’editore fiammingo H. Ortelius, volle dare risalto in modo anomalo al piccolo villaggio che ospitava la sepoltura del monaco benedettino , noto anche con lo pseudonimo di “Merlin Cocai”. 

Il sepolcro ha carattere di eccezionalità. La Regola di San Benedetto parlava chiaro: nessun segno distintivo per i monaci. Invece a lui venne riservata la cappellina “dalla parte del Vangelo”. Un insolito privilegio per un monaco le cui opere erano state messe all’Indice dei Libri Proibiti. La veemenza e l’arditezza con cui vi erano esposte le istanze di adeguamento della Chiesa allo spirito evangelico, allora non erano considerate accettabili. 

La sua fama era dovuta principalmente alle divertenti opere macaroniche, che sotto le apparenze di un linguaggio rozzo e rusticano, costruito dal poeta innestando i dialetti padani al latino classico, trattano dei più importanti problemi - specialmente religiosi - del tempo. 

Una delle epigrafi folenghiane spiega che egli morì consunto più dalla fatica degli studi che dall’età. Stava lavorando due nuove opere, che aveva iniziato nel precedente soggiorno in Sicilia, da dove arrivò a Campese, nel 1543. 

Fervevano i lavori per la preparazione del Concilio di Trento. 



 





Campese e Monastero della Santa Croce

sabato 8 febbraio 2025 – Sensi e Sensazioni 

Campese è una contrada di Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza e sorge sulla riva destra del fiume Brenta, di fronte a Pove del Grappa e a Solagna e all'imboccatura del Canale di Brenta. 

Il paese ebbe storia autonoma perchè parte della federazione dei Sette Comuni, godendo di privilegi concessi agli abitanti dell'altopiano di Asiago. Tra questi, il permesso di coltivare il tabacco (il "nostrano del Brenta" sviluppato dai monaci tra il XVI e XVII secolo) che fu alla base dell'economia locale sino agli anni cinquanta del Novecento. 

È una zona naturale, dove i pendii sono ricoperti da grandi boschi o di alte pareti rocciose, il tutto immerso nella straordinaria storia dell’Altopiano dei Sette Comuni e del Monte Grappa. 

 
Fu sede di un'importante comunità benedettina, fondata nel 1124, dipendente dall'abbazia di Polirone a partire dal 1127 e soppressa nel 1810 in epoca napoleonica. 

Il Complesso della Santa Croce, monumento nazionale, ha festeggiato l’anno scorso i 900 anni dalla sua fondazione. Formato da un monastero e dalla chiesa con campanile, fu fondato da Ponzio di Melgueil, potentissimo abate di Cluny, uno dei principali centri di diffusione del monachesimo occidentale. Le vicende del monastero s’intrecciano con la storia personale del suo fondatore, prima scomunicato e poi riabilitato, e con le lotte per il potere tra papato e impero.

Il monastero rimase in attività, cioè con la presenza di monaci, fino alla fine del XVI secolo. La prima “disposizione” del complesso di Santa Croce era a forma quadrata. A seguire, numerose furono le variazioni subite, ma senza perdere lo spirito della sua anima: l'accoglienza. 

Il monastero, abitato da monaci cistercensi, rimase in attività fino alla fine del XVI secolo e successivamente fu soppresso in epoca napoleonica. 

Intorno alla rigida regola dell'Ordine ruotava tutta la vita di questo luogo, dedito all'accoglienza dei pellegrini e dei viandanti. 

Il sagrato della chiesa risale al 1900; il campanile è del 1907, la facciata assomma interventi risalenti alla fine del 1500, agli anni ‘40 del 1700 e alla fine del 1800. Chiesa si affianca l’ala ovest del chiostro con la cappella del Battistero e la facciata dell’attuale Canonica. 

All’interno, da notare un Crocifisso dipinto a fresco del 1517, la cappella col Battistero con il fonte battesimale del 1744, un altare di gusto barocco del Settecento e la stupenda Fonte Battesimale del secolo XII, proveniente dalla Pieve di San Martino, piccola chiesa a poche centinaia di metri. 

Dell'antico chiostro, resta solo la galleria orientale, nel rifacimento del 1400-1500. Al centro, il pozzo originario con una nuova vera del 1999.


 

 

 

 


 

 

sabato 1 febbraio 2025

San Benedetto Po’ e Abbazia di Polirone

domenica 2 febbraio 2025 - Sensi e Sensazioni 

L’antico San Benedetto in Polirone è legato al monastero benedettino fondato nel 1007 da Tedaldo di Canossa sull’isola che sorgeva tra il Po e il Lirone, un ramo del grande fiume oggi scomparso. 

Si entra in San Benedetto dall’ingresso del monastero, che conserva i cardini dell’antico portale, e la piazza maestosa, rimasta intatta nelle dimensioni che aveva nel medioevo e intitolata a Teofilo Folengo, inventore del latino maccheronico, apre le sue braccia al visitatore, col monastero e i tesori artistici della chiesa abbaziale che scontano l’ira e lo sbeffeggio dei contadini, obbligati a contribuire al sostentamento dei monaci. 

 Ma qui, grazie all’opera laboriosa di quei monaci che hanno bonificato e coltivato il territorio consentendo produzioni d’eccellenza, si è creata l’agricoltura più importante d’Italia 

Il nonno della contessa Matilde, fonda il monastero per creare dei possedimenti fortificati che avrebbero garantito sicurezza e fedeltà. 

Nel 1077, Matilde di Canossa dona l’abbazia a Gregorio VII: il papa la unisce al monastero di Cluny in Borgogna, dando a quest’ultimo il potere di nominare l’abate di Polirone; il cenobio mantovano aumenta l’attività di miniatura, costruisce chiese e chiostri, acquista terre, diventando una sorta di Cluny dell’Italia settentrionale. 

Nel 1420, grazie all’abate Guido Gonzaga il monastero entra nella congregazione benedettina di Santa Giustina di Padova rinnovandosi nell’edilizia, nell’economia, nella cultura e assumendo la struttura che conserva ancora oggi; i monaci intraprendono riforme agrarie e opere di bonifica, ma obbligano i coloni a consegnare loro un terzo del raccolto. 

Nel XVI secolo, l’abbazia diviene un attivo centro intellettuale, promuovendo non solo gli studi teologici, ma anche la cultura artistica: i monaci commissionano lavori al Correggio e a Giulio Romano, e ospitano personalità illustri quali Martin Lutero, Paolo III, Giorgio Vasari, Torquato Tasso e Palladio. 

Nel 1609, una rovinosa inondazione del Po provoca danni ingenti al monastero, cui si sommano, vent’anni dopo, quelli provocati dagli eserciti stranieri di passaggio. 

Nel XVIII secolo, il governo illuminato di Maria Teresa d’Austria porta a una modesta ripresa economica venendo incontro alle esigenze dei contadini, mentre l’ultimo abate Mauro Mauri promuove una serie di interventi importanti per evitare la soppressione del monastero, che si avrà comunque, nel 1797, con l’arrivo delle truppe napoleoniche; il patrimonio artistico si disperde, ad eccezione di quello della chiesa abbaziale e dei preziosi manoscritti confluiti nella biblioteca di Mantova. 

L'abbazia ebbe un ruolo fondamentale nella storia del monachesimo italiano ed europeo, tanto da essere definita "la Montecassino del nord". 

La basilica abbaziale ci accoglie con la sua imponenza e la meravigliosa architettura che disegnò il genio di Giulio Romano, tra il 1540 e il 1545, riedificando - senza demolirle - le vecchie strutture romaniche e gotiche, e adottando soluzioni originali per far convivere i diversi stili architettonici in un insieme raffinato e omogeneo. 

Le 32 statue di santi che arredano le navate e ornano gli ingressi delle cappelle laterali sono opera (1542-59) di Antonio Begarelli, artista modenese definito dal Vasari “il Michelangelo della terracotta”. Nell’ambiente tra il transetto e la sagrestia si trova la tomba di Matilde di Canossa, un sarcofago in alabastro sorretto da quattro leoncini di marmo rosso, ma il corpo di Matilde riposa dal 1633 nella basilica di San Pietro a Roma. 

Antecedente alla morte della contessa è l’Oratorio di Santa Maria (fine XI - metà XII secolo), che è stato poi adattato alla chiesa maggiore nel momento della sua riedificazione (1130), secondo lo schema dell’oratorio di Santa Maria di Cluny. 

Il Chiostro dei Secolari, dove venivano accolti i pellegrini, gli ospiti e i forestieri è caratterizzato da tre fasi costruttive: una anteriore al XV secolo, un’altra databile 1475 e infine quella del 1674, epoca di costruzione del scenografico Scalone secentesco realizzato da Giovan Battista Barberini. 

Un luogo molto suggestivo è il Chiostro di San Simeone in stile tardogotico, databile tra il 1458 e il 1480, dove si trovava il giardino dei semplici con le erbe medicinali per curare i malati. Sul chiostro si affaccia la sala del Capitolo, vero e proprio centro direttivo del cenobio. 

Il terzo Chiostro, dedicato a San Benedetto e adiacente a un fianco della basilica, fu ricostruito intorno al 1450 nell’ambito del rinnovamento architettonico di Polirone sostenuto da Guido Gonzaga. Il lato meridionale fu assorbito nella basilica da Giulio Romano per edificare le cappelle di sinistra. 

Sulla Piazza Matilde di Canossa si affaccia anche il refettorio monastico, costruito nel 1478. 

A due passi dalla chiesa abbaziale, si trova il Campanile romanico di San Floriano, appartenente all’antica chiesa parrocchiale, ora demolita. Fino alla soppressione del monastero, San Floriano era la chiesa per il popolo, mentre la basilica, collocata all’interno della cittadella monastica, era a uso esclusivo dei monaci. 

Usciti dal monastero, si sente subito la vicinanza del grande fiume, che scorre lento e possente, e ancora navigabile. In questa periferia del nulla, come qualcuno vorrebbe chiamarla, si ha la sorpresa di trovare un paesaggio che si perde nei silenzi della campagna, costellata di oratori, ville abbaziali, pievi matildiche, caseifici e corti agricole.